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Al Teatro Lo Spazio c’è “Clitennestra, voi la mia coscienza io il vostro grido”

clitennestra

Al Teatro Lo Spazio fino al 10 marzo “Clitennestra, voi la mia coscienza io il vostro grido”. Da un’idea di Eleonora Lipuma e Federica Genovese

Debutta in prima assoluta al Teatro Lo Spazio, dal 7 al 10 marzoCLITENNESTRA, VOI LA MIA COSCIENZA IO IL VOSTRO GRIDO, spettacolo nato da un’idea di Eleonora Lipuma e Federica Genovese, con la regia di Alessia Tona.

E’ un viaggio che inizia dalla drammaturgia dei grandi classici e attraversa i testi contemporanei della Yourcenar, fino a trovare una collocazione sovrapponibile ai fatti di cronaca odierni. Sulla scena le vicende narrate si impregnano di attualità fino ai risvolti rappresentati nell’epilogo finale.

Clitennestra, una donna vittima della sua stessa prigione interiore, naviga nei meandri del proprio “io” e del proprio tormentato immaginario, rievocando fatti e contraddizioni che manifestano tutta l’esaltazione e la follia della sua stessa vita. E’ lei l’imputata dell’omicidio del marito Agamennone. La scena si apre con la deposizione dei fatti di Clitennestra, chiamata a testimoniare davanti alla Corte che ne deciderà l’assoluzione o la condanna. La testimonianza della donna è interrotta da improvvisi flashback provenienti dalle voci di quella sua privata e desolata coscienza che, con ritmo frenetico, continuano ad ossessionarla; voci che prenderanno vita sul palcoscenico attraverso la rappresentazione dei personaggi protagonisti di questa sua amara, folle tragedia, creando così un intreccio esasperato tra simbolismo e realtà, psiche e corpo. L’imputata proverà a ricomporre, attraverso il ricordo, i pezzi del puzzle della stessa sciagura che la vedrà protagonista.

NOTE DI REGIA

Due storie che viaggiano in parallelo e che rappresentano un atto drammaturgico importante per la compagnia.

Il Dramma antico di Clitennestra e quello moderno, che ripercorre le vicende di Novi Ligure.

La sovrapposizione di alcuni personaggi dà un chiaro segno della ciclicità degli eventi che rimarcano entrambe le vicende.

Clitennestra è la prima Erika della storia, la segue poi la figlia Elettra. I personaggi hanno un valore psicologico comune, che permette loro di rivivere la vicenda in una consequenzialità temporale. Il dramma dell’abbandono maschile, fisico e psicologico, è uno dei cardini che porta queste tre donne a compiere e far compiere atti di pura crudeltà. Il potere della sottomissione è un secondo tassello: Clitennestra induce Egisto ad uccidere, Elettra incita il fratello Oreste, Erika lo fa con Omar. Tutto per una giustizia personale, per una rivendicazione di libertà, per uccidere quel mostro che le ha rese schiave di proprie e altrui dinamiche. Nelle figure maschili di Egisto/Omar e Oreste, ritroviamo ancora il carattere della sottomissione alla donna ammaliatrice, decisa a perpetrare atti di vendetta. Altre figure si avvicendano sulla scena, simboleggiando ad una ad una duplice validità. Agamennone: la figura maschile che si allontana, la figura mancante. Ifigenia: la purezza e l’innocenza sacrificata; come il piccolo Gianluca.

Cassandra è l’elemento esterno. Viene presa in considerazione la sua duplice valenza: straniera additata come colpevole di un cambiamento, colei che conosce le sventure del luogo in cui viene condotta. Ella è il sapere, è la conoscenza, è colei che studia i fatti senza intervenire di propria mano, ma lasciando a noi osservatori, forse troppo distanti, un’opinione su cui basarci. Cassandra vede l’atto del massacro in sé, lo predice e si fa portavoce di un pensiero quasi scientifico. Il profeta è non più Apollo, ma la scienza che le permette di ricostruire un quadro psicologico di queste famiglie spezzate, ventre generatore del male. Pur dandone una sorta di definizione, lascerà il reale giudizio alle nuove erinni che verranno. Chi sono costoro se non noi stessi?

Accecati dalle troppe informazioni mediatiche propinateci, non diamo più spazio alla nostre coscienze alle nostre intuizioni e verità. Lo grida questa Clitennestra “voi la mia coscienza”, ed in questo atto in cui lasciamo la giustizia personale attuata da altri , davanti ai nostri occhi, non ci resta che prendere una decisione sul cosa sia il bene, e cosa invece male in tutto questo. Nessun nome può essere dato a questi atti, ma può e deve esistere un giudizio personale che, giorno dopo giorno, amaramente stiamo delegando. Pensieri esterni che annientano la coscienza personale lasciando che un grido diventi solo eco.

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