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Linfoma a cellule mantellari: acalabrutinib e rituximab efficaci nei giovani pazienti

Incyte Biosciences Italy e Mylan Italia hanno annunciato il lancio di un programma di uso compassionevole in Italia per tafasitamab in associazione con lenalidomide

Nei pazienti giovani affetti da linfoma a cellule mantellari, non trattati in precedenza, benefici da un trattamento con l’inibitore di BTK acalabrutinib più rituximab

Nei pazienti giovani affetti da linfoma a cellule mantellari, non trattati in precedenza, un trattamento con l’inibitore di BTK acalabrutinib più rituximab, somministrato prima e dopo la chemioimmunoterapia e il trapianto, sembra essere sicuro ed efficace. È quanto emerge da uno studio di fase 2, lo studio WAMM, i cui risultati sono stati presentati in una sessione orale all’ultimo convegno della American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

I pazienti sono stati trattati con acalabrutinib più rituximab (AR) seguiti da un regime chemioimmunoterapico costituito da rituximab più desametasone, citarabina e oxaliplatino (R-DHAOx), un successivo trapianto autologo di cellule staminali e infine, una terapia di mantenimento con AR.

Schema ‘a sandwich’ per aumentare l‘efficacia e ridurre la tossicità

Nei pazienti in buone condizioni (fit) con linfoma a cellule mantellari un’induzione con il regime chemioimmunoterapico R-DHAOx prima di un trapianto autologo produce un tasso di risposte complete del 77% e un mantenimento con rituximab migliora la sopravvivenza, ha spiegato Eliza A. Hawkes dell’Olivia Newton John Cancer Research Institute, Austin Health, di Melbourne.

Acalabrutinib si è dimostrato efficace e ben tollerato in questo tipo di linfoma non-Hodgkin. Alcuni studi condotti in pazienti sia anziani (SHINE) sia giovani (TRIANGLE) hanno mostrato che l’aggiunta di inibitori di BTK alla terapia di prima linea ne migliora gli outcome. Tuttavia, è noto che la combinazione di inibitori di BTK e chemioterapia intensiva presenta una tossicità non trascurabile.

Con lo studio WANN gli sperimentatori hanno valutato uno schema sequenziale, che hanno definito “a sandwich”, per migliorare l’efficacia e ridurre a tossicità del trattamento.

Lo studio WANN

Lo studio WANN è un trial multicentrico condotto interamente in Australia, a braccio singolo, che ha coinvolto 44 pazienti con linfoma a cellule mantellari in stadio II-IV, non trattati in precedenza.

I partecipanti sono stati trattati inizialmente con due cicli di acalabrutinib 100 mg due volte al giorno e rituximab 375 mg/m(il giorno 1) ogni 4 settimane, seguiti da un trattamento con R-DHAOX per quattro cicli.

I pazienti che hanno raggiunto almeno una risposta parziale sono stati sottoposti al trapianto di cellule staminali e successivamente a una terapia di mantenimento con acalabrutinib alla dose di 100 mg per un anno e rituximab a 375 mg/m2 (il giorno 1) ogni 3 mesi per 2 anni.

Le caratteristiche dei pazienti

L’età mediana al basale dei partecipanti era di 59 anni (range: 55-64), il 77% dei pazienti era di sesso maschile, l’84% presentava una malattia in stadio IV e l’11% aveva alterazioni del gene TP53.

Tutti i partecipanti sono stati trattati con l’induzione con acalabrutinib e rituximab e 43 con la chemioimmunoterapia con il regime R-DHAOX. Di questi sono stati sottoposti a trapianto 36 pazienti, mentre tre non sono stati trapiantati. Di questi 39, 38 hanno iniziato il mantenimento. Complessivamente, 10 pazienti hanno poi interrotto il mantenimento a causa della progressione della malattia o di seconda neoplasia, di ritiro del consenso o per decisione dello sperimentatore.

Tasso di risposta obiettiva oltre il 90%

Il tasso di risposta obiettiva (ORR) dopo l’induzione con acalabrutinib e rituximab è risultato del 91%, con un tasso di risposta completa pari al 57%. Dopo la chemiommunoterapia con il regime R-DHAOX l’ORR è risultato del 95% e il tasso di risposta completa dell’88%. Infine, tra coloro che sono stati sottoposti al trapianto autologo l’ORR è risultato del 93% e tutte le risposte sono state risposte complete.

Il tasso di negatività della malattia minima residua (MRD) è risultato del 19% dopo l’induzione con acalabrutinib e rituximab e del 94% dopo il trattamento col regime R-DHAOx.

Con un follow-up mediano di 25 mesi, il tasso di sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 2 anni è risultato del 73,3% e il tasso di sopravvivenza globale (OS) a 2 anni del 79,3%.

Sicurezza

Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati neutropenia (47%), trombocitopenia (18%), neutropenia febbrile (25%), altre infezioni (16%) e diarrea (11%). In totale 14 pazienti hanno contratto il Covid-19 e tre di questi hanno avuto più di un episodio.

Bibliografia

E. A. Hawkes, et al. A window study of acalabrutinib & rituximab, followed by chemotherapy & autograft (ASCT) in fit patients with treatment naïve mantle cell lymphoma (MCL): First report of the investigator-initiated Australasian Leukaemia & Lymphoma Group NHL33 ‘Wamm’ Trial. Blood (2023) 142 (Supplement 1):735; doi:10.1182/blood-2023-178403. https://ashpublications.org/blood/article/142/Supplement%201/735/500085/A-Window-Study-of-Acalabrutinib-amp-Rituximab

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