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Polineuropatia demielinizzante: efgartigimod sottocutaneo efficace

L'osteoartrosi è una malattia cronica degenerativa progressiva che colpisce le articolazioni: arriva una nuova formulazione che simula il liquido sinoviale

Polineuropatia demielinizzante infiammatoria, ridotto il rischio di recidive con efgartigimod per infusione sottocutanea

Un’infusione sottocutanea di efgartigimod ha ridotto il rischio di recidiva nei pazienti con una rara ma grave neuropatia immuno-mediata, la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP),  secondo i risultati dello studio di fase 2 ADHERE, presentati all’incontro annuale dell’American Association of Neuromuscular & Electrodiagnostic Medicine (AANEM), che si è svolto a Phoenix (Arizona, USA).

In particolare, ha riferito Richard Lewis, del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles, i pazienti con diagnosi di CIDP, trattati con efgartigimod alfa e ialuronidasi-qvfc hanno visto una riduzione del 61% del rischio di recidiva rispetto al placebo, sulla base del tempo al primo  deterioramento =/> 1 punto aggiustato (HR 0,39, P=0,000039) dello score di disabilità INCAT (Inflammatory Neuropathy Cause and Treatment),

I pazienti trattati con l’agente in studio hanno anche sperimentato un tempo più lungo alla recidiva rispetto a quelli trattati con placebo, ha specificato Lewis. La rapida separazione delle curve di Kaplan-Meier è iniziata alla settimana 4 ed è stata mantenuta fino alla settimana 48.

Tutti i pazienti inclusi in ADHERE sono stati trattati in cliniche in cui hanno ricevuto un’infusione per 90 secondi di efgartigimod coformulato con ialuronidasi umana ricombinante PH20 (rHuPH20) che consente una rapida somministrazione sottocutanea di volumi maggiori, ha specificato Lewis.

Efgartigimod per via endovenosa è stato approvato dalla FDA nel 2021 (l’anno scorso da EMA e da pochi mesi da AIFA) come trattamento per la miastenia gravis generalizzata (gMG) e la formulazione sottocutanea è stata approvata nel 2023 per gMG.

Efgartigimod agisce legandosi al recettore neonatale Fc (FcRn) una che contribuisce a regolare i livelli di anticorpi nel sangue, bloccandone l’azione. In questo modo l’agente riduce il livello di autoanticorpi.

Lewis ha riferito inoltre che lo studio ADHERE «non prevedeva una componente domiciliare» ma riteneva che «in futuro potràesserci un modo con il quale i pazienti possano auto-somministrarsi PH20».

Migliorati i punteggi dele scale INCAT e I-RODS
Lo stadio ADHERE ha avuto due fasi: nella fase A sono stati arruolati 322 pazienti con CIDP che sono stati sottoposti a trattamento. I responder nella fase A sono stati inseriti nella fase B, dove l’endpoint primario era il rischio relativo di recidiva in base al tempo di recidiva sul punteggio di disabilità INCAT, che varia da 0 a 10 per le disabilità del braccio e della gamba.

I pazienti in entrambi gli stadi avevano circa 54 anni e oltre un terzo erano donne. Il tempo medio trascorso dalla diagnosi di CIDP è stato di circa 4 anni. I punteggi INCAT aggiustati per quelli in stadio A, stadio B e placebo erano rispettivamente 4,6, 3,1 e 3,3. I punteggi di forza di presa (Grip strenght scores) nella mano dominante erano rispettivamente 38,5 kPa, 54,9 kPa e 58 kPa. Più del 60% aveva CIDP instabile e attiva.

Nella fase A, i pazienti trattati con l’agente in studio hanno dimostrato un miglioramento medio clinicamente significativo di 7,7 punti sulla scala Inflammatory Rasch-built Overall Disability Scale (I-RODS) relativa alla disabilità degli arti superiori e inferiori, insieme a un miglioramento di 12,3 kPa della forza di presa. Questo beneficio clinicamente significativo è stato mantenuto nella fase B dai pazienti trattati con l’agente in studio, ma è stato perso in quelli trattati con placebo.

Nella fase B, i soggetti trattati con il farmaco in studio hanno avuto un tasso di recidiva inferiore rispetto al placebo alla settimana 24 (26% vs 54%) e alla settimana 48 (34% vs 60%).

L’evento avverso correlato al trattamento (TRAE) più frequente è stato rappresentato dalle reazioni al sito di iniezione (20% dei pazienti in stadio A; 10% dei pazienti in stadio B), ma tutti i casi sono stati da lievi a moderati e si sono risolti nel tempo. Lewis ha dichiarato che circa il 5% dei pazienti in entrambi i gruppi ha riportato un evento avverso grave, ma nessuno era TRAE.

Il parere di un esperto sul migliore impiego della nuova opzione
Non coinvolto nello studio, Arindra Jayasekara, del Riverside Community Hospital/University of California Riverside, ha detto che i risultati di ADHERE amplieranno il campo di trattamento per le persone con questa rara e grave malattia autoimmune del sistema nervoso periferico. «Attualmente questi pazienti hanno opzioni limitate come la somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa o la plasmaferesi. Ritengo che alla fine l’infusione sottocutanea sarà possibile che venga effettuata a livello domiciliare».

Jayasekara, peraltro, ha avvertito che «i pazienti devono essere istruiti sui rischi e sui benefici. Sarà utile per quelle persone che potrebbero non avere i mezzi per andare in un centro di infusione. Per queste persone, o per altre che hanno problemi con le infusioni endovenose, la somministrazione sottocutanea potrebbe essere una scelta migliore».

Fonte:
Lewis R, et al. Efficacy, safety and tolerability of subcutaneous efgartigimod PH20 in patients with chronic inflammatory demyelinating polyneuropathy: Results from the ADHERE trial. AANEM 2023, Phoenix (USA).

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