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Colchicina a basse dosi previene recidive di artrite indotta da cristalli

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Artrite indotta da cristalli in pazienti con nefropatia cronica, l’impiego di colchicina a dosi ridotte è possibile e previene le recidive

La colchicina, comunemente utilizzata nelle recidive di gottaè controindicata in presenza di nefropatia (CKD) grave (velocità di filtrazione glomerulare stimata <30 mL/min).
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista RMD Open, però, ha dimostrato la possibilità d’impiego di questo farmaco, con le dovute cautele e a dosi ridotte, anche in questi pazienti con complicanza renale per prevenire le recidive di artrite indotta da cristalli.

Razionale e obiettivi dello studio
La gestione della gotta può essere impegnativa nei pazienti con malattia renale cronica (CKD), ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. EULAR raccomanda nella gestione della gotta come opzioni di trattamento di prima linea il ricorso a colchicina, FANS e glucocorticoidi. L’impiego della colchicina, tuttavia, è controindicato in presenza di CKD grave (G4-5) a causa del suo stretto indice terapeutico e delle interazioni farmaco-farmaco.
Pertanto, i dati relativi all’uso della colchicina nella CKD sono scarsi e il suo uso è in gran parte empirico.

Sulla scorta dei risultati dello studio Acute Gout Flare Receiving Colchicine Evaluation, che hanno dimostrato la sicurezza d’impiego della colchicina a basso dosaggio, gli autori del nuovo studio si sono proposti l’obiettivo di valutare prospetticamente la prescrizione di colchicina e la sua efficacia e sicurezza nella gestione della riacutizzazione dell’artrite da cristalli (gotta o CPPD) in pazienti con CKD grave (tasso di filtrazione glomerulare stimato: eGFR <30 mL/min) o in dialisi presso un policlinico universitario francese.

Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno incluso in questo studio monocentrico pazienti ospedalizzati nel periodo settembre 2020 – settembre 2021 con artrite indotta da cristalli e CKD grave che erano stati sottoposti a trattamento con colchicina.
In questo modo, hanno valutato la sicurezza e l’efficacia della colchicina per la gestione delle riacutizzazioni della gotta o della deposizione di pirofosfato di calcio (CPPD) in pazienti con CKD grave. I pazienti con CKD allo stadio G4 (velocità di filtrazione glomerulare stimata [eGFR] 15-30 mL/min) o G5 (eGFR <15 mL/min), così come quelli in dialisi, sono stati classificati come affetti da malattia grave. Sono stati esclusi, invece, i pazienti con insufficienza renale acuta che non presentavano CKD grave.

Nell’analisi finale, sono stati presi in considerazione i dati relativi a 54 pazienti che erano stati sottoposti a 62 prescrizioni di colchicina (casi) – 58 prescrizioni per gotta, 1 prescrizione per CPPD e 3 prescrizioni per entrambe le condizioni sopra citate. La maggior parte dei pazienti erano di sesso maschile (66,7%), con un’età media di 75 anni.

Il dosaggio predominante di colchicina utilizzato era pari o inferiore a 0,5 mg/die nel 75,8% dei casi, senza dosaggi superiori a 1 mg/die. L’inizio del trattamento era avvenuto lo stesso giorno dei sintomi nel 61,4% dei casi o il giorno successivo nel 19,3% dei casi.

Il 22% dei pazienti era stato sottoposto a dialisi, mentre i ricoveri erano stati attribuiti principalmente a insufficienza cardiaca (31,5%), insufficienza renale acuta (22,2%), infezione (18,5%) o episodio articolare acuto (9,3%).
Dall’analisi dei dati è emersa, in generale, la buona tollerabilità della colchicina nella maggior parte dei pazienti dello studio (77%), senza segnalazioni di eventi avversi gravi. Gli sperimentatori hanno ritenuto la colchicina pienamente efficace nell’83% dei pazienti.

Quanto agli eventi avversi riferiti, questi erano rappresentati, nella maggior parte dei casi, da diarrea (13%), vomito (5%) e  aggravamento della leucopenia preesistente (2%).

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci dello studio. In primo luogo, è stato ricordato che si tratta di uno studio di real life senza alcun intervento predefinito, con conseguente eterogeneità dei dati relativi ai dosaggi di colchicina.

Anche se la coorte presa in considerazione è, fino ad ora, quella con la maggior numerosità di pazienti esistente, d’altro canto la sua dimensione campionaria limitata non consente di trarre conclusioni forti o di effettuare analisi di sottogruppo. In alcuni casi, quando il paziente è stato dimesso, il follow-up è avvenuto per via telefonica, in assenza di nuovi dati biologici o dei risultati degli esami clinici. Da ultimo, non si può non tener conto dell’estrema soggettività nella valutazione del dolore percepito dai pazienti.

Ciò detto, nel complesso, l’impiego della colchicina a dosaggio ridotto, nei pazienti con riacutizzazione dell’artrite da cristalli, è risultato efficace (83%) e ben tollerato (77%), in assenza di eventi avversi gravi.
Sarà interessante, a questo punto, disporre di dati a più lungo termine che esplorino l’efficacia e la sicurezza dell’impiego della colchicina come trattamento profilattico, come pure mettere a punto nuovi studi clinici in questa popolazione di pazienti per valutare l’impiego della colchicina come profilassi per le crisi di gotta a lungo termine ed evitare le recidive quando si iniziano le terapie ipouricemizzanti.

Bibliografia
Bausson J et al. Safety and efficacy of colchicine in crystal-induced arthritis flare in 54 patients with severe chronic kidney disease. RMD Open 2024;10:e003872. doi: 10.1136/rmdopen-2023-003872

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