Site icon Corriere Nazionale

Alzheimer: il sonno profondo difende la riserva cognitiva

sonno profondo

Il sonno profondo può agire come un ‘cuscinetto’ (buffer) contro il declino cognitivo negli anziani con patologia di Alzheimer, proteggendo la riserva cognitiva

Secondo una nuova ricerca pubblicata online su “BMC Medicine”, il sonno profondo può agire come un ‘cuscinetto’ (buffer) contro il declino cognitivo negli anziani con patologia di Alzheimer (AD), proteggendo la riserva cognitiva.

I ricercatori hanno scoperto che il sonno profondo, noto anche come sonno ad onde lente non-REM (NREM), può proteggere la funzione della memoria negli adulti cognitivamente normali con un alto carico di beta-amiloide.

«Si deve pensare al sonno profondo quasi come a una zattera di salvataggio che mantiene a galla la memoria, piuttosto che a una memoria trascinata giù dal peso della patologia dell’Alzheimer» affermano gli autori, guidati dal ricercatore senior Matthew Walker, professore di Neuroscienze e Psicologia alla University of California di Berkeley.

Studiare la resilienza alla patologia cerebrale esistente è «una nuova entusiasmante direzione di ricerca» secondo l’autrice principale del lavoro, Zsófia Zavecz, del Center for Human Sleep Science del medesimo Ateneo.

La stessa spiega che si aprono nuove domande: quali fattori spiegano le differenze individuali nella funzione cognitiva nonostante lo stesso livello di patologia cerebrale? E come fanno alcune persone con patologia significativa ad avere in gran parte conservato la memoria?

Effetto della beta-amiloide sulla funzione mnemonica
Lo studio ha incluso 62 anziani cognitivamente normali tratti dal Berkeley Aging Cohort Study. Le registrazioni EEG del sonno sono state ottenute in due notti in un laboratorio del sonno e le scansioni PET (tomografia a emissione di positroni) sono state utilizzate per quantificare la quantità di beta-amiloide. La metà dei partecipanti aveva un alto carico di amiloide-beta e l’altra metà era negativa al marcatore patognomonico.

Dopo gli studi sul sonno, tutti i partecipanti hanno completato un test della memoria che prevedeva l’abbinamento dei nomi ai volti.

I risultati suggeriscono che il sonno profondo ad onde lente NREM moderi significativamente l’effetto dello stato della beta-amiloide sulla funzione mnemonica.

In particolare, l’attività delle onde lente NREM ha supportato selettivamente la funzione di memoria superiore negli adulti con alto carico di beta-amiloide, che hanno più bisogno di riserva cognitiva (B = 2.694, P = 0,19), riferiscono i ricercatori.

Al contrario, gli adulti senza un significativo carico patologico di beta-amiloide – e quindi senza la stessa necessità di riserva cognitiva – non hanno beneficiato allo stesso modo dell’attività delle onde lente NREM (B = -0,115, P = 0,876).

I risultati sono rimasti significativi dopo aggiustamento per età, sesso, indice di massa corporea, atrofia della materia grigia e fattori di riserva cognitiva precedentemente identificati, come istruzione e attività fisica.

Ipotesi meccanicistiche
Zavecz ha detto che ci sono diverse potenziali ragioni per cui il sonno profondo può supportare la riserva cognitiva. Una, in particolare, è che durante il sonno profondo i ricordi vengono riprodotti nel cervello, e questo si traduce in una «riorganizzazione neurale» che aiuta a stabilizzare la memoria e renderla più permanente.

«Altre spiegazioni includono il ruolo del sonno profondo nel mantenere l’omeostasi nella capacità del cervello di formare nuove connessioni neurali e fornire uno stato cerebrale ottimale per la rimozione delle tossine che interferiscono con il sano funzionamento del cervello» ha osservato.

«La misura in cui il sonno possa offrire un tampone protettivo contro il deterioramento cognitivo grave rimane da testare. Tuttavia, questo studio è il primo passo di una serie di nuove ricerche che studieranno il sonno come fattore di riserva cognitiva» ha concluso Zavecz.

Dati incoraggianti che aprono nuove prospettive
Sebbene il campione di studio sia piccolo, i risultati sono «incoraggianti perché il sonno è un fattore modificabile e può quindi essere oggetto di intervento» ha commentato Percy Griffin, direttore ‘of scientific engagement’ dell’Alzheimer’s Association.

«È necessario maggiore lavoro in una popolazione più ampia prima di poter sfruttare appieno questa fase del sonno per ridurre il rischio di sviluppare il declino cognitivo» ha detto Griffin.

Anche Shaheen Lakhan, neurologo e ricercatore a Boston, ha affermato che lo studio, nel quale non è stato coinvolto, è «interessante su due fronti: potremmo avere un ulteriore marcatore per lo sviluppo dell’Alzheimer per prevedere il rischio e tracciare la malattia, ma anche obiettivi per l’intervento precoce con terapie che migliorano l’architettura del sonno, siano esse farmaci, dispositivi elettromedicali o strumenti digitali».

«Per il bene della salute del cervello, tutti noi dobbiamo acquisire molta familiarità con il concetto di riserva cognitiva o cerebrale« ha sottolineato Lakhan. «La riserva cerebrale si riferisce alla nostra capacità di sostenere la minaccia della demenza e classicamente è stata associata alla stimolazione cerebrale in corso, ovvero all’istruzione superiore e al lavoro cognitivamente impegnativo» ha precisato.

«Questa linea di ricerca ora apre la porta al concetto che la salute ottimale del sonno – in particolare il sonno profondo delle onde lente NREM – è correlata a una maggiore riserva cerebrale contro l’Alzheimer» ha ribadito Lakhan, evidenziando così il ‘take-home message’ dello studio.

Fonte:
Zavecz Z, Shah VD, Murillo OG, et al. NREM sleep as a novel protective cognitive reserve factor in the face of Alzheimer’s disease pathology. BMC Med. 2023;21:156. doi: 10.1186/s12916-023-02811-z. leggi

Exit mobile version