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Livelli ridotti di vitamina D aumentano il rischio cardiovascolare

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Livelli ridotti di vitamina D possono fungere da biomarcatore del rischio di malattie cardiovascolari in giovani adulti sani, secondo uno studio di piccole dimensioni

I livelli circolanti di 25-idrossivitamina D (25[OH]D) nel sangue possono fungere da biomarcatore del rischio di malattie cardiovascolari (CVD) in giovani adulti sani, secondo uno studio di piccole dimensioni. Lo suggeriscono i risultati dello studio ACTIBATE, pubblicati all’inizio dell’anno sulla rivista Journal of Endocrinological Investigation.

Razionale e disegno dello studio
Come è noto, la presenza di uno stato carenziale di vitamina D correla con l’insorgenza di disturbi metabolici, si legge nell’abstract del lavoro, e si rileva, solitamente, in pazienti affetti da malattie cardiovascolari (CVD). Tuttavia, ancora oggi, la relazione tra i livelli di vitamina D e i fattori di rischio CVD nei giovani adulti è ancora oggetto di controversie.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di esaminare l’associazione esistente tra i livelli circolanti  25-idroxivitamina D (25(OH)D) e i fattori di rischio CVD nei giovani adulti.
A tal scopo, i  ricercatori hanno condotto un’analisi secondaria dei dati dello studio Activating Brown Adipose Tissue Through Exercise (ACTIBATE).

Lo studio ha utilizzato i dati, al basale, relativi a 177 individui adulti sani, aventi uno stile di vita sedentario e di età compresa tra i 18 e 25 anni (65% donne; tutti individui di etnia Caucasica), reclutati tra ottobre 2015 e dicembre 2016 a Granada, una regione nel sud della Spagna.

I partecipanti allo studio non erano fumatori, conducevano uno stile di vita sedentario e non presentavano una storia pregressa di CVD o di altre malattie croniche.

I fattori di rischio CVD comprendevano alcuni parametri antropometrici e di composizione corporea, la valutazione del metabolismo del glucosio, dei lipidi ed epatici e di alcuni biomarcatori pro- e anti-infiammatori.

Le concentrazioni sieriche di 25(OH)D sono state misurate con un immunodosaggio a chemiluminescenza competitiva e definite come:
– Carenziali in presenza di livelli di 25(OH)D < 20 ng/mL
– Insufficienti in presenza di livelli di 25(OH)D compresi tra  21 e 29 ng/mL
– Nella norma in presenza di livelli di 25(OH)D > 30 ng/mL

Risultati principali
Dall’analisi dei dati è emerso che I livelli di vitamina D correlavano inversamente con l’indice di massa corporea (BMI; coefficiente di regressione standardizzato [β]: -0,177; P = 0,018), l’indice di massa grassa (β: -0,195; P = 0,011) e la pressione arteriosa sistolica (β: -0,137; P = 0,038), dopo l’aggiustamento dei dati in base al sesso di appartenenza.

Anche i marcatori del metabolismo del glucosio (concentrazioni di glucosio e insulina nel siero, rapporto insulina/glucosio e indice di resistenza all’insulina secondo il modello omeostatico) sono risultati inversamente correlati ai livelli di vitamina D. Inoltre, un trend analogo è stato documentato per i marcatori epatici (γ-glutamil transferasi e fosfatasi alcalina) e per il marcatore antinfiammatorio interleuchina-4.

Da ultimo, il BMI, il rapporto vita/fianchi, l’indice di massa grassa, la pressione sanguigna e i livelli di glucosio, insulina, trigliceridi e di alcuni marcatori epatici sono risultati più elevati nei 44 partecipanti con carenza di vitamina D rispetto ai 41 partecipanti con livelli di vitamina D normali.

Nel complesso “…questi risultati suffragano la possibilità di utilizzare le concentrazioni di 25(OH)D  come un utile marcatore dello stato CVD, che può essere facilmente monitorato in individui giovani – scrivono gli autori nelle conclusioni del lavoro”.

Bibliografia
Amaro-Gahete F.J  et al. Low vitamin D levels are linked with increased cardiovascular disease risk in young adults: a sub-study and secondary analyses from the ACTIBATE randomized controlled trial. J Endocrinol Invest (2024). https://doi.org/10.1007/s40618-023-02272-4
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