La ciclofosfamide potrebbe attenuare alcune forme di tossicità neurologica diverse dalla sindrome da neurotossicità associata alle cellule effettrici immunitarie
La ciclofosfamide potrebbe attenuare alcune forme di tossicità neurologica diverse dalla sindrome da neurotossicità associata alle cellule effettrici immunitarie (non ICANS, o NINT), in particolare eventi avversi emergenti dal trattamento di tipo motorio e neurocognitivo (NMT), che si verificano in pazienti trattati con la terapia a base di cellule CAR-T dirette contro l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA) ciltacabtagene autoleucel (cilta-cel), attualmente in uso per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario. È quanto emerge da un’analisi di dati relativi a 43 pazienti, pubblicati di recente su Blood.
«I nostri risultati mettono in evidenza l’importanza di distinguere le diverse presentazioni cliniche delle NINT per poter ottimizzare le strategie terapeutiche», ha detto una delle autrici del lavoro Viktoria Blumenberg, della Harvard Medical School di Boston. «Abbiamo osservato che la ciclofosfamide è in grado di produrre un rapido miglioramento dei sintomi degli MNT in alcuni pazienti».
«L’identificazione precoce dei pazienti con MNT, soprattutto in presenza di un picco più elevato della conta assoluta dei linfociti, potrebbe consentire un intervento tempestivo con ciclofosfamide, migliorando potenzialmente gli esiti clinici e riducendo il rischio di sequele neurologiche prolungate o permanenti. Al contrario, le NINT che si presentano con la sola paralisi dei nervi cranici sembrerebbero rispondere ai corticosteroidi, suggerendo una fisiopatologia di base distinta rispetto alle altre forme di NINT», ha dichiarato la Blumenberg.
Analisi dei dati
Nell’analisi, sono stati considerati pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario trattati con cilta-cel tra gennaio e settembre 2024. Di questi, 13 (13 su 42, il 30,9%) hanno sviluppato NINT, e, tra loro, 6 (di cui 4 di sesso maschile; età: 60-76 anni) sono stati trattati con ciclofosfamide.
I loro sintomi includevano disturbi del movimento (6), compromissione neurocognitiva (4), cambiamenti di personalità (3), paralisi dei nervi cranici (4) e neuropatia periferica (2). Un paziente aveva sviluppato una sindrome di Guillain-Barré seria che aveva richiesto temporaneamente la ventilazione meccanica.
Tra i pazienti con NINT, sei avevano mostrato solo una parziale risoluzione dei sintomi dopo trattamento con corticosteroidi mentre cinque avevano mostrato un picco della conta assoluta dei linfociti elevato, suggerendo un’elevata espansione delle cellule CAR -T.
Tra i primi sei pazienti, poiché i sintomi risultavano persistere anche dopo un trattamento con ulteriori agenti immunosoppressori, sono stati trattati con ciclofosfamide per una media di 19 giorni dall’insorgenza dei sintomi.
Nei cinque pazienti con picco linfocitario, dopo la somministrazione di ciclofosfamide è stata osservata una diminuzione della conta assoluta dei linfociti. Quattro pazienti avevano avuto miglioramenti neurologici entro un intervallo mediano di 3 giorni, e in due di questi è stata raggiunta la risoluzione completa del problema rispettivamente entro 68 e 144 giorni. Un paziente presentava ancora tossicità al momento del cut-off dei dati e un paziente non aveva risposto ed è morto a causa di disfunzione motoria e neuropatia progressive. Un altro paziente che inizialmente aveva manifestato miglioramenti neurologici è deceduto a causa di COVID-19.
Necessari profilassi e attento monitoraggio delle complicanze infettive
In quattro pazienti si sono manifestate infezioni di grado 3/4 nei 30 giorni dalla somministrazione di ciclofosfamide, il che, secondo gli autori, evidenzia la necessità di un attento monitoraggio delle complicanze infettive, oltre che della loro profilassi e del trattamento adeguati.
Nei quattro pazienti che avevano risposto, «le risposte della sintomatologia erano state rapide e durature dopo il trattamento con ciclofosfamide, senza diminuzione delle risposte antitumorali, anche fino a 21 mesi dopo la somministrazione di ciclofosfamide», hanno osservato gli autori.
Inoltre, i due pazienti che avevano ottenuto la risoluzione completa delle tossicità avevano «il picco di conta assoluta linfocitaria più alto dopo l’infusione di cellule CAR-T e il picco di conta assoluta dei linfociti e di cellule CAR-T più alto prima della somministrazione di ciclofosfamide».
Dei sette pazienti con NINT non trattati con ciclofosfamide (di cui quattro di sesso maschile, età: 63-70 anni), cinque avevano manifestato paralisi isolate dei nervi cranici, che si erano risolte con corticosteroidi, con o senza immunoglobuline per via endovenosa. Inoltre, i picchi della conta assoluta dei linfociti prima dell’insorgenza dei sintomi erano più bassi nei pazienti non trattati con ciclofosfamide rispetto a quelli trattati con ciclofosfamide (2,2 contro 6,335 k/μl).
Spunti di riflessione e limiti dello studio
Blumenberg, ha suggerito alcuni aspetti che i medici potrebbero tenere in considerazione. «I pazienti che sviluppano NINT dopo la terapia con cellule CAR-T anti-BCMA devono essere valutati tempestivamente per individuare una strategia di trattamento; le NINT che presentano solo paralisi dei nervi cranici probabilmente rispondono ai corticosteroidi; le NINT che presentano MNT hanno minore probabilità di rispondere ai soli corticosteroidi e alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’inizio precoce di una strategia per ridurre l’attività delle CAR-T, come la somministrazione di ciclofosfamide; infine, un picco elevato di conta assoluta dei linfociti all’inizio del periodo post-infusione può fungere da marcatore predittivo per lo sviluppo di MNT, indirizzando il clinico verso strategie di intervento più precoci».
Le limitazioni dello studio includono il disegno retrospettivo, le dimensioni ridotte del campione e i complessi regimi di trattamento dei pazienti, che includevano altre terapie immunosoppressive, e che potrebbero aver contribuito a migliorare i sintomi. Inoltre, le risposte cliniche complete alla ciclofosfamide incongruenti e il ritardo nel recupero completo dei sintomi sottolineano la necessità di studi prospettici con coorti più ampie, per stabilire come usare la ciclofosfamide nel trattamento degli eventi aversi emergenti dal trattamento.
«Sono necessari ulteriori studi per estendere questi risultati e stabilire linee guida basate sull’evidenza per la gestione delle NINT dopo una terapia con le CAR-T anti-BCMA», ha concluso. Blumenberg.
Bibliografia
V. Blumenberg, et al. Cyclophosphamide mitigates non-ICANS neurotoxicities after ciltacabtagene autoleucel treatment [published online ahead of print, 2025 March 31]. Blood;doi: 10.1182/blood.2024028172. leggi

