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Lavoro: dagli aumenti all’inflazione, le sfide per gli imprenditori italiani

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Le sfide per gli imprenditori italiani: quiet quitting, aumenti salariali e inflazione, poca formazione e welfare. I talenti se ne vanno e la competitività è sempre più a rischio

Solo il 5% dei lavoratori italiani dichiara di aver entusiasmo per la propria attività lavorativa contro il 35% di quelli rumeni che guidano la speciale classifica stilata da Gallup nel report State of the global workplace 2023.

La media europea si attesta al 14% dei dipendenti comunitari. Quasi il 60% dei lavoratori, invece, dichiara di adottare un atteggiamento di minimo impegno e di avere una totale assenza di entusiasmo per il proprio lavoro. Il “quiet quetting”, ossia la tendenza ad eseguire il minimo indispensabile sul posto di lavoro senza “andare oltre”, subirà un deciso incremento con il ritorno all’attività lavorativa dopo la pausa estiva. A questo bisogna poi aggiungere che, stando ai dati dell’ultimo Salary Budget Planning, il report di Willis Tower Watson sull’andamento dei salari nel mondo, si prevede un ulteriore incremento del 3,7% degli stipendi italiani nel 2023, rispetto al +3,3% del 2022. Potrebbe apparire una buona notizia per i lavoratori italiani, se non fosse che gli aumenti saranno dovuti alla pressione inflazionistica e non a una reale “economia del lavoro” che, se fosse tale, prenderebbe in considerazione che, a parità di ruolo, le aziende estere offrono stipendi che arrivano ad essere più alti di oltre il 40% rispetto a quelli garantiti in Italia. Una situazione che ha permesso, dal 2012 al 2021, l’esodo di oltre 337mila giovani, dei quali 120mila laureati«Ci troviamo di fronte a sfide decisive per la competitività del Paese –spiega Riccardo Zanon, avvocato e consulente del lavoro-; sebbene il Governo sia intervenuto attraverso la riduzione del cuneo fiscale, molte aziende non sfruttano completamente gli strumenti a loro disposizione, quali i premi di risultato e il welfare aziendale. Questi meccanismi potrebbero permettere un aumento della produttività e, di conseguenza, offrire salari più competitivi, mantenendo sotto controllo i costi del lavoro e aumentando la redditività dei lavoratori. Questa consapevolezza è particolarmente assente nelle PMI che, come sappiamo, costituiscono l’ossatura del sistema imprenditoriale italiano».

Con il rientro dalle vacanze, un lavoratore su quattro soffrirà di “ansia da rientro” che inciderà ulteriormente sulle performance operative dei lavoratori italiani che, sempre secondo il rapporto Gallup sono tra i più stressati d’Europa, dopo Grecia, Malta, Lussemburgo, Cipro e Albania. Che fare dunque? «La soluzione per gli imprenditori è triplice –spiega ancora Zanon-. Bisogna innanzitutto rivedere la struttura salariale e i benefit; se vogliamo attirare e trattenere i migliori dobbiamo essere competitivi e questo non significa solamente aumentare gli stipendi, ma rivedere l’intera struttura retributiva, includendo benefici come il welfare aziendale e i premi di risultato. Poi, è necessario investire in formazione e crescita perché ogni dipendente ha bisogno di avere una chiara traiettoria nella propria carriera professionale. Investire in formazione non significa solamente avere lavoratori più competenti, ma dimostrare un impegno a lungo termine nei loro confronti. Infine, è fondamentale creare un ambiente di lavoro positivo: gli ambienti di lavoro tossici o demotivanti sono la prima causa di fuga di talenti».

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