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Fazi pubblica “Il colore dell’acqua” di James McBride

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James McBride, una delle voci più interessanti del panorama letterario statunitense, ha impiegato quattordici anni per ricostruire la vita fuori dal comune e densa di difficoltà di sua madre

«Ai miei occhi la sua immagine in sella a quella bicicletta simboleggiava tutta la vita di mia madre: la sua stravaganza, il suo disinteresse per quello che gli altri pensavano di lei, la sua noncuranza di fronte a quanto io consideravo un pericolo imminente, cioè i bianchi e i neri che la odiavano perché era una bianca che viveva in un mondo di neri. Non se ne accorgeva»

Nata in Polonia in una famiglia di ebrei ortodossi, Rachel Deborah Shilsky cresce nell’America degli anni Venti divisa tra la severità di Tate e la dolcezza di Mame, fino a quando nel 1941 fugge ad Harlem, sposa un nero e viene ripudiata dai suoi familiari. Da allora Rachel Shilsky è morta. Doveva morire per far vivere Ruth McBride Jordan, l’altra, più autentica, versione di sé. James McBride, uno dei suoi dodici figli, è rimasto all’oscuro di tutto ciò fino all’età adulta, quando, per mettere a tacere l’assordante e insistente domanda sulla propria identità, ha deciso di scoprire chi fosse sua madre. Chi è dunque Ruth McBride Jordan? È una donna che ha sempre nascosto le sue origini e il dolore per un passato che è ancora una ferita aperta; è una madre ferocemente protettiva e determinata nel suo amore, che ha imposto regole e preteso una condotta irreprensibile per il bene dei suoi figli; è una bianca, moglie di due uomini neri, per la quale la questione del colore della pelle è sempre stata irrilevante, in un mondo dominato da una spietata divisione razziale.

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