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“Viaggi nelle terre del nord” e “Favignana, l’isola con le ali” stasera su Rai 5

islanda selvaggia

Islanda, terra di ghiaccio e fuoco, per “Viaggi nelle terre del nord” e a seguire un viaggio alle Egadi per “Favignana, l’isola con le ali” stasera su Rai 5

Situata nell’Oceano Atlantico settentrionale, tra la Groenlandia e la Norvegia, l’Islanda è un’isola vulcanica con una natura magnifica, unica al mondo. Perché gli uomini hanno deciso di colonizzare l’Islanda? A questa e ad altre domande risponde la seconda puntata della serie in prima visione “Viaggi nelle terre del Nord”, dal titolo “Islanda, terra di ghiaccio e fuoco”, in onda domenica 21 aprile alle 21.15 su Rai 5.

Quest’isola lontana e fredda, spazzata da venti incessanti e lavorata instancabilmente da forze naturali tempestose e spesso spaventose. La varietà e l’immensità dei suoi straordinari paesaggi, come scolpiti da una forza bruta originaria, sono il frutto di un intenso vulcanismo, quasi senza eguali a livello mondiale.

A seguire, icentro storico piccolo e caratteristico, le strade immerse nel nulla, i colori del mare e del cielo, il vento che fa muovere le nuvole veloci. Questo è Favignana. L’isola maggiore dell’arcipelago delle Egadi. Negli anni ‘70 venne definita, dal pittore Salvatore Fiume, la grande farfalla sul mare per la sua forma particolare: due grandi ali spiegate completamente pianeggianti divise dal colle di Santa Caterina che raggiunge i 300 metri di altezza, il punto più alto dell’isola. Favignana è un posto dove contano, ancora e più che mai, la forza del mare e del vento, vere lancette dell’orologio che scandiscono la vita di chi la abita. Lo racconta il doc in prima visione “Favignana, l’isola con le ali” di Vincenzo Saccone, in onda domenica 21 aprile alle 22.10 su Rai 5.

Maestrale, Tramontana, Scirocco, Ponente: sono loro i veri padroni incontrastati dell’isola, che decidono le sorti di chi naviga in queste acque siciliane del Mediterraneo. E già il suo nome è significativo: Favignana deriva infatti da Favonio, l’antico nome del vento di ponente che regna sovrano in questa zona e ne governa il clima. Appena si arriva qui si capiscono subito due cose: la prima è che la natura scandisce la vita delle persone; la seconda è che gli isolani parlano sempre di tonno e di tufo, o meglio calcarenite. Intrisa di storia millenaria, l’isola deve infatti il suo sviluppo economico e la sua secolare identità alla pesca del tonno e alle cave di calcarenite.

Sin da tempi remoti è stata la “regina delle tonnare”. L’arcipelago fu acquistato nel XVII secolo dai Pallavicini Rusconi di Genova e venduto nel 1874, per un po’ più due milioni di lire, alla potente famiglia dei Florio (sotto i quali l’attività legata alla pesca del tonno – appresa dagli arabi – si trasformò in una voce economicamente molto significativa). Vincenzo Florio decise così di prendere in gestione e rilanciare la tonnara, ma un ruolo ancor più importante lo rivestì suo figlio Ignazio che, a soli 36 anni, alla guida dell’impero Florio da più di un decennio, decise di acquistare la Tonnara dai Pallavicino di Genova. Da quel momento l’industria del tonno crebbe enormemente e l’isola fece un balzo in avanti, conoscendo uno sviluppo industriale paragonabile a quello di altre realtà italiane ed europee. E fu Ignazio Senior a inventare il tonno sott’olio, conservato in scatolette di alluminio e destinato ai mercati di tutto il mondo.
La mattanza a Favignana si svolgeva fino a pochi anni fa. Una forma di pesca del tonno tradizionale e sostenibile, rito millenario raccontato da Omero e praticato dai romani, arabi e spagnoli. Si veniva svegliati dal vociare dei ‘tonnaroti’ che, guidati dal Rais, ripetevano il rito antico della pesca del tonno eseguendo gli stessi gesti, pronunciando le stesse preghiere, cantando le stesse “cialome” da secoli e secoli. Un rito che porta in sé qualcosa di sacro.

Insieme alla pesca del tonno, l’antica e tradizionale pratica dell’estrazione di calcarenite (il tufo favignanese) ha rappresentato in passato una delle più importanti risorse economiche per la gente di Favignana. La pietra tagliata a blocchi veniva infatti esportata in tutta la Sicilia e in nord Africa. Le cave, nella parte orientale dell’isola, sono diventate delle opere d’arte contribuendo a rendere il paesaggio estremamente singolare e originale ed i “pirriaturi” (tagliapietra), artisti del tufo, sono veri maestri dell’intaglio. Un’arte difficile e dura, fatta di fatica e di sudore. Ma anche di orgoglio.

E oggi, quegli spazi lasciati vuoti dalla preziosa calcarenite, si sono trasformati in giardini. Uno fra tutti ‘Villa Margherita’, chiamati anche giardini dell’impossibile: una meraviglia paesaggistica costituita da un labirinto di giardini ipogei iscritta nel Libro delle Espressioni del R.E.I.L. delle Isole Egadi, come espressione del patrimonio culturale dell’umanità. I giardini sono il frutto di un sogno, della tenacia e della visionaria caparbietà della loro proprietaria, Maria Gabriella Campo, che, arrivata a Favignana come giovane sposa, quarant’anni fa, decise, contro il parere di tutti, di bonificare le grandi cave di famiglia e di trasformarle in giardini. In un luogo dove si credeva che nulla mai sarebbe cresciuto (per questo chiamati giardini dell’impossibile) è esplosa la natura in tutta la sua magia diventando, con i suoi 40 mila metri quadrati, uno straordinario orto botanico e un Eden sommerso (in gran parte sotto il livello della strada).

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