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Con le Car-T migliorano i pazienti con malattie autoimmuni reumatologiche

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Una terapia CAR-T basata sull’impiego di cellule T chimeriche dirette contro il recettore dell’antigene CD19 è stata efficace in pazienti con malattie autoimmuni reumatologiche

Uno studio presentato al recente congresso dell’American Society of Hematology ha dimostrato la capacità di una terapia CAR-T basata sull’impiego di cellule T chimeriche dirette contro il recettore dell’antigene CD19 di indurre miglioramenti sostanziali in quindici pazienti affetti da gravi malattie autoimmuni reumatologiche (lupus, miosite infiammatoria idiopatica, sclerosi sistemica). Questi pazienti non hanno avuto più bisogno di essere ulteriormente sottoposti a terapia farmacologica per la loro malattia autoimmune (1).

Lo studio presentato è la continuazione di un’esperienza “pilota” condotta su 5 pazienti lupici che erano andati incontro a remissione di malattia grazie alla terapia sperimentale con CAR-T (2).

Cenni sulla terapia con cellule CAR-T
Le “CAR-T” (acronimo dall’inglese “Chimeric Antigen Receptor T cell therapies” ovvero “Terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico per antigene”) rappresentano una forma di immunoterapia cellulare, nella quale si sfruttano cellule del sistema immunitario ‘potenziate’ per riconoscere e distruggere le cellule tumorali.

Le CAR-T utilizzano i linfociti T, che vengono estratti da un campione di sangue del paziente. Questi linfociti sono modificati geneticamente e coltivati in laboratorio (“ingegnerizzazione”) per essere poi re-infusi nel paziente per attivare la risposta del sistema immunitario contro la malattia. Si distinguono, quindi, da altre terapie immunitarie note come “inibitori dei checkpoint immunologici” (come ad esempio gli anticorpi monoclonali), che mirano a rimuovere l’inibizione della risposta immunitaria, orientandola contro la malattia.

Le malattie autoimmuni si verificano quando il sistema immunitario di un individuo attacca erroneamente le proprie cellule (stimolazione delle cellule “self” in maniera anomala).
Sulla base di studi di laboratorio e di risultati clinici preliminari, sembra che le cellule CAR-T aventi come bersaglio l’antigene CD19 possano efficacemente cercare e distruggere le cellule B autoreattive che causano alcuni tipi di malattie autoimmuni e ripristinare il corretto funzionamento delle cellule immunitarie.

Di qui l’idea di ricorrere a questo approccio terapeutico innovativo per trattare, inizialmente,  pazienti affetti da malattia lupica e, nel nuovo studio presentato, anche pazienti con le altre due malattie autoimmunitarie sopra citate, sfruttando la capacità delle CAR-T di uccidere tutte le cellule in grado di produrre anticorpi.

Lo studio
Caratteristiche dei pazienti
i ricercatori hanno arruolato otto pazienti con LES, quattro con sclerosi sistemica (SSc) e tre con miosite infiammatoria idiopatica (IIM), affetti da una malattia grave o potenzialmente letale, che non rispondevano più ai trattamenti standard.

I pazienti sottoposti a trattamento con terapia CAR-T avevano una prognosi estremamente sfavorevole di malattia e molti erano talmente debilitati da non essere in grado di camminare per più di qualche metro.
La durata mediana della malattia autoimmunitaria prima dell’infusione di CAR T era pari a 3 anni [1-20]. Tutti i pazienti inclusi in questo studio avevano sperimentato il fallimento terapeutico di tutti i trattamenti pregressi (mediana numero farmaci: 5; IQR: 2-14). Ad eccezione di un massimo di 10 mg di prednisolone al giorno, tutti i farmaci immunomodulatori erano stati sospesi prima della leucoferesi.

Dopo infusione delle cellule CAR-T, i linfociti B sono stati eliminati dal sangue nel giro di una settimana e sono stati rimpiazzati nella maggior parte dei pazienti pochi mesi dopo.
Il follow-up mediano dopo infusione di cellule CAT-T è stato pari a 12 mesi [2-28].

Risultati principali
Nel corso del follow-up è stato osservato che tutti i pazienti stavano bene, mostravano una riduzione dell’attività di malattia e avevano smesso di assumere farmaci immunosoppressori.
Nello specifico:
– tutti gli 8 pazienti affetti da LES hanno raggiunto la remissione completa dopo 3 mesi e da allora mantengono un indice di attività di malattia lupica (SLEDAI) pari a 0.
– 3/3 pazienti con IIM hanno mostrato un miglioramento importante e la normalizzazione della creatin chinasi (CK) dopo 3 mesi, tuttora in corso
– Su 4 pazienti affetti da SSc, 3 pazienti con un follow-up di oltre 3 mesi hanno mostrato una riduzione dell’attività di malattia secondo l’EULAR AI di -4,3 [-4,3; -3,6].
Sul fronte della safety, infine, è emerso che la terapia con CAR-T è stata, nel complesso, ben tollerata

Dieci pazienti hanno manifestato una sindrome da rilascio di citochine di grado lieve, un effetto collaterale infiammatorio noto della terapia CAR-T; un paziente ha presentato, invece, una sindrome da rilascio di citochine di grado moderato mentre un altro paziente ha lamentato l’insorgenza di labirintite.

Non sono stati segnalati, invece, eventi avversi gravi legati al trattamento.

Implicazioni dello studio
Sulla base dei risultati, i ricercatori hanno concluso la loro presentazione del lavoro al congresso  affermando che la terapia con CAR-T sembra essere una promettente alternativa al trapianto autologo di cellule staminali, attualmente considerato l’opzione più curativa per le malattie autoimmuni potenzialmente letali quando gli altri trattamenti non funzionano, ma che comporta un rischio significativo di gravi effetti collaterali.
Naturalmente, però, aggiungono, sono necessarie ulteriori conferme a questi dati preliminari. Di qui la necessità di condurre studi di follow-up a più lungo termine.

A tal proposito, i ricercatori hanno affermato che ci vorranno diversi anni, insieme al raggiungimento di casistiche più numerose di pazienti, per determinare se la terapia conferisce benefici a lungo termine nel contesto delle malattie autoimmuni croniche.

Hanno anche aggiunto che è ancora troppo presto per dire se la terapia funziona ugualmente bene per il LES, la SSc e la IIM, o se alcune malattie particolari presentano una risposta migliore al trattamento con le CAR-T. Sono in corso ulteriori studi clinici per testare la terapia con queste cellule, sia in queste che in altre patologie autoimmuni.

Le aziende in corsa per lo sviluppo di terapia CAR-T per le malattie autoimmuni reumatologiche
Negli Usa, quasi una dozzina di azienda farmaceutiche e biotecnologiche ha avviato sperimentazioni di terapie cellulari per il lupus. Almeno altre sei hanno ricevuto l’autorizzazione della Food and Drug Administration per l’avvio degli studi iniziali, mentre altre non hanno ancora reso noti i loro piani di sperimentazione.

Solo per citarne alcune: due aziende leader nel settore delle terapie cellulari, Novartis e Bristol Myers Squibb, hanno iniziato l’anno scorso gli studi di Fase 1 nel lupus, con nuove versioni dei prodotti che ha introdotto sul mercato nel settore oncologico, modificandoli per ridurre i tempi di produzione, aumentare la sicurezza e aumentare la potenza.

Lo scorso anno, invece, Novartis ha presentato i risultati preliminari di uno studio che ha testato la sua terapia, YTB323, nel LES.

Kyverna Therapeutics ha presentato i primi risultati di uno studio sulla nefrite lupica lo scorso anno e sta reclutando ulteriori pazienti, con l’obiettivo di produrre risultati più esaustivi nel 2025. L’azienda bioterapeutica avrebbe anche in programma di verificare l’efficacia della sua terapia CAR-T anche nella sclerosi sistemica, per rimanere nel campo reumatologico.

Bibliografia
1) Mueller F et al. CD19-Targeted CAR-T Cells in Refractory Systemic Autoimmune Diseases: A Monocentric Experience from the First Fifteen Patients. Abs. 220; ASH 2024, San Diego (Usa)
https://ash.confex.com/ash/2023/webprogram/Paper180547.html

2) Mackensen A et al. Anti-CD19 CAR T cell therapy for refractory systemic lupus erythematosus. Nature Medicine. Published online September 15, 2022. doi: 10.1038/s41591-022-02017-5.

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