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Geyser dalla crosta ghiacciata possibili in 17 esopianeti

Trappist-1 b

Illustration showing what the hot rocky exoplanet TRAPPIST-1 b could look like. TRAPPIST-1 b, the innermost of seven known planets in the TRAPPIST-1 system, orbits its star at a distance of 0.011 AU, completing one circuit in just 1.51 Earth-days. TRAPPIST-1 b is slightly larger than Earth, but has around the same density, which indicates that it must have a rocky composition. Webb’s measurement of mid-infrared light given off by TRAPPIST-1 b suggests that the planet does not have any substantial atmosphere. The star, TRAPPIST-1, is an ultracool red dwarf (M dwarf) with a temperature of only 2566 K and a mass just 0.09 times the mass of the Sun. This illustration is based on new data gathered by Webb’s Mid-Infrared Instrument (MIRI) as well as previous observations from other ground- and space-based telescopes. Webb has not captured any images of the planet. MIRI was developed as a partnership between Europe and the USA: the main partners are ESA, a consortium of nationally funded European institutes, the Jet Propulsion Laboratory (JPL) and the University of Arizona. The instrument was nationally funded by the European Consortium under the auspices of the European Space Agency.  [Image description: Illustration of a rocky planet and its red dwarf star on an empty black background. The planet is large, in the foreground on the lower right and the star is smaller, in the background at the upper left. The planet is various shades of grey, with some small craters. There is no apparent atmosphere. The left quarter of the planet (the side facing the star) is lit, while the rest is in shadow.]

Su 17 esopianeti, oceani di acqua liquida e un’attività geologica molto elevata, in grado di produrre veri e propri geyser capaci di emergere dalla crosta ghiacciata

Potrebbero esserci grandi quantità di acqua liquida nascosta sotto la superficie ghiacciata di diciassette pianeti extrasolari presi in esame da un gruppo di ricerca guidato dalla Nasa. Pianeti che potrebbero quindi essere – o essere stati – potenzialmente abitabili. Lo studio che riporta la scoperta, pubblicato lo scorso ottobre su The Astrophysical Journal, prende anche in esame i fenomeni criovulcanici di questi esopianeti, in grado di produrre veri e propri geyser capaci di emergere dalla crosta ghiacciata del pianeta.

Generalmente la ricerca di vita nell’universo si concentra sugli esopianeti che si trovano nella zona abitabile di una stella, a una distanza in cui le temperature permettono all’acqua liquida di persistere sulla superficie ghiacciata. Tuttavia, è possibile che anche un esopianeta distante dalla sua stella, e quindi più freddo, sia in grado di conservare acqua liquida grazie a meccanismi di riscaldamento interno.

«Le nostre analisi prevedono che questi diciassette mondi possano avere superfici coperte di ghiaccio ma con un riscaldamento interno sufficiente a conservare oceani liquidi più profondi, dovuto al decadimento di elementi radioattivi e alle forze mareali delle loro stelle ospiti», dice Lynnae Quick del Goddard Space Flight Center della Nasa, prima autrice dello studio. «Proprio grazie al loro riscaldamento interno, tutti i pianeti del nostro studio sembrano in grado di produrre eruzioni criovulcaniche sotto forma di pennacchi simili a geyser».

È analogo il caso di Europa ed Encelado, rispettivamente lune di Giove e Saturno che presentano oceani liquidi sotto la superficie proprio perché riscaldati dalle maree dovute all’attrazione gravitazionale del pianeta attorno al quale ruotano e delle altre lune vicine.

I diciassette esopianeti presi in considerazione dal gruppo di ricerca hanno all’incirca le dimensioni della Terra ma una densità inferiore, fatto che suggerisce la presenza di quantità sostanziali di ghiaccio e acqua piuttosto che di rocce. Sebbene l’esatta composizione dei pianeti rimanga sconosciuta, lo studio ha migliorato le stime della temperatura superficiale e fornito, sempre per ogni esopianeta, una misura del riscaldamento totale calcolato in base allo spessore stimato dello strato di ghiaccio superficiale, variabile dai circa 58 metri per Proxima Centauri b ai 38,6 chilometri per Moa 007 Blg 192Lb.

«Poiché i nostri modelli prevedono che si possano trovare oceani relativamente vicini alle superfici di Proxima Centauri b e Lhs 1140 b, e che il loro tasso di attività geyser potrebbe superare quello di Europa di centinaia o migliaia di volte, è molto probabile che i telescopi possano rilevare in modo diretto l’attività geologica di questi pianeti», sottolinea Quick riferendosi a misure da compiere durante i transiti.

Per gli esopianeti che invece, rispetto al nostro punto di osservazione, non passano davanti alla loro stella, l’attività dei geyser potrebbe comunque essere rilevata da telescopi in grado di misurare la luce riflessa dalle particelle ghiacciate eiettate dai geyser, in grado di far apparire questi pianti molto luminosi.

L’analisi spettroscopica del vapore d’acqua emesso dai pianeti potrebbe inoltre rivelare la presenza di altri elementi o composti, permettendo così di valutarne il potenziale di abitabilità.

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