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Obesità: solo il 20% dei pazienti prosegue la terapia farmacologica

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Tra i pazienti con obesità che ricorrono alla terapia farmacologica, oltre la metà sospende il trattamento dopo i primi tre mesi e solo il 19% resta in terapia dopo un anno

Tra i pazienti con obesità che ricorrono alla terapia farmacologica per ridurre il peso corporeo, oltre la metà sospende il trattamento dopo i primi tre mesi e solo il 19% resta in terapia dopo un anno, riacquistando potenzialmente il peso perso. È quanto emerge da uno studio retrospettivo pubblicato sulla rivista Obesity.

«Ora disponiamo di farmaci anti-obesità efficaci approvati dalla Fda, tuttavia questo studio mostra che, in un contesto reale, la stragrande maggioranza dei pazienti ha interrotto l’assunzione entro il primo anno» ha affermato il primo autore Hamlet Gasoyan, ricercatore presso il Center for Value-Based Care Research della Cleveland Clinic.

Se da un lato i GLP-1 agonisti si sono dimostrati molto efficaci nel consentire una rilevante perdita di peso fornendo al contempo diversi altri benefici per la salute, è stato dimostrato che la loro interruzione può comportare potenzialmente un rapido recupero del peso perso, così come un’inversione degli altri effetti positivi come i miglioramenti cardiometabolici, hanno scritto i ricercatori.

Per valutare i tassi di persistenza della terapia con questi nuovi agenti, ovvero il tempo che intercorre tra l’inizio e l’interruzione del trattamento farmacologico, in confronto a quelli associati ad altri farmaci per la perdita di peso, gli autori hanno condotto uno studio di coorte retrospettivo identificando 1.911 pazienti con obesità che avevano ricevuto una prescrizione iniziale di farmaci anti-obesità tra il 2015 e il 2022 ai Cleveland Clinic centers in Ohio and Florida.

In questo intervallo temporale al 25% dei soggetti era stata prescritta semaglutide, al 34% naltrexone-bupropione, al 26% fentermina-topiramato, al 14% liraglutide e allo 0,9% orlistat. I pazienti avevano un indice di massa corporea (BMI) mediano al basale di 38 (con obesità definita come un BMI pari o superiore a 30).

Meno della metà dei pazienti ancora in trattamento dopo 3 mesi 
Nel corso di un follow-up mediano di 2,4 anni, il tasso di persistenza complessiva del trattamento è sceso dal 44% a 3 mesi al 33% a 6 mesi, per ridursi a solo il 19% a 12 mesi, con un’ampia variabilità tra un farmaco e l’altro. Rispetto a fentermina-topiramato, in un’ analisi multivariata semaglutide è stata associata a una probabilità più elevata di persistenza a 1 anno (odds ratio aggiustato, AOR, 4,26), mentre naltrexone-bupropione aveva la probabilità più bassa (AOR, 0,68). Con gli altri agenti le probabilità di persistenza non erano significativamente differenti. Semaglutide e liraglutide hanno mostrato i tassi di persistenza complessivamente più elevati anche a 3 mesi (rispettivamente 63% e 52%) e a 6 mesi (56% e 37%).

I soggetti che avevano ottenuto una maggiore perdita di peso a 6 mesi avevano una probabilità più elevata di continuare il trattamento con il farmaco dimagrante a 1 anno, dove un aumento dell’1% nella perdita di peso a 6 mesi era associato a un aumento del 6% delle probabilità di essere ancora in terapia a 1 anno (AOR 1,06).

Quanti assumevano ancora i farmaci dopo 1 anno hanno perso in media il 10% del peso a 12 mesi, rispetto a solo il 2% tra i pazienti che non erano persistenti (P<0,001).

Inversione dei benefici sospendendo la terapia
Come nella gestione di altre malattie croniche, la sospensione della terapia contro l’obesità è stata collegata al recupero di peso e alla riduzione dei benefici per la salute ottenuti. L’estensione dello studio STEP 1 con semaglutide ha dimostrato che, un anno dopo avere interrotto la terapia e l’intervento sullo stile di vita, i partecipanti hanno riacquistato in media due terzi del peso perso e si sono invertiti i miglioramenti cardiometabolici associati al calo ponderale.

«Alla luce di questi risultati, le attuali conoscenze scientifiche favoriscono l’uso di farmaci anti-obesità a lungo termine per il mantenimento della perdita di peso se sono ben tollerati e se hanno portato a una perdita di peso clinicamente significativa» ha commentato Gasoyan.

Come ha sottolineato Anne Peters, professoressa di medicina presso la Keck School of Medicine della University of Southern California (USC) di Los Angeles e direttrice dei Clinical Diabetes Programs dell’USC, la possibilità di riacquistare peso con la sospensione dei GLP-1 agonisti è motivo di grande preoccupazione, dato che non assumendoli si annulla il loro effetto di riduzione dell’appetito.

«Questi farmaci sono anche ormoni intestinali e alcuni pazienti potrebbero aver bisogno di assumerli anche per tutta la vita per mantenere i benefici, così come avviene per la necessità nel diabete di tipo 1 di assumere insulina» ha affermato.

«Se un paziente per qualche motivo desidera interrompere il trattamento, generalmente faccio titolare il farmaco e di solito si identifica una dose più bassa che gli permette di gestire il proprio peso» ha aggiunto. «Ho anche alcuni pazienti che assumono semaglutide solo una volta al mese e che riescono a mantenere la perdita di peso. Ma l’obiettivo principale nelle persone in sovrappeso o obese è stabilire un target di peso e fare tutto il possibile per mantenerlo».

Referenze

Gasoyan H et al. Early- and later-stage persistence with antiobesity medications: A retrospective cohort study. Obesity. 2023 Dec 6. 

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