Tumore polmonare non a piccole cellule (Nsclc): nei pazienti di età superiore a 75 anni, nessun beneficio dall’aggiunta della chemioterapia all’immunoterapia
Il trattamento di prima linea del tumore polmonare non a piccole cellule (Nsclc) nei pazienti di età pari o superiore a 75 anni con positività dell’espressione di PD-L1 potrebbe basarsi sull’uso di un inibitore del checkpoint immunitario (Ici) da solo senza combinazione con la chemioterapia. La proposta è stata avanzata da Yoko Tsukita e colleghi, Department of Respiratory Medicine, Tohoku University Graduate School of Medicine, Sendai, Giappone, alla luce delle osservazioni di uno studio retrospettivo che ha coinvolto 58 centri ospedalieri nipponici, pubblicato su Jama Oncology .
I ricercatori giapponesi hanno riscontrato che l’aggiunta di un inibitore del checkpoint immunitario alla chemioterapia in pazienti anziani con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato precedentemente non trattato non ha fornito alcun vantaggio in termini di sopravvivenza rispetto alla sola terapia con Ici.
A un follow-up mediano di 19,2 mesi, la sopravvivenza globale (OS) mediana tra i pazienti di età pari o superiore a 75 anni è stata di 20 mesi per il gruppo trattato con chemio-immunoterapia e di 19,8 mesi per quello che ha ricevuto solo inibitori del checkpoint immunitario. Anche la sopravvivenza mediana libera da progressione (PFS) non è risultata differente tra i due gruppi (7,7 mesi in entrambi i bracci). Ma non solo: l’incidenza di eventi avversi immuno-correlati di grado 3 e superiore è stata maggiore nei pazienti trattati con una combinazione di chemio-immunoterapia.
Le caratteristiche della popolazione inclusa nell’analisi
«La combinazione di immunoterapia più chemioterapia è considerata oggi il trattamento standard per il cancro del polso non a piccole cellule, senza alterazioni geniche bersaglio, tuttavia sono pochi i dati nei pazienti di età pari o superiore a 75 anni anni», ricorda Tsukita.
Gi autori hanno quindi condotto un’analisi retrospettiva dei dati raccolti da 58 centri oncologici relativi a una coorte di 1245 pazienti con età mediana 78 anni (range 75-95 anni), nel 78% di sesso maschie, affetti da Nslc in stadio clinico IIIB , IIIC, IV, o recidivante post-chirurgia o radioterapia. Gli esiti principali erano la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione e la sicurezza.
Un’espressione del ligando-1 della morte programmata (PD-L1) inferiore all’1% (cioè negatività per PD-L1) era presente in 268 pazienti (22%); dall’1% al 49% in 387 casi (31%); 50% e superiore in 410 soggetti (33%) e un livello di espressione non noto in 180 campioni (14%).
I risultati dello studio
L’OS mediana è stata di: 20,0 mesi (IC al 95%: 17,1-23,6) per i 354 pazienti (28%) trattati con chemioterapia più immunoterapia; 19,8 mesi (IC al 95%:16,5-23,8) per i 425 pazienti (34%) trattati con solo inibitore del checkpoint immunitario; 12,8 mesi (IC al 95%: 10,7-15,6) per i 311 pazienti (25%) sottoposti a una doppietta di chemioterapia con un composto a base di platino e 9,5 mesi (IC al 95%: 7,4-13,4) per i 155 pazienti (12%) sottoposti a chemioterapia con agente singolo.
Dopo aver abbinato il secondo punteggio di propensione per confrontare i pazienti trattati con chemio-immunoterapia o solo immunoterapia (118 soggetti in ciascun gruppo), non sono stati riscontrate differenze in termini di OS e PFS tra i pazienti che hanno ricevuto chemioterapia più Ici rispetto al solo Ici.
Nel dettaglio, l’OS dei pazienti con un’espressione di PD-L1 pari o superiore all’1% non era significativamente differente tra i due gruppi (22,3 vs 19,2 mesi rispettivamente, HR 0,98; IC al 95 %: 0,67-1,42). I risultati erano comparabili per la PFS (8,6 vs 8,0 mesi, HR 0,92; IC al 95%: 0,67-1,25).
All’ analisi multivariata, l’aggiunta della chemioterapia all’immunoterapia non ha prolungato in modo significativo la PFS (HR 0,99; IC al 95%: 0,72-1,36) o l’OS (HR 1,07; IC 95 %: 0,73-1,56).
La significatività non è stata raggiunta nemmeno quando analizzata separatamente per i diversi livelli di espressione di PD-L1 (1%-49% o ≥50%).
Per quanto riguarda l’esito di sicurezza, eventi avversi immuno-correlati di grado 3 o superiore si sono verificati in 86 pazienti (24,3%) trattati con chemioterapia e immunoterapia e in 76 (17,9%) pazienti trattati con solo Ici (P = 0,03). Una polmonite è stata segnalata rispettivamente nel 23,4% e nel 15,6% dei pazienti nei due gruppi, con l’11,6% e il 6,8% con polmonite di grado 3 o superiore.
Commenti ai riscontri dell’analisi
«Sulla base di questi risultati, l’immunoterapia da sola potrebbe essere raccomandata per il trattamento di pazienti anziani con tumore polmonare non microcitoma PD-L1 positivo», hanno commentato gli autori sulle pagine di Jama Oncology. Tuttavia gli autori sottolineano come il loro studio abbia diverse limitazioni, in particolare dovute a differenze nelle caratteristiche di base che possono influenzare i risultati degli studi retrospettivi. «Per quanto il ricorso al matching secondo poppensity score permette di compensare a queste differenze, fattori come le comorbidità potrebbero avere influenzato i risultati di questo studio. Pertanto, stabilire quale regime dovrebbe essere selezionato attraverso un confronto accurato di ciascun gruppo rimane una sfida», scrive il gruppo di ricerca nipponico.
In un editoriale che accompagna lo studio, Elad Sharon, Dana-Farber Cancer Institute e Harvard Medical School di Boston, ha osservato come, nonostante la crescente complessità degli studi clinici sul cancro, i trial di maggior successo spesso rispondono a semplici domande di efficacia in popolazioni di pazienti con le caratteristiche più generalizzabili e una funzione d’organo adeguata. Sfortunatamente, di conseguenza, popolazioni specifiche di pazienti, come gli anziani, che possono essere fragili o avere altre condizioni di comorbilità, possono spesso essere trascurate. «Lo studio di Tsukita et al ha presentato i risultati di un’analisi dei dati raccolti da un’impressionante rete di centri oncologici giapponesi, che risponde a un’importante domanda clinica di rilevanza per i pazienti di età pari o superiore a 75 anni con carcinoma polmonare non a piccole cellule», ha riconosciuto Sharon. «Tuttavia, affinché le strategie terapeutiche possano essere modificate non bastano studi osservazionali basati sulla pratica clinica, ma sono necessari gli studi clinici randomizzati. Combinando le due metodiche di ricerca è possibile comprendere come ottimizzare le terapie nelle diverse popolazioni di pazienti.
Fonti
Tsukita Y, et al “Immunoterapia o chemioimmunoterapia negli anziani con carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato” JAMA Oncol 2024 Leggi
Sharon E “Fare avanzare la verità in oncologia integrando gli studi clinici con l’evidenza dalla pratica clinica” JAMA Oncol 2024 Leggi