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Gotta: meno recidive con inibitori di SGTL2

Gotta: incremento dei tassi di risposta alla terapia del 32% quando si aggiunge metotressato al trattamento con pegloticasi

I pazienti con gotta e diabete di tipo 2 trattati con inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGTL2i) presentano un numero ridotto di recidive di malattia

I pazienti con gotta e diabete di tipo 2 trattati con inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGTL2i) non solo presentano un numero ridotto di recidive di malattia gottosa ma si caratterizzano anche per una sopravvivenza maggiore rispetto ad altri pazienti sottoposti ad altri trattamenti. Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su Jama Network Open: Rheumatology, che suggeriscono che l’impiego degli SGTL2i potrebbe ridurre l’impatto delle recidive di malattia gottosa e ridurre il divario di mortalità tra i pazienti affetti da gotta e la popolazione generale.

Presupposti e obiettivi dello studio
Come è noto, gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i), noti anche come glifozine, rappresentano una classe di farmaci antidiabetici che forza l’escrezione di glucosio, trovano applicazione nel trattamento del diabete di tipo 2.

Alcuni studi presenti in letteratura, però, hanno anche dimostrato che questi farmaci alterano la fisiologia al di là della semplice riduzione del glucosio nel sangue, portando ad una minore incidenza di eventi cardiovascolari maggiori e ad una ridotta mortalità, anche in individui senza diabete manifesto.  Non solo: alcune osservazioni hanno anche postulato la capacità di questi farmaci di ridurre l’uricemia, suggerendo un possibile impiego anche nella gotta.

Focalizzando l’attenzione su alcuni studi retrospettivi, uno studio del 2021 ha mostrato una riduzione dell’incidenza di gotta di nuova insorgenza grazie al trattamento con inibitori SGLT2 in persone affette da diabete di tipo 2. Un altro studio pubblicato quest’anno, inoltre, ha aggiunto nuove evidenze a favore di un possibile impiego nella gotta.

Fino ad ora, però, nessuno studio aveva ancora esaminato la potenzialità di questi farmaci nel ridurre i tassi di riacutizzazione nei pazienti con gotta non controllata in modo soddisfacente e in termini di riduzione della mortalità.
Su questi presupposti è stato allestito questo nuovo studio, che ha cercato di dimostrare un effetto delle glifozine sui due aspetti sopra menzionati nella real life, analizzando i dati provenienti da un database degli ambulatori di medicina generali ubicati nel Regno Unito, che copre circa 19 milioni di persone.

Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno estrapolato dal database sopra menzionato le cartelle cliniche relative  ai pazienti affetti sia da gotta che da diabete di tipo 2 (le malattie sono spesso in comorbilità in quanto comportano molti degli stessi fattori di rischio, in particolare la dieta e l’eccesso di peso corporeo).

La consultazione del database ha portato ad identificare 5.931 pazienti le cui cartelle cliniche indicavano un nuovo trattamento con inibitori SGLT2 (n=1.548) o con agenti mirati a GLP-1 (n=324) o DPP-4 (n=4.059). Il follow-up mediano dall’inizio del trattamento variava da circa 2,5 a 3 anni a seconda dell’outcome analizzato. Gli outcome principali erano rappresentati dal primo evento di riacutizzazione della gotta, dal numero di tali riacutizzazioni e dalla mortalità per tutte le cause.

Circa l’80% di tutti i gruppi era costituito da uomini (anche se in misura leggermente superiore tra gli utilizzatori di inibitori SGLT2), l’età media era di 62 anni e la maggior parte di questi pazienti era in sovrappeso o obesa. La durata media della gotta era di circa 11 anni, mentre per il diabete era di circa 8 anni.  La maggior parte dei pazienti assumeva una serie di altri farmaci oltre agli antidiabetici, tra cui riduttori della pressione sanguigna, antidolorifici e inibitori dell’acidità di stomaco (non solo inibitori di pompa). Poco meno della metà assumeva agenti ipouricemizzanti. Dapagliflozin ed empagliflozin erano stati utilizzati da circa il 40% dei pazienti che assumevano inibitori SGLT2, mentre canagliflozin rappresentava il resto.  Non era riportata nello studio, invece, la distribuzione d’impiego degli inibitori della DPP-4 e dei farmaci GLP-1.

Passando ai risultati, su un totale di 5.931 pazienti è emerso che il rischio di incidenza di una prima recidiva di gotta era pari a 32,4 per 1.000 anni-persona con il trattamento con gliflozine rispetto a 41,2 per coloro i quali assumevano gli antidiabetici di confronto. Questo si è tradotto in un hazard ratio di 0,78 dopo aggiustamento dei dati in base all’ età, al genere e all’anno di inizio del trattamento (IC95%: 0,64-0,95).

Per quanto riguarda la mortalità, i tassi per 1.000 anni-persona sono stati rispettivamente pari a 18,8 e a 24,9, per un hazard ratio aggiustato di 0,67 (IC95%: 0,51-0,89) a favore degli inibitori di SGLT2.
La differenza nei tassi complessivi di riacutizzazione della gotta è stata simile agli altri risultati tra gli utilizzatori di gliflozine e gli altri farmaci anti-diabetici.

I ricercatori hanno anche osservato che l’eccesso di rischio con il trattamento senza gliflozine era più evidente durante i primi mesi di terapia.

Considerazioni conclusive e limiti dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso che l’esatto meccanismo alla base dell’apparente beneficio delle glifozine non è ancora del tutto chiaro.

Tra le tante ipotesi avanzate vi è quella che sostiene che l’azione di trasporto del glucosio nelle urine, propria delle glifozine, sarebbe in grado di indurre anche l’escrezione di urato. Altre ipotesi, invece, invocano l’esistenza di meccanismi aggiuntivi che non coinvolgono il trasporto sodio-glucosio.

Tra i limiti metodologici intrinseci dello studio, i ricercatori  hanno ricordato la sua dipendenza da da dati amministrativi e il disegno osservazione retrospettivo. Non si può escludere, pertanto, che fattori non misurati che influenzano gli outcome dei pazienti potrebbero essere risultati sbilanciati tra i gruppi.

E’ stato anche ricordato che l’inizio della terapia è stato identificato attraverso le prescrizioni, in assenza di dati sull’aderenza effettiva al trattamento.

Inoltre, i ricercatori hanno ammesso l’impossibilità di generalizzare i risultati ottenuti ai pazienti trattati al di fuori degli ambulatori generali del Servizio Sanitario Nazionale inclusi nel database consultato.
Infine last but not least, il limite più importante dello studio risiede, forse, nel fatto che non è stata esaminata la possibilità di osservare dei benefici sulla gotta e la mortalità dall’impiego dei farmaci SGLT2i nei pazienti non diabetici.

Bibliografia
Wei J et al. Gout Flares and Mortality After Sodium-Glucose Cotransporter-2 Inhibitor Treatment for Gout and Type 2 Diabetes. JAMA Netw Open. 2023;6(8):e2330885. doi:10.1001/jamanetworkopen.2023.30885
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