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Mieloma multiplo pretrattato: benefici dall’aggiunta di selinexor

Mieloma multiplo: benefici in termini di sopravvivenza con l'aggiunta dell'inibitore di XPO1 selinexor (S) alla doppietta bortezomib più desametasone (Vd)

Mieloma multiplo: benefici in termini di sopravvivenza con l’aggiunta dell’inibitore di XPO1 selinexor (S) alla doppietta bortezomib più desametasone (Vd)

L’aggiunta dell’inibitore di XPO1 selinexor (S) alla doppietta bortezomib più desametasone (Vd) conferma di offrire un beneficio significativo di sopravvivenza, e non solo, rispetto alla sola doppietta Vd, ai pazienti con mieloma multiplo già sottoposti ad altri trattamenti, anche a sottogruppi di particolare interesse, come quelli refrattari a lenalidomide, e quelli mai esposti prima a bortezomib o un altro inibitore del proteasoma e quelli alla prima ricaduta. La conferma arriva da due interessanti analisi dello studio di fase 3 BOSTON, presentate a Francoforte al congresso della European Hematology Association (EHA).

In particolare, nella prima analisi gli autori hanno valutato l’effetto dell’aggiunta di selinexor alla doppietta Vd, uno degli attuali standard di trattamento di prima linea, nel sottogruppo di pazienti refrattari a lenalidomide, una popolazione di pazienti difficile da trattare e in continuo aumento nella pratica clinica quotidiana. I risultati hanno evidenziato un miglioramento significativo, sia dal punto di vista statistico sia clinico, di circa 8 mesi della mediana di sopravvivenza globale (OS) e di circa 3 mesi della mediana di sopravvivenza libera da progressione (PFS), con un rischio di progressione o di morte quasi dimezzato nel braccio trattato con la tripletta selinexor più Vd (SVd). Inoltre, si è osservato un miglioramento significativo del tasso di risposta obiettiva (ORR) tra i pazienti trattati con SVd.

Nella seconda analisi, gli sperimentatori hanno effettuato un’analisi dell’efficacia e sicurezza della tripletta con SVd stratificando i risultati in funzione del precedente trattamento con un inibitore del proteasoma e del numero di terapie precedenti. I dati hanno dimostrato che l’aggiunta di selinexor alla doppietta Vd ha prodotto un miglioramento significativo della mediana di PFS di circa 20 mesi nei pazienti naïve a bortezomib o a un inibitore del proteasoma e di circa 10 mesi in quelli trattati in precedenza con una linea di terapia.

Questi risultati, sottolineano gli autori, evidenziano la sinergia tra selinexor e bortezomib, e, più in generale l’importanza di utilizzare un regime caratterizzato da un doppio cambio di meccanismo d’azione rispetto al precedente in questa popolazione di pazienti.

«Questi risultati sono particolarmente rilevanti se si considera l’utilizzo sempre maggiore della combinazione daratumumab-lenalidomide-desametasone nella pratica clinica attuale», ha detto l’autrice che ha presentato i dati al congresso, Maria Victoria Mateos, dell’Ospedale Universitario di Salamanca in Spagna. «Questi risultati supportano l’uso di Selinexor in combinazione con bortezomib nei pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario refrattari alla lenalidomide o naïve a bortezomib e agli inibitori del proteasoma, così come nei pazienti alla prima ricaduta.

Selinexor
Selinexor è il capostipite di una nuova classe di farmaci, quella degli inibitori della proteina di esportazione nucleare 1 (XPO1). Il farmaco, che è un inibitore orale selettivo di XPO1, ha un meccanismo d’azione unico, che induce l’apoptosi nelle cellule mielomatose attraverso la ritenzione nel nucleo e l’attivazione funzionale delle proteine soppressorie del tumore, assieme all’inibizione della traduzione degli mRNA delle oncoproteine.

Studi preclinici hanno dimostrato che la molecola agisce in modo sinergico con gli inibitori del proteasoma nel sopprimere la via di segnalazione di NF-kB e favorendo la ritenzione nucleare degli oncosoppressori.

Grazie ai risultati dello studio BOSTON, selinexor è stato approvato circa un anno fa nell’Unione europea in combinazione con la doppietta Vd come trattamento per pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato o refrattario già sottoposti ad almeno una linea di terapia.

I primi risultati dello studio, pubblicati su The Lancet nel 2020, hanno dimostrato come in questa popolazione di pazienti l’aggiunta di selinexor alla doppietta Vd sia in grado di produrre un miglioramento signficativo della PFS e dell’ORR rispetto alla sola doppietta.

Lo studio BOSTON
Lo studio BOSTON è un trial multicentrico internazionale di fase 3 che ha arruolato 403 pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario già trattati con da una a tre linee di terapia precedenti, che potevano includere bortezomib, carfilzomib, ixazomib, daratumumab, lenalidomide o pomalidomide.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al trattamento con selinexor per os (1000 mg) più bortezomib sottocute (1,3 mg/m2), entrambi somministrati una volta a settimana, e desametasone (20 mg) due volte a settimana (regime SVd) oppure bortezomib sottocute (1,3 mg/m2) due volte a settimana settimana nei primi 8 cicli e poi una volta alla settimana e desametasone (20 mg) quattro volte a settimana nei primi 8 cicli e poi due volte a settimana. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia, al manifestarsi di eventi avversi non accettabili o al ritiro dallo studio per decisione del medico curante o del paziento.

L’endpoint primario dello studio era la PFS nella popolazione Intention-To-Treat (ITT), mentre tra gli endpoint secondari figuravano l’ORR, l’OS e il tasso di neuropatia periferica.

Beneficio di selinexor più Vd nei pazienti a refrattari a lenalidomide
Le analisi di sottogruppo dello studio BOSTON presentate al congresso europeo contribuiscono a fornire un quadro più dettagliato dei benefici offerti dall’aggiunta di selinexor alla doppietta Vd.

Nella prima analisi, condotta su pazienti che erano risultati refrattari alla lenalidomide, il trattamento con la tripletta SVd ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante sia della PFS sia dell’OS rispetto alla doppietta Vd.

Infatti, con un follow-up mediano di quasi 29 mesi in entrambi i bracci, la mediana di PFS è risultata di 10,2 mesi con la tripletta SVd contro 7,1 mesi con la doppietta Vd, con una riduzione del 48% del rischio di progressione o morte a favore del braccio sperimentale (HR 0,52; IC al 95% 0,31-0,88; P = 0,012).

Inoltre, l’OS mediana è risultata rispettivamente di 26,7 mesi contro 18,2 mesi, con una riduzione del 47% del rischio di morte per i pazienti trattati con la tripletta contenente selinexor (HR 0,5; IC al 95% 0,30-0,95; P = 0,030).

L’aggiunta di selinexor alla doppietta Vd ha anche permesso di ritardare il ricorso alla terapia successiva. Infatti, la mediana del tempo al trattamento successivo (TTNT) è risultata rispettivamente di 13 mesi (IC al 95% 6,9-22,6) e 7,6 mesi (IC al 95% 4,7-11,7) (HR 0,55; IC al 95% 0,34-0,89; P = 0,012).

Inoltre, nel braccio trattato con la tripletta SVd si sono osservati tassi di risposta superiori rispetto al braccio di controllo, con un ORR che è risultato rispettivamente del 67,9% contro 47,2% (OR 2,59; IC al 95% 1,17 contro 5,77; P a due code = 0,218) e un tasso di risposta parziale molto buona rispettivamente del 35,8% e 24,5%.

Aggiunta di selinexor vantaggiosa anche nei pazienti naïve agli inibitori del proteasoma
Nella seconda analisi sì è valutato l’effetto dell’aggiunta di selinexor al regime Vd in alcuni gruppi di pazienti, fra cui quello dei pazienti non esposti in precedenza a bortezomib e quello dei pazienti mai trattati prima con un inibitore del proteasoma.

Infatti, sebbene gli inibitori del proteasoma abbiano costituito il backbone del trattamento di prima linea del mieloma multiplo per molti anni, a seguito dell’approvazione della tripletta daratumumab-lenalidomide-desametasone nei pazienti di nuova diagnosi si stanno utilizzando regimi a base di lenalidomide e daratumumab, mentre nella recidiva precoce si stanno utilizzando sempre di più combinazioni contenente un inibitore del proteasoma e anche le linee guida ESMO raccomandano l’impiego di una combinazione contenente un inibitore del proteasoma, fra cui la tripletta RVd, nei pazienti naive agli inibitori del proteasoma in caso di recidiva iniziale.

Nei pazienti naïve a bortezomib il trattamento con la tripletta SVd si è associato a un miglioramento statisticamente significativo della PFS e a un ORR superiore rispetto alla doppietta Vd. Infatti, la mediana di PFS è risultata rispettivamente di 29,5 mesi contro 9,7 mesi, con una riduzione del 65% del rischio di progressione o morte (HR 0,35; IC al 95% 0,18-0,68; P =  0,002), mentre l’ORR è risultato rispettivamente del 75,4% contro 69,4% (OR 1,57; IC al 95% 0,68-3,64; P = 0,295) e il tasso di risposta parziale molto buona o migliore rispettivamente del 49,2% contro 41,9% (OR 1,51; IC al 95% 0,73-3,14; P a due code =0,275).

Il risultato è andato nella stessa direzione anche nei pazienti non esposti in precedenza a un inibitore del proteasoma. Infatti, in questo sottogruppo la mediana di PFS è risultata di 29,5 mesi con RVd contro 9,7 mesi con Vd, con una riduzione del 71% del rischio di progressione o morte (HR 0,29; IC al 95% 0,14-0,63; P < 0,001), mentre l’ORR è risultato rispettivamente del 76,6% contro 70,8% (OR 1,30; IC al 95% 0,51-3,33; P = 0,581) e il tasso di risposta parziale molto buona o migliore rispettivamente del 53,2% contro 41,7% (OR 1,54; IC al 95% 0,68-3,84; P a due code =0,308).

Tripletta RVd più efficace anche nei pazienti alla prima recidiva
La tripletta con selinexor si è dimostrata più efficace rispetto alla doppietta Vd, migliorando sia la PFS sia i tassi di risposta anche nei pazienti alla prima recidiva e dunque alla seconda linea di trattamento.

In questo sottogruppo, la mediana di PFS è risultata di 21 mesi con RVd contro 10,7 mesi con Vd, con una riduzione del 38% del rischio di progressione o morte (HR 0,62; IC al 95% 0, 41-0,95; P = 0,028), mentre l’ORR è risultato rispettivamente dell’80,8% contro 66,7% (OR 2,40; IC al 95% 1,22-4,70; P = 0,010) e il tasso di risposta parziale molto buona o migliore rispettivamente del 52,5% contro 29,3% (OR 2,55; IC al 95% 1,46-4,68; P a due code =0,001).

Nessuna novità sul fronte sicurezza
In entrambe le analisi presentate a Francoforte non sono emerse novità sostanziali relativamente al profilo di sicurezza del trattamento in studio. Infatti, i risultati su questo fronte sono stati simili a quelli riportati nella popolazione complessiva dello studio BOSTON.

Gli eventi avversi sono risultati, inoltre, gestibili.

Bibliografia
M-V. Mateos, et al. Efficacy, survival and safety of selinexor, bortezomib and dexamethasone (SVd) in patients with lenalidomide-refractory multiple myeloma: subgroup data from the BOSTON trial. EHA 2023; abstract P886. https://s3.eu-central-1.amazonaws.com/m-anage.com.storage.eha/temp/eha23_abstract_bodies/P886.pdf

M-V. Mateos, et al. Selinexor, bortezomib, and dexamethasone in patients with previously treated multiple myeloma: updated results of BOSTON trial by prior therapies. EHA 2023; abstract P917. https://s3.eu-central-1.amazonaws.com/m-anage.com.storage.eha/temp/eha23_abstract_bodies/P917.pdf

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