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Consumo di cibi ultra-processati legato all’aumento del rischio psoriasi

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Il consumo di alimenti ultra-processati è stato collegato a un rischio più elevato di psoriasi, anche dopo aver tenuto conto di fattori genetici, BMI e stile di vita

Il consumo di alimenti ultra-processati è stato collegato a un rischio più elevato di psoriasi, anche dopo aver tenuto conto di fattori genetici, BMI e stile di vita, evidenziando il potenziale dei cambiamenti dietetici nella prevenzione delle malattie croniche della pelle. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Nutrients.

La psoriasi colpisce il 2-3% della popolazione mondiale, con un’incidenza variabile a seconda delle regioni geografiche che oscilla tra 30 e 321 casi ogni 100mila persone. Alcuni componenti della dieta possono indurre infiammazione sistemica, aumentando così il rischio di sviluppare la malattia. Ad esempio, il consumo di alimenti ultra-processati (UPF) è associato a condizioni allergiche infiammatorie, come dimostrato da livelli più elevati di immunoglobuline E (IgE) associate ad allergie, asma infantile e sintomi allergici nell’eczema.

Gli UPF vengono creati attraverso vari processi industriali per aumentare la gradevolezza dei prodotti alimentari, prolungandone al contempo la durata di conservazione. Tuttavia, i processi e gli ingredienti utilizzati per produrli ne riducono significativamente il profilo nutrizionale, dato che contengono spesso molti zuccheri, oli e altri additivi, come emulsionanti e aromi artificiali.

Il sistema NOVA classifica tutti gli alimenti e i prodotti alimentari in quattro gruppi in base al grado di lavorazione industriale utilizzato durante la loro produzione. Gli alimenti del gruppo NOVA 1 sono non lavorati o minimamente lavorati, mentre il gruppo 2 comprende tutti gli ingredienti che hanno subito una lavorazione industriale, come oli, grassi, zucchero e sale, che possono essere utilizzati per preparare, condire e/o cucinare gli alimenti del gruppo 1. Il gruppo NOVA 3 comprende i prodotti alimentari dei gruppi 1 e 2 che sono stati successivamente sottoposti a metodi di conservazione quali l’inscatolamento, l’imbottigliamento o la fermentazione analcolica. Gli UPF sono classificati come alimenti del gruppo NOVA 4.

Attualmente gli UPF contribuiscono a oltre il 50% dell’apporto energetico totale negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito, con una tendenza al rialzo a livello mondiale in continuo aumento grazie al fatto che le vendite di UPF in altre nazioni come l’Australia e i paesi dell’Europa occidentale hanno subito un’accelerazione.

Il consumo di UPF è stato molto studiato per il suo ruolo nell’aumento del rischio di malattie non trasmissibili come le patologie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e la malattia di Crohn, tuttavia non è ancora chiaro in che modo il loro consumo possa influire sullo sviluppo della psoriasi.

Il rischio di psoriasi aumenta con il consumo di UPF
I ricercatori hanno condotto un’analisi dei dati dell’UK Biobank, uno studio prospettico di coorte su larga scala basato sulla popolazione, valutando le differenze nell’incidenza della psoriasi in base al consumo di UPF sulla base del sistema di classificazione NOVA in oltre 120mila partecipanti di età compresa tra 40 e 69 anni, valutando anche il ruolo dell’infiammazione e dell’indice di massa corporea (BMI).

I soggetti che consumavano più UPF avevano maggiori probabilità di essere uomini bianchi più giovani, avere un BMI più elevato, svolgere abitualmente meno attività fisica e avere una storia di fumo di sigaretta attuale o precedente, oltre a mostrare un apporto energetico più elevato.

Il consumo di UPF è stato suddiviso in quattro quartili, dove il primo (il più basso) rappresenta il gruppo di riferimento. Dopo un periodo di follow-up mediano di 12 anni, il rischio di psoriasi è risultato più elevato del 7% nel secondo quartile di assunzione di UPF rispetto al gruppo di riferimento.

Il rischio ha continuato ad aumentare con il crescere del consumo di UPF, con un rischio più elevato del 19% e del 23% rispettivamente tra le persone nel terzo e nel quarto quartile. Per ogni aumento del 10% nel consumo di UPF, il rischio di psoriasi cresceva del 6%.

Tra i soggetti con un rischio genetico più elevato di psoriasi, un consumo maggiore di UPF ha portato a un rischio quasi tre volte maggiore di sviluppare la malattia cutanea rispetto ai soggetti con un basso rischio genetico e un basso consumo di UPF. Dopo aver corretto i dati in base ad età, sesso, BMI, fumo e alcol, attività fisica e deprivazione socioeconomica, non è stato osservato alcun cambiamento significativo in queste associazioni.

Il punteggio dell’infiammazione (INFLA) ha contribuito al 6,5% dell’associazione tra rischio di psoriasi e assunzione di UPF, mentre il BMI al 30,5%.

Queste osservazioni concordano con quanto emerso in studi precedenti, i quali hanno mostrato tassi più elevati di obesità, che a sua volta aumenta in modo indipendente il rischio di incidenza e gravità della psoriasi, associati al consumo di UPF. L’assunzione di alimenti ultra-processati provoca anche un’infiammazione intestinale e alimentare di basso grado, che viene aggravata dalla concomitante riduzione del consumo di alimenti freschi e/o non trasformati che hanno benefici antinfiammatori.

Quando gli UPF sono stati sostituiti con alimenti di categoria 1, il rischio stimato di psoriasi si è ridotto del 18%.

«Sulla base di questi risultati, il nostro studio raccomanda fortemente l’inclusione di parametri di sorveglianza UPF nei quadri nazionali di prevenzione delle malattie croniche e l’implementazione di una valutazione standardizzata dell’assunzione di UPF nelle linee guida di pratica dermatologica per la gestione della psoriasi» hanno concluso gli autori. «Queste misure basate sull’evidenza permetterebbero di progredire in modo significativo sia nelle strategie preventive a livello di popolazione sia nell’assistenza personalizzata ai pazienti».

Raccomandano inoltre che, per tradurre queste raccomandazioni in interventi clinici e di sanità pubblica attuabili, la ricerca futura miri prioritariamente a stabilire relazioni causali tra l’esposizione ai fattori UPF e l’incidenza della psoriasi attraverso studi longitudinali, chiarire i meccanismi fisiopatologici che collegano specifici componenti UPF alla patogenesi della malattia e sviluppare biomarcatori convalidati per monitorare le risposte metaboliche e infiammatorie correlate agli UPF.

Referenze

Peng X et al. Ultra-Processed Food Consumption and the Risk of Psoriasis: A Large Prospective Cohort Study. Nutrients. 2025; 17(9):1473.

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