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Un medico su tre perde fino a 3 ore al giorno al telefono

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Un medico su 3 “perde” fino a 3 ore al giorno al telefono. Gli esperti: “più digitale, meno liste d’attesa, più visite in presenza”

Ore e ore al telefono per prenotare visite, fare ricette, certificati… Tempo prezioso “sacrificato” tra chiamate e messaggi whatsapp, che potrebbe essere meglio investito per visitare i pazienti in presenza. Il 30% circa dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta e degli specialisti spende fino a 3 ore della propria giornata al telefono per “incombenze burocratiche”. Quasi 20 ore a settimana, circa 80 in un mese per gestire situazioni che potrebbero essere delegate tranquillamente a una piattaforma digitale. Questi sono alcuni dei dati di un’indagine conoscitiva inedita realizzata da Datanalysis su 1.000 medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti e direttori generali. I risultati sono stati presentati oggi a Roma, nel corso del convegno “Dalla Prevenzione alle liste d’attesa. Come gli strumenti digitali possono creare nuovo valore nella sanità”, promosso e organizzato da MioDottore Connect, secondo appuntamento annuale del ciclo “I Leader della sanità”. La ricerca ha analizzato molti punti, tra cui un ‘ritorno al passato’: indica ad esempio che, tra le varie opzioni di assistenza, la quasi totalità dei medici, generalisti e specialisti, considera ancora le visite in presenza come le più affidabili. La telemedicina piace, anche se più agli specialisti, circa il 25% dei quali ritiene vada potenziata. I professionisti delle cure primarie, medici di famiglia e pediatri di libera scelta, ritengono invece centrale puntare sul rilancio della prevenzione (25%) e sulla semplificazione e riduzione del carico burocratico (23%). Sul fronte dell’assistenza sanitaria territoriale, l’intervento ritenuto prioritario da oltre il 30% dei medici intervistati è quello dell’incremento di professionisti, medici di famiglia e specialisti, mentre per il 25% è fondamentale aumentare le Case della Salute. All’evento introdotto da Americo Cicchetti, direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute, hanno preso parte, tra gli altri, Barbara Cittadini (presidente nazionale di AIOP, l’Associazione Italiana Ospedalità Privata), Nicola Calabrese (presidente della FIMMG, la Federazione Nazionale dei Medici di Medicina Generale), oltre al vicepresidente vicario della FIASO, Paolo Petralia; il presidente di Federfarma, Marco Cossolo e il vicesegretario generale di Cittadinanzattiva Francesca Moccia. La voce delle Regioni è stata portata dall’assessore alle politiche sociali della Regione Lazio, Massimiliano Maselli e dal direttore generale del Policlinico Tor Vergata e commissario all’ASL Roma1, Giuseppe Quintavalle.

“L’innovazione tecnologica ha due risvolti in tema di impatto sulla funzionalità e sulla sostenibilità del sistema – ha spiegato Americo Cicchetti -. L’innovazione di prodotto tende ad incrementare i costi dell’assistenza, evidentemente con enormi benefici per la salute dei cittadini che vi possono accedere. Ma è l’innovazione di processo quella che può garantire la continuazione della missione del Servizio Sanitario Nazionale, e quindi la garanzia della sua sostenibilità. Dai servizi sul territorio, al domicilio, alla telemedicina, che necessariamente dobbiamo mettere in campo. Le piattaforme di telemedicina e teleconsulto garantiscono un ulteriore importante obiettivo: quello di creare integrazione tra le competenze distribuite tra le professioni attraverso il lavoro in team. Per ottenere tutto questo c’è bisogno di una base tecnologica e di innovare le competenze dei professionisti. Così come è importante coinvolgere i cittadini, sempre più vicini al digitale ma consapevoli che la popolazione anziana può trovare qualche ostacolo. Ben venga dunque un dibattito sulla potenzialità dell’utilizzo di piattaforme digitali e su tutto ciò che fluidifica i rapporti tra i professionisti, il sistema sanitario e i cittadini”.

E questo emerge dall’indagine. Secondo i camici bianchi intervistati, il ricorso a una piattaforma sanitaria digitale che consente di prenotare visite e controlli potrebbe influire sulla sanità territoriale ed ospedaliera, in primis, riducendo le liste d’attesa (lo dice circa il 34% dei medici), e, in subordine, prevenendo la necessità di ricoveri (25%). Lo conferma Barbara Cittadini, presidente nazionale di AIOP. In un processo, oggi indispensabile e improcrastinabile di digitalizzazione e modernizzazione del settore sanitario ed ospedaliero, le piattaforme digitali per la prenotazione di visite e controlli, integrando il rapporto tra medico e paziente, rappresentano uno strumento molto efficace di management dell’assistenza: dalla prevenzione dei ricoveri ospedalieri fino alla gestione a distanza di assistenza e cure, le piattaforme digitali possono essere, anche, un valido alleato per il governo delle liste d’attesa, garantendo che la domanda di assistenza dei cittadini sia gestita secondo principi di equità di accesso”.

Tra gli elementi distintivi di queste piattaforme online per prenotare visite e controlli, i medici hanno citato la possibilità di ridurre telefonate e messaggi (il 30% dei medici di famiglia e il 35% degli specialisti) e il risparmio di tempo che può essere dedicato ad attività cliniche (il 26% dei medici generalisti ed il 35% degli specialisti). “Oggi peró il tema non è solo l’opportunità di avere supporto ad una migliore organizzazione del lavoro bensì uno strumento professionale che supporti il medico di medicina generale nel percorso di relazione fiduciaria medico paziente che è prioritario per la medicina generale – ha precisato Nicola Calabrese, presidente della FIMMG -. Da qui la necessità che questi sistemi siano personalizzati secondo le esigenze della medicina generale che ha la responsabilità, proprio per la relazione di fiducia col paziente e per il ruolo all’interno del sistema di sanità pubblica, di garantire sistemi che rispettino il ruolo professionale del medico nelle dinamiche della domanda di salute per i propri pazienti primariamente nel sistema sanitario nazionale e poi anche rispetto all’offerta privata”.

“Quando è stata impostata questa indagine abbiamo pensato subito che i risultati sarebbero stati utili a tutti – ha concluso Luca Puccioni, CEO di MioDottore –. A noi come alle Istituzioni e alle dirigenze degli ospedali. Si tratta di numeri che certificano un problema generale, quello della gestione del tempo da parte dei medici, sia di famiglia che specialisti. Perdere tempo nei lavori ‘non clinici’ non significa solo inefficienza, ma anche costi e maggior lavoro per i medici. Un problema che deve essere affrontato a 360 gradi, sia dal punto di vista del sistema sanitario, sia da parte di coloro che lo affiancano con servizi ad alto valore aggiunto. Come appare dall’indagine le soluzioni ci sono, le categorie dei medici ne sono consapevoli, pur in una situazione in cui la carenza di personale sanitario a tutti livelli, con un punto chiave nella medicina di famiglia, va assolutamente colmata in fretta”. 

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