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In libreria “Così nacque il superuomo” di Giovanni Morandi

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Così nacque il superuomo: l’avventura della rivista “Convito” nel nuovo libro di Giovanni Morandi nelle librerie e online

Aristocratica ed elitaria, raffinata e chic nell’estetica quanto irruente e iconoclasta negli intenti: per una decina d’anni la rivista «Convito» fu il manifesto dei “custodi della bellezza”, un gruppo di intellettuali capeggiati da Adolfo De Bosis e Gabriele D’Annunzio decisi a combattere, attraverso l’arte, le volgarità della nuova società industriale. A questa memorabile avventura editoriale è dedicato il nuovo saggio del giornalista scrittore Giovanni Morandi intitolato Così nacque il superuomo (pp. 80, euro 10), pubblicato da Mauro Pagliai nella collana «Italianistica nel mondo».
“Alcuni artisti, scrittori e pittori, accomunati da uno stesso culto sincero e fervente per tutte le più nobili forme dell’Arte si propongono di pubblicare ogni mese in Roma una loro raccolta di prose, di poesie e di disegni. C’è ancora qualcuno che in mezzo a tanta miseria e a tanta abjezione italiana serba la fede nella virtù occulta della stirpe, nel potere indistruttibile della Bellezza, nella necessità delle gerarchie intellettuali e specialmente nell’efficacia della parola”.

È il gennaio 1895 e il Proemio – non sappiamo se scritto da De Bosis o dal Vate – marchia il primo numero con una chiara dichiarazione d’intenti: tutto ruota attorno a un ideale artistico che è attivismo ed eroismo, rifiuto dell’inerzia e dell’appiattimento, rarità che emerge e domina il comune e l’ordinario. Fondata sull’estetismo dannunziano in letteratura, su una sorta di preraffaellismo estetizzante in pittura, il «Convito» si avvalse di collaboratori del calibro di Enrico Nencioni, Edoardo Scarfoglio, Giovanni Pascoli.

“Il progetto”, racconta Morandi, “si concretizzò grazie all’impegno del suo fondatore e direttore De Bosis, che all’impresa dedicò passione, tenacia, pazienza e risorse economiche perché fu l’unico finanziatore del periodico, e solo grazie a lui prese corpo quella che Croce definì la manifestazione collettiva più solenne dell’estetismo”.

Il saggio ne ripercorre fortune e sfortune, soffermandosi sugli obiettivi e sulle motivazioni, sulle peculiarità grafiche così come sul pubblico di riferimento. Mostrandoci come il «Convito» non fu soltanto un periodico, ma una vera e propria esperienza culturale fondata su un’idea di arte intesa come vera e propria ideologia.

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