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Polmonite acquisita in comunità: terapia antibiotica riduce rischio cardiovascolare

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Polmonite acquisita in comunità: il rischio di mortalità cardiovascolare ad un anno dall’ospedalizzazione si riduce con la terapia antibiotica come da linee guida

Se si prende in considerazione una popolazione di anziani sopravvissuti ad un’infezione causa di polmonite acquisita in comunità (CAP), il rischio di mortalità cardiovascolare ad un anno dall’ospedalizzazione si riduce con l’antibioticoterapia effettuata in linea con le linee guida esistenti. Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su CHEST, che suggerisce l’esistenza di benefici extra-polmonari derivanti dall’impiego dell’antibioticoterapia in questi pazienti.

Razionale e disegno dello studio
Descritte come “tra i più importanti progressi conseguiti nella cura dei pazienti con questa infezione negli ultimi 3 decenni”, le linee guida per la terapia della CAP raccomandano la combinazione di un beta-lattamico e un macrolide o la monoterapia con un fluorochinolone respiratorio per i casi non gravi, e la combinazione di un beta-lattamico ad ampio spettro con un macrolide o un fluorochinolone per i casi gravi che richiedono l’assistenza in terapia intensiva, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio.

In letteratura è già stato documentato che la scelta di un trattamento antibiotico empirico per la polmonite acquisita in comunità (CAP), in conformità con le linee guida di pratica clinica  esistenti, è associata ad un miglioramento degli outcome a breve termine legati all’infezione. Non è noto, invece, se questo approccio terapeutico si associ anche ad outcome a lungo termine.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di verificare se la concordanza con le linee guida del trattamento antibiotico iniziale somministrato ai pazienti anziani ricoverati con CAP si associ alla mortalità per tutte le cause e a quella CV ad un anno in pazienti successivamente dimessi per infezione causa di CAP.

Utilizzando i dati dell’Ottawa Hospital tra il 2004 e il 2015, i ricercatori hanno valutato 1.909 pazienti (età media 81,3 anni; 49,7% uomini) di età pari o superiore a 65 anni, sopravvissuti a un ricovero per CAP.
L’associazione tra assunzione degli antibiotici secondo le linee guida e la mortalità totale e CV è stata valutata mediante analisi di regressione aggiustate per le variabili seguenti: mortalità attesa ad 1 anno, gravità della CAP e storia di precedenti ricoveri per polmonite, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca o malattie cerebrovascolari.

La popolazione in studio era affetta da polimorbilità, come suggerito da un punteggio Charlson medio pari a 2,6 e una mortalità prevista ad 1 anno del 42%.

Risultati principali
La maggior parte dei pazienti (89,7%) inclusi nello studio era stata sottoposta a terapia antibiotica conforme alle linee guida. Dopo 1 anno dalla dimissione, il 68,7% dei pazienti (età media, 80,9 anni; 47,1% uomini) è rimasto in vita, mentre il 31,3% (età media, 82,3 anni; 55,4% uomini) è deceduto.

Considerando i due gruppi di pazienti, i ricercatori hanno osservato che quelli deceduti si connotavano per uno stato di salute peggiore, suggerito da un punteggio Charlson più alto (media: 3,6 vs. 2,2) – indicativo di diverse comorbilità -, un maggior numero di visite al Pronto Soccorso nell’anno precedente il ricovero (39,3% vs. 26,2%), un maggior numero di ricoveri in ambulanza (1 ricovero: 25,8% vs. 16,5%; 2 ricoveri: 16,6% vs. 7,6%), l’ impiego di ossigeno a domicilio (11,5% vs. 3,4%), il domicilio in residenza protetta o casa di cura (25,1% vs. 14,6%), un precedente ricovero per polmonite (15,4% vs. 8,9%) e una mortalità attesa ad un anno maggiore (43,2% vs. 40,2%).

Non solo: I ricercatori hanno notato differenze simili tra i pazienti sottoposto o meno a terapia antibiotica conforme alle linee guida. I pazienti con un precedente ricovero per polmonite hanno presentato una mortalità maggiore per tutte le cause (HR = 1,27; IC95%: 1,02-1,59).

Pur non raggiungendo la significatività statistica, i ricercatori hanno osservato una tendenza alla riduzione della mortalità per tutte le cause quando i pazienti utilizzavano una terapia antibiotica conforme allle linee guida (HR = 0,82; IC95%: 0,65-1,04).

Passando alla mortalità CV ad un anno dall’ospedalizzazione, questa si è ridotta  di quasi il 50% con la terapia antibiotica conforme alle linee guida (HR = 0,53; IC95%:  0,34-0,8).

Considerando la coorte di pazienti in toto, 145 pazienti sono morti a causa di un problema cardiovascolare; in particolare, i pazienti con il rischio maggiore di andare incontro a questo outcome fatale sono stati quelli con:
– storia di malattia cerebrovascolare (HR = 2,75; IC95%: 1,66-4,55)
–  infarto del miocardio (HR = 1,67; IC95%: 1,06-2,63)
–  insufficienza cardiaca (HR = 1,41; IC95%: 0,97-2,04)

Da ultimo, i ricercatori hanno notato che la classe di antibiotici (beta-lattamici, fluorochinolonici, macrolidi) non aveva influito sulla mortalità per tutte le cause o su quella CV osservate.

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno concluso che la scoperta che la terapia antibiotica conforme alle linee guida riduce il rischio di mortalità cardiovascolare ad un anno ha diverse implicazioni.

“Questo risultato – spiegano – fornisce un ulteriore supporto per l’osservanza delle raccomandazioni esistenti per il trattamento della CAP, contenute nelle attuali linee guida di pratica clinica”, hanno affermato i ricercatori. “Quanto da noi osservato suggerisce anche che gli interventi al momento dell’ospedalizzazione per CAP possono influenzare il rischio cardiovascolare a lungo termine dei sopravvissuti alla CAP. A questo punto sono necessari nuovi studi per chiarire i meccanismi alla base di questa associazione”.

Bibliografia
Corrales-Medina VF, et al. Guideline-Concordant Antibiotic Therapy for the Hospital Treatment of Community-Acquired Pneumonia and 1-Year All-Cause and Cardiovascular Mortality in Older Adult Patients Surviving to Discharge. CHEST. 2023;doi:10.1016/j.chest.2022.12.035.
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