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Glioma di grado 2: vorasedinib rallenta la crescita del tumore

Nuovo studio rivela un nuovo asse molecolare coinvolto nella crescita del rabdomiosarcoma alveolare, un tumore pediatrico aggressivo e ancora difficile da curare.

Nei pazienti affetti da glioma di grado 2 con mutazioni del gene che codifica l’isocitrato deidrogenasi (IDH), vorasidenib può ridurre il rischio di progressione o morte del 61%

Nei pazienti affetti da glioma di grado 2 con mutazioni del gene che codifica l’isocitrato deidrogenasi (IDH), il trattamento adiuvante con l’inibitore delle isoforme 1 e 2 dell’enzima IDH vorasidenib (noto anche col nome di AG-881 può ridurre il rischio di progressione o morte del 61% rispetto al placebo. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 INDIGO, appena presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine.

Secondo i dati dello studio, al quale ha partecipato anche l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, in questi pazienti il trattamento con vorasidenib ha più che raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana rispetto al placebo: 27,7 mesi (IC al 95% 17,0-non stimato) contro 11,1 mesi (IC al 95% 11,0-13,7) (HR 0,39; IC al 95% 0,27-0,56; P < 0,001).

La terapia è stata somministrata dopo la resezione del tumore, nella fase di osservazione che precede l’inizio della chemioradioterapia standard e il regime con vorasidenib è risultato associato anche al prolungamento statisticamente significativo del tempo al successivo trattamento antitumorale (TTNI) rispetto al placebo (HR 0,26; IC al 95% 0,15-0,43; P < 0,001).

«Il nostro studio dimostra che colpire le mutazioni di IDH con vorasidenib ritarda in modo significativo la crescita del tumore e la necessità di terapie più tossiche», ha dichiarato l’autore principale del trial, Ingo Mellinghoff, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center, di New York. «Questo risultato è clinicamente significativo, perché i pazienti con diagnosi di glioma di grado 2 con IDH mutato sono in genere giovani e in buona salute. I risultati di questo studio offrono la possibilità di cambiare il paradigma terapeutico per questo tipo di glioma e potrebbero portare alla prima nuova terapia mirata per il glioma di basso grado».

Lo studio INDIGO
Lo studio INDIGO (NCT04164901) è un trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, nel quale 331 pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto al trattamento con vorasidenib per via orale alla dose di 40 mg una volta al giorno (168) o con placebo (163) in cicli di 28 giorni.

Per poter essere arruolati, i partecipanti dovevano soddisfare vari criteri, fra cui avere almeno 12 anni, avere un punteggio del performance status secondo la scala di Karnofsky (KPS) almeno pari a 80, avere un oligodendroglioma o un astrocitoma di grado 2 residuale o ricorrente IDH1- o HDH2-mutato, non aver effettuato un trattamento precedente per il glioma, essere stato sottoposto all’intervento chirurgico più recente nel lasso di tempo compreso fra uno e 5 anni prima della randomizzazione e non avere una necessità immediata di una chemioterapia o radioterapia.

L’endpoint primario era la PFS radiografica valutata da un comitato di revisori indipendenti, mentre il TTNI era l’endpoint secondario chiave.

Caratteristiche dei pazienti
L’età mediana dei partecipanti era di 40,5 anni nel braccio vorasidenib e 39,0 anni del braccio di controllo. I pazienti provenivano per lo più dal nord America (51,2% nel braccio sperimentale e 65,6% in quello di controllo), ma anche dall’Europa occidentale e Israele. Circa la metà dei partecipanti in ciascun braccio aveva un pari a 100 (53,6% contro 53,4%).

Dal punto di vista istologico, i sottotipi del glioma di basso grado erano equamente distribuiti tra oligodendroglioma e astrocitoma. La localizzazione del tumore alla diagnosi primaria era frontale per due pazienti su tre e, al basale, il diametro maggiore del tumore era di 2 o più centimetri per la maggior parte dei pazienti (82,7% nel braccio vorasidenib e 84,0% nel braccio placebo). Il tempo mediano intercorso tra l’ultimo intervento chirurgico e la randomizzazione era di 2,4 anni, mentre il 21,5% dei partecipanti era stato sottoposto a due o più resezioni del glioma prima dell’arruolamento.

Quasi tutti i pazienti presentavano un’alterazione di IDH1 (il 97% nel braccio vorasidenib e 93,3% nel gruppo placebo), mentre più della metà presentava anche delezione del braccio p del cromosoma 1 e del braccio q del cromosoma 19 (codelezione 1p/19q).

Altri risultati
Al follow-up mediano di 14,0 mesi (intervallo inter quartile [IQR] 10,1-17,9) per vorasidenib e di 14,3 mesi (IQR, 10,0-18,1) per il braccio placebo, l’analisi delle immagini valutata da un comitato di revisione indipendente in cieco ha evidenziato una progressione della malattia nel 28% dei pazienti nel braccio sperimentale contro il 54% in quello di controllo. I risultati di un’analisi prespecificata della PFS basata sulla valutazione delle immagini da parte degli sperimentatori sono stati simili a quelli dell’analisi primaria, confermando la superiorità dell’inibitore di IDH (HR 0,35; 95% CI, 0,23-0,54).

La probabilità di non essere sottoposti a un successivo intervento terapeutico entro 18 mesi è risultata dell’85,6% per i pazienti trattati con vorasidenib rispetto al 47,4% in quelli del braccio placebo, mentre a 24 mesi la probabilità è rimasta pressoché uguale per i pazienti trattati con il farmaco sperimentale – 83,4% – ed è invece risultata del 27,0% per i controlli. Una volta visti i risultati iniziali positivi, allo studio è stato tolto il cieco ed è stato consentito il crossover dal braccio di controllo a quello sperimentale.

Tassi di PFS doppi a 18 mesi e tripli a 24 mesi
Per quanto riguarda i tassi di PFS, a 18 mesi sono risultati del 60,4% (IC al 95% 48,3%-70,5%) nel braccio assegnato a vorasidenib contro 26,7% (IC al 95% 17,1%-37,4%) nel braccio placebo, mentre a 24 mesi sono risultati rispettivamente del 50,7% (IC al 95% CI, 36,2%-63,5%) contro 17,6% (IC al 95% CI 7,1%-31,9%).

Anche il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato superiore con vorasidenib rispetto al placebo: 10,7% contro 2,5% (OR 4,88; IC al 95% 1,56%-15,25%). Come miglior risposta basata sulle immagini radiografiche, sono state registrate due risposte parziali (1,2%) e 16 risposte minori (9,5%) nel braccio vorasidenib, mentre nel braccio placebo sono state osservate solo risposte minori. La stabilizzazione della malattia è stata raggiunta dalla maggior parte dei pazienti, mentre si è osservata una progressione della malattia rispettivamente nel 6,0% e nell’8,6% dei pazienti.

Profilo di sicurezza gestibile 
Dal punto di vista della sicurezza e tollerabilità, nel complesso vorasidenib è risultato associato a eventi avversi per lo più di basso grado. Gli eventi avversi di grado ≥3 hanno avuto una frequenza del 22,8% nel braccio trattato con vorasidenib contro 13,5% nel braccio di controllo..

Gli eventi avversi più comuni nel braccio sperimentale sono stati gli aumenti dell’alanina aminotransferasi (ALT) (38,9%; 9,6% di grado ≥3), dell’aspartato aminotransferasi  (AST) (28,7%; 4,2% di grado ≥3) e della gamma-glutamil transferasi (GGT) (15,6%; 3,0% di grado ≥3).

Nel braccio sperimentale sono stati segnalati tre eventi seri correlati al trattamento: aumento dell’ALT, insufficienza epatica ed epatite. Tutti gli eventi seri sono stati considerati risolti al momento dell’analisi dei dati.

Infine, gli eventi avversi hanno richiesto l’interruzione del trattamento nel 3,6% dei pazienti nel braccio vorasidenib e nell’1,2% dei controlli. Riduzioni del dosaggio sono state necessarie, invece, nel 10,8% dei pazienti del braccio sperimentale e nel 3,1% di quelli del braccio placebo.

Il commento dell’esperto ASCO
Commentando i risultati dello studio, Glenn Lesser, del Cancer Center, di Winston-Salem, nel North Carolina, ha dichiarato: «Questi risultati sono piuttosto sorprendenti, sono statisticamente molto significativi e, soprattutto, sono molto importanti da un punto di vista clinico. In pazienti selezionati con glioma di basso grado, possiamo potenzialmente ritardare l’uso della chemioterapia e di radiazioni tossiche per anni, forse per molti anni e ritardarne la tossicità».

Bibliografia
I.K. Mellinghoff, et al. INDIGO: A global, randomized, double-blinded, phase 3 study of vorasidenib versus placebo in patients with residual or recurrent grade 2 glioma with an IDH1/2 mutation. J Clin Oncol. 2023;41(suppl 17):LBA1. doi:10.1200/JCO.2023.41.17_suppl.LBA1. leggi

I.K. Mellinghoff, et al. Vorasidenib in IDH1- or IDH2-mutant low-grade glioma. N Engl J Med. Published online June 4, 2023. doi:10.1056/NEJMoa2304194 leggi

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