Un importante passo avanti nella gestione della distrofia epidermolitica bollosa recessiva (RDEB) arriva dagli Stati Uniti: Fda ha approvato prademagene zamikeracel
Un importante passo avanti nella gestione della distrofia epidermolitica bollosa recessiva (RDEB) arriva dagli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration (Fda) ha approvato prademagene zamikeracel con il nome commerciale Zevaskyn.
Si tratta di una terapia genica autologa, sviluppata da Abeona Therapeutics, destinata a trattare sia pazienti adulti sia bambini affetti da questa rara e devastante malattia genetica della pelle, caratterizzata dalla formazione di vesciche e ferite croniche.
La distrofia epidermolitica bollosa recessiva è causata da mutazioni bialleliche del gene COL7A1, responsabile della produzione del collagene di tipo VII, una proteina essenziale per l’integrità e la coesione dell’epidermide con il derma. In assenza di questa componente strutturale, la pelle diventa estremamente fragile e soggetta a lesioni che spesso restano aperte per anni, coprendo in alcuni casi oltre il 30% della superficie corporea. La RDEB è una delle forme più gravi e rare di epidermolisi bollosa (EB).
Meccanismo d’azione e somministrazione di prademagene zamikeracel
Prademagene zamikeracel è una terapia genica autologa basata sull’impiego di cheratinociti geneticamente modificati prelevati dal paziente stesso. Le cellule vengono corrette per ripristinare la produzione di collagene di tipo VII funzionale e successivamente coltivate in laboratorio sotto forma di foglietti cutanei. Questi innesti vengono quindi applicati chirurgicamente sulle ferite croniche dei pazienti.
L’obiettivo terapeutico è duplice: da un lato favorire la guarigione stabile delle lesioni e, dall’altro, ridurre in modo significativo il dolore e le complicanze, tra cui il rischio di infezioni, che rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità in questa patologia.
Risultati degli studi clinici a supporto dell’approvazione
Il via libera dell’ente regolatorio statunitense si è basato sui risultati dello studio di fase III VIITAL condotto su 11 pazienti affetti da RDEB con 43 ferite croniche di grandi dimensioni. Il trattamento con una singola applicazione di prademagene zamikeracel ha determinato una guarigione pari ad almeno il 50% dell’area della ferita nel 81,4% dei casi a 6 mesi, rispetto al 16,3% ottenuto con le cure standard (P<0,0001).
Oltre all’efficacia sulla cicatrizzazione, è emersa una significativa riduzione del dolore associato alle lesioni, misurata mediante la scala Wong-Baker FACES. Alla sesta settimana, la diminuzione media del dolore è risultata pari a 3,07 punti su una scala da 0 a 10 per le ferite trattate con prademagene zamikeracel, rispetto a una riduzione di 0,90 punti nel gruppo di controllo (P=0,0002).
Questi risultati confermano i dati preliminari emersi dal precedente studio di fase I/IIa, in cui un singolo trattamento aveva prodotto benefici prolungati per diversi anni. In quella sperimentazione, condotta su sette pazienti con 38 ferite croniche, il follow-up mediano aveva superato i sei anni, evidenziando una duratura stabilità delle ferite trattate e una marcata attenuazione della sintomatologia dolorosa.
Sicurezza, tollerabilità e prospettive terapeutiche
Dal punto di vista della sicurezza, prademagene zamikeracel ha mostrato un profilo favorevole nei trial clinici. Gli eventi avversi più comuni, riportati in almeno il 5% dei casi, sono stati dolore procedurale e prurito. Non sono stati segnalati eventi avversi gravi correlati al trattamento.
Tuttavia, l’indicazione approvata dalla Fda include alcune avvertenze riguardanti il rischio di reazioni allergiche gravi, inclusa l’anafilassi, la possibilità di sviluppo di neoplasie cutanee — dato il potenziale oncogeno di qualsiasi approccio genico — e la trasmissione di infezioni, considerata l’origine umana e animale dei materiali impiegati.
Gli esperti sottolineano come prademagene zamikeracel rappresenti un’importante aggiunta al panorama terapeutico per la RDEB, affiancandosi al gel topico Vyjuvek, approvato nel 2023 per i pazienti dai 6 mesi di età affetti da forme recessive e dominanti della malattia. Rispetto a quest’ultimo, basato su un vettore virale derivato dall’herpes simplex virus di tipo 1, prademagene zamikeracel si distingue per l’approccio ex vivo e autologo, che consente di ridurre potenziali reazioni immunologiche e offre la possibilità di trattare ferite di grandi dimensioni in un’unica procedura.
Le prospettive future nella terapia delle epidermolisi bollose
Secondo gli specialisti del settore, la disponibilità di terapie geniche come prademagene zamikeracel segna una svolta nella gestione clinica di una patologia che, fino a pochi anni fa, disponeva esclusivamente di trattamenti palliativi. “La possibilità di innestare cute geneticamente corretta su ferite croniche di pazienti con distrofia epidermolitica bollosa recessiva offre prospettive di guarigione duratura, sollievo dal dolore e riduzione del rischio infettivo”, ha dichiarato Amy Paller, dermatologa pediatrica e ricercatrice clinica della Northwestern Medicine di Chicago.
Attualmente, Abeona Therapeutics ha annunciato che prademagene zamikeracel sarà disponibile negli Stati Uniti a partire dal terzo trimestre del 2025, mentre ulteriori studi a lungo termine continueranno a monitorarne sicurezza ed efficacia. La speranza è che approcci analoghi possano essere sviluppati e approvati anche per le altre varianti genetiche di epidermolisi bollosa, aprendo la strada a trattamenti personalizzati in ambito dermatologico e oltre.
Bibliografia
Tang JY, et al. Phase 3 VIITAL Study of Prademagene Zamikeracel for Recessive Dystrophic Epidermolysis Bullosa. Journal of the American Academy of Dermatology.
Paller AS, et al. “Long-term Outcomes of Autologous Gene-Corrected Skin Grafts in Recessive Dystrophic Epidermolysis Bullosa”. JAMA Dermatology.

