“Wild Italy 7” con il richiamo della foresta e “Rosso Casentino”, un viaggio tra Emilia e Toscana, in onda in prima serata su Rai 5
Le foreste italiane sono al centro della quarta puntata della serie “Wild Italy. L’antropocene”, in onda domenica 2 febbraio alle 21.15 su Rai 5. Negli ultimi cinquanta anni la superficie forestale dell’Italia è aumentata di un buon dieci per cento: in pratica, è come se una regione intera delle dimensioni della Valle d’Aosta fatta di boschi di querce e di faggi, di pini e di lecci, si fosse aggiunta a quelle già esistenti. Una “creazione arborea” pari, per dimensioni, a quella che accompagnò nel Medioevo il crollo dell’Impero Romano e delle sue urbanizzazioni. Annidate nelle parti più inaccessibili del nostro territorio, alcune foreste relitte delle epoche glaciali, conservano il fascino dei boschi primigeni, con piante e di animali messi in pericolo, però, dai cambiamenti climatici.
A seguire, conosciuto come Parco Nazionale del Casentino, si chiama per esteso “Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna” ed è un parco nazionale istituito nel 1993. Un luogo raccontato da Lucrezia Lo Bianco nel documentario “Rosso Casentino”, in onda domenica 2 febbraio alle 22.00 su Rai 5.
Il Parco copre un’area di circa 36.000 ettari, equamente divisa fra Emilia-Romagna e Toscana, con territori delle province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. Si estende lungo la dorsale appenninica tosco-romagnola, scendendo ripidamente lungo le vallate parallele del versante romagnolo e in maniera più graduale nel versante toscano, che si presenta con pendii più dolci, fino all’ampio fondovalle formato dall’Arno. Una posizione strategica, che lo ha reso un territorio complesso da raggiungere e insieme lo ha preservato, sia dal punto di vista naturalistico che da quello del paesaggio urbano, degli usi e dei costumi.
Il Parco eccelle, dal punto di vista naturalistico, come una delle aree forestali più pregiate d’Europa, il cui cuore è costituito dalle Foreste Demaniali Casentinesi, all’interno delle quali si trova la Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino, istituita nel 1959. Foreste imponenti, ricche di boschi misti ricoprono, infatti, tutto il territorio del Parco, al punto che lo si potrebbe attraversare in tutta la sua estensione senza mai uscire dal lussureggiante e rigoglioso manto verde che lo avvolge.
Foreste millenarie, testimoni del continuo evolversi della natura e impregnate di storia, dove il rapporto con l’uomo ha radici lontane nel tempo e ben documentate fin dal 1012, quando San Romualdo diede vita all’Ordine dei Monaci Camaldolesi, che per secoli saranno custodi e gestori di questo patrimonio. Foreste rigogliose e prodighe di sostentamento e ricovero per tante piccole e grandi comunità, dalle quali si è tratto il pregiato legname per le impalcature di opere monumentali come il Duomo di Firenze, o le travi lunghe e dritte per costruire le navi della flotta pisana.
È anche un territorio con centri abitati ricchi di storia e di testimonianze artistiche e architettoniche. All’interno del Parco, ci sono due poli di grande fascino e importanza spirituale: il Santuario della Verna e l’Eremo di Camaldoli. Tanti i cammini, sacri e storici, che passano tra i due eremi e che portano migliaia di camminatori l’anno. Diversi i punti di ristoro che li accolgono. Purtroppo, la storia del parco non è stata sempre memorabile, come testimoniano episodi terribili legati alla storia recente della Seconda Guerra Mondiale.
Il Parco comprende anche un’area nella quale l’uomo ha sempre vissuto e lavorato, ma a causa del massiccio esodo che si è verificato a partire dal secondo dopoguerra, il numero degli attuali abitanti del Parco è ridotto a circa 1.500 persone. Qualcuno ci abita da sempre, ma molti altri, negli ultimi dieci anni, hanno deciso di lasciare la città e che hanno scelto di vivere nel Parco.
Dal 2017, poi, le faggete vetuste del Parco Nazionale e la Riserva Integrale di Sasso Fratino sono entrate a far parte del patrimonio mondiale dell’Unesco.

