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Troppo stress per chi lavora in Lombardia e le dimissioni aumentano

stress lavoro giappone

Nel 2022 in Lombardia le dimissioni aumentano di oltre il 30%: lo stress pesa più del salario. I dati emergono dalla ricerca condotta dalla Cisl regionale

Continuano a crescere i lavoratori lombardi che decidono di lasciare volontariamente il proprio posto di lavoro. Secondo i dati elaborati dall’ufficio vertenze della Cisl Lombardia, infatti, dopo una frenata legata alla pandemia nel 2020, le dimissioni volontarie in Lombardia sono state oltre 420 mila nel 2021. Ma il dato è cresciuto considerevolmente nel 2022, superando quota 550 mila dimissioni (oltre il 30% in più sul 2021), pari al 12% della forza lavoro occupata nell’intera regione e a un quarto delle dimissioni totali in Italia (2,2 milioni nel 2022). I dati sono stati presentati a Milano, nel corso del convegno ‘Dentro l’epoca della Great resignation‘, organizzato dalla Cisl Lombardia. “I numeri del fenomeno in Lombardia sono abbastanza preoccupanti”, commenta Enzo Mesagna, segretario generale Cisl Lombardia, che ricorda anche come “in Italia ci sono state quasi 2 milioni di dimissioni nel 2021 e oltre 2,2 milioni nel 2022, con un aumento di oltre il 35% rispetto al 2019. Sono dei numeri importanti che rappresentano una sorta di alert a cui tutti dobbiamo prestare attenzione”.

PERCHÉ TANTE DIMISSIONI VOLONTARIE IN LOMBARDIA

Secondo i dati elaborati dall’ufficio vertenze della Cisl Lombardia e da Bibliolavoro le motivazioni economiche vengono indicate come motivo delle dimissioni solo dal 29,5% dei lavoratori. Prima della questione salariale, infatti, emergono con forza l’eccessivo stress-lavoro correlato (36%) e il clima aziendale ‘tossico’ (34,9%), mentre acquista importanza anche la conciliazione dei tempi vita-lavoro (26,2%). Questi i dati che emergono dalla ricerca condotta dalla Cisl Lombardia interpellando oltre duemila persone che, nel periodo post-pandemico, hanno fatto questa scelta rivolgendosi all’ufficio vertenze del sindacato.

Secondo il direttore di Bibliolavoro, Francesco Girolimetto, “dopo la pandemia stanno cambiando i fattori che rendono un lavoro attrattivo e soddisfacente, con una differenza in particolare tra più e meno giovani. Non sono più solo i fattori concreti come le retribuzioni, ma anche fattori di carattere più ‘soft’, come lo stress da lavoro correlato e la conciliazione vita-lavoro”.

Questo fenomeno viene confermato anche dai settori nei quali si registrano il maggior numero di dimissioni che, secondo Girolimetto, investono “sicuramente il terziario e, in particolare, il commercio, la ristorazione e la ricezione, che sono quei settori in cui è molto evidente la fatica e lo stress”.

Ad esser maggiormente interessate dal fenomeno sono le donne, sulle quali pesa ancora il lavoro di cura familiare, e i giovani “che non solo cercano nuovi lavori, ma si dicono disposti a cambiare. Un terzo del campione, infatti, anche se soddisfatto del nuovo lavoro, nel prossimo anno ne cercherà comunque uno nuovo, più aderente alle proprie esigenze”. Un cambio di lavoro che, spesso, viene vissuto come un vero e proprio “salto nel vuoto”. Per Girolimetto, infatti, “solo sei lavoratori su dieci avevano già in tasca un’altra opportunità lavorativa quando hanno deciso di dimettersi, ma il 40% ha deciso di dimettersi saltando nel vuoto. Di questo 40%, però, oggi oltre la metà è nuovamente occupata”.

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