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Pemfigo: recidive ridotte con infusione aggiuntiva di rituximab

pemfigoide bolloso

Rischio recidiva ridotto in pazienti affetti da pemfigo da moderato a grave in remissione completa dopo aver ricevuto un’ulteriore infusione di rituximab

I pazienti affetti da pemfigo da moderato a grave in remissione completa che presentavano uno o più fattori predittivi di recidiva al mese 3, hanno mostrato un rischio ridotto di recidiva dopo aver ricevuto un’ulteriore infusione di rituximab al sesto mese, come rilevato da uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Dermatology.

Nello studio RITUX 3, i pazienti con pemfigo, una malattia bollosa autoimmune rara e potenzialmente letale, trattati con un regime combinato di rituximab e corticosteroidi orali a breve termine hanno ottenuto importanti risultati di efficacia, anche se quasi il 20% ha manifestato una recidiva nel corso del primo anno di trattamento.

«Per identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva precoce dopo il trattamento con rituximab, abbiamo condotto un’analisi post hoc dello studio RITUX 3» hanno scritto il primo autore Vivien Hébert del dipartimento di dermatologia del Centre Hospitalier Universitaire de Rouen, e colleghi. L’analisi ha individuato tre fattori predittivi di recidiva evidenti al terzo mese, ovvero un punteggio basale di almeno 45 nel Pemphigus Disease Area Index (PDAI), anticorpi anti-desmogleina 1 (in base ai risultati del test immunoenzimatico) superiori a 20 UI/ml e/o anticorpi anti-desmogleina 3 superiori a 130 UI/ml.

Le desmogleine sono un gruppo di glicoproteine di membrana che fanno parte dei desmosomi, strutture che assicurano l’adesione tra le cellule epiteliali, in particolare nella pelle e nelle mucose, coinvolti in malattie autoimmuni come il pemfigo, dove gli anticorpi contro le desmogleine possono danneggiare la coesione cellulare.

Ottimizzazione della gestione del pemfigo con rituximab
In questo studio di coorte multicentrico condotto in Francia dal 2018 al 2023, i ricercatori hanno valutato l’efficacia della somministrazione di un altro regime di rituximab ai pazienti in remissione completa che presentavano almeno un fattore predittivo di recidiva 6 mesi dopo il primo trattamento.

Sono stati coinvolti 87 pazienti (44 femmine e 43 maschi, età mediana 55,3 anni), 64 dei quali affetti da pemfigo volgare e 23 da pemfigo foliaceo. Un totale di 77 soggetti era in remissione completa 6 mesi dopo il primo regime di trattamento, mentre 10 presentavano ancora attività di malattia e sono stati trattati nuovamente con rituximab alla dose di 1.000 mg al mese 6.

Dei 77 pazienti in remissione, 30 presentavano almeno un fattore predittivo di recidiva e hanno ricevuto un’infusione di mantenimento di rituximab 500 mg (n = 14) o 1.000 mg (n = 16) al mese 6, mentre i restanti 47 non presentavano fattori predittivi di recidiva e non hanno ricevuto nessun trattamento di mantenimento fino al mese 12.

L’endpoint primario era il tasso di risposta completa senza terapia corticosteroidea per 2 mesi al mese 12. Gli endpoint secondari erano il tasso di recidiva, il numero di pazienti che necessitavano di un nuovo trattamento con rituximab per evitare una recidiva e la sicurezza.

Riduzione delle recidive con infusione di rituximab al sesto mese
Dai risultati è emerso che due dei pazienti senza un fattore predittivo e nessuno di quelli con fattori predittivi hanno avuto ricadute della malattia. Nel complesso il tasso di recidiva è stato del 2,6% e il numero necessario di soggetti da trattare per evitare una recidiva tra quelli con fattori predittivi è stato di 3,6.

Entro il 12° mese, 76 dei 77 pazienti hanno raggiunto la remissione completa, 72 dei quali non avevano ricevuto corticosteroidi per almeno 2 mesi, tre avevano interrotto la terapia entro 2 mesi e uno stava ancora assumendo un corticosteroide.

Anche se non sono stati segnalati decessi, si sono verificati otto eventi gravi correlati a rituximab in cinque partecipanti. Tra questi eventi figuravano infezione da SARS-CoV-2, ostruzione della vena centrale della retina, rash cutaneo papulo-pustoloso e scompenso psichiatrico. I restanti quattro eventi si sono verificati in un paziente prima di ricevere un’ulteriore infusione di rituximab e sono stati infezione intestinale da citomegalovirus, batteriemia da Campylobacter, polmonite da Pneumocystis carinii e aspergillosi.

«I risultati di questo studio di coorte convalidano l’uso di fattori predittivi di recidiva precoce, come il punteggio PDAI basale, gli anticorpi anti-DSG1 e/o gli anticorpi anti-DSG3, per iniziare un trattamento preventivo con rituximab aggiuntivo dopo un ciclo iniziale di rituximab nei pazienti con pemfigo» hanno concluso gli autori. «La somministrazione di un’infusione aggiuntiva di rituximab al mese 6, secondo questi fattori predittivi consentirebbe una significativa riduzione del tasso di recidiva a breve termine nei pazienti con pemfigo da moderato a grave».

Referenze

Hébert V et al. Optimizing Pemphigus Management With Rituximab and Short-Term Relapse Predictors. JAMA Dermatol. 2025 Feb 5:e246130. 

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