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Il James Webb immortala ancora la Nebulosa Anello

nebulosa anello

Ottenute dal telescopio spaziale James Webb nuove, spettacolari, immagini dell’iconica Nebulosa Anello, nota anche come Messier 57

Il soggetto è famosissimo, fra gli appassionati di astronomia: è M57, meglio noto – per ovvi motivi – come Nebulosa Anello. Comodamente collocata a circa 2600 anni luce da noi nella costellazione della Lira (dunque ben visibile dal nostro emisfero per tutta l’estate) e girata com’è in modo da mostrare l’anello “dall’alto”, a favore di camera, M57 l’hanno immortalata praticamente tutti, dagli astrofili – qui alcuni bellissimi esempi – a Hubble, autore dell’incantevole Astronomy Picture of the Day del 2 aprile scorso. Ma un’immagine come quella prodotta il 4 agosto 2022 dal James Webb Space Telescope, resa pubblica la settimana scorsa da un team di astronomi guidato da Mike Barlow di Ucl (University College London, Regno Unito) e riportata qui sotto, non l’avevamo vista mai.

È un’immagine composita ottenuta combinando le immagini ottenute con tre diversi filtri – F212N (blu), F300M (verde) e F335M (rosso) – dallo strumento NirCam, la fotocamera per il vicino infrarosso di Jwst. La prima cosa che lascia stupefatti è la definizione. «Siamo sorpresi dai dettagli delle immagini, migliori di tutte quelle mai viste prima», dice uno degli scienziati del team, Albert Zijlstra dell’Università di Manchester (Regno Unito). «Abbiamo sempre saputo che le nebulose planetarie sono belle. Ma quello che vediamo ora è spettacolare».

La spettacolarità è però solo la superficie, di quest’immagine. La sua vera ricchezza sta nell’informazione scientifica che contiene. Nebulosa planetaria, dicevamo. Un termine del tutto fuorviante, in quanto questi oggetti non hanno nulla a che fare con i pianeti. Sono ciò che resta al termine della vita di stelle di piccola massa – stelle come il Sole, che fra qualche miliardo di anni andrà probabilmente ad arricchire il ricco catalogo delle nebulose planetarie della Via Lattea.

Nell’immagine di Webb il “cadavere” della stella che ha dato origine alla nebulosa lo possiamo vedere proprio al centro: ancora caldissima – oltre 100mila gradi – ma già in fase di lento raffreddamento, sta diventando una nana bianca. Tutt’attorno, all’interno dell’anello, il gas caldo ionizzato espulso dalla stella all’epoca della formazione della nebulosa, circa quattromila anni fa. Infine, all’esterno, s’incontra l’anello vero e proprio, quello che dà il nome alla nebulosa. Ingrandendolo si può notare che è formato da decine di migliaia di piccoli “grumi” – clumps, in inglese: gli astronomi ne hanno contati circa 20mila – contenenti idrogeno molecolare, molto più freddi e densi del resto della nebulosa.

«Queste immagini non hanno solo un fascino estetico», sottolinea un altro dei membri del team, l’astronomo Nick Cox di Acri-St (Francia), «forniscono informazioni scientifiche sui processi di evoluzione stellare. Studiando la Nebulosa Anello con Jwst speriamo di arrivare a una comprensione più profonda dei cicli di vita delle stelle e degli elementi da esse rilasciati nel cosmo».

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