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Tumore polmonare: speranze da docetaxel più ramucirumab

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Carcinoma polmonare non a piccole cellule: risposte incoraggianti di ramucirumab più docetaxel dopo il fallimento della prima linea

Nei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule con progressione della malattia dopo una prima linea con platino e i inibitori dei checkpoint immunitari, il trattamento con docetaxel più ramucirumab ha mostrato un’attività antitumorale incoraggiante e un profilo di sicurezza gestibile. Lo dicono i risultati dello studio di fase 2 SCORPION presentati di recente al congresso European Lung Cancer svoltosi di recente a Copenhagen.

Con un tasso di risposta globale (ORR) del 34,4% (IC al 95% 18,6%-53,2%; IC all’80% 23,1-47,2%;) nei 32 pazienti valutabili per l’efficacia, è stato centrato l’endpoint primario.

Inoltre, il tasso di controllo della malattia (DCR) è stato dell’81,3% (IC al 95% 63.6%-92.8%).

Gli sperimentatori hanno però precisato che quattro pazienti non rispettavano i criteri per l’analisi di sicurezza del trial, in quanto l’ultima dose di farmaco antitumorale non era stata somministrata almeno 28 giorni prima della registrazione del paziente nello studio. Dopo aver escluso questi pazienti, nei 28 pazienti rimanenti, l’ORR con la doppietta è risultato del 32,1% (IC all’80% 20,4%-45,9%).

Inoltre, lo studio ha mostrato un ORR superiore nel gruppo di pazienti che avevano risposto alla chemioimmunoterapia precedente (15) rispetto ai non-responder (17): 40,0% contro 29,4%.

«Docetaxel più ramucirumab ha dimostrato un’attività antitumorale incoraggiante con un profilo di sicurezza gestibile nei pazienti che hanno fallito la chemioterapia di prima linea a base di platino e inibitori dei checkpoint immunitari», scrivono l’autrice principale dello studio, Reiko Matsuzawa, della Nagoya University Graduate School of Medicine di Nagoya, in Giappone, e i suoi colleghi, nel poster presentato al congresso.

La chemioimmunoterapia a base di platino e inibitori dei checkpoint immunitari è lo standard di cura di prima linea per i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule. Studi retrospettivi suggeriscono che l’aggiunta di ramucirumab a docetaxel permette di ottenere un’efficacia maggiore dopo un trattamento con un inibitore del checkpoint ad agente singolo, ma non vi sono conferme sulla sicurezza. Gli sperimentatori hanno voluto dunque valutare il profilo di sicurezza e di efficacia di questo approccio terapeutico.

Ramucirumab
Ramucirumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il dominio extracellulare del recettore 2 del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF2), considerato il mediatore primario dell’angiogenesi. Se attivato, il recettore promuove la proliferazione e la sopravvivenza cellulare a livello endoteliale, così come la migrazione e la permeabilità vascolari. Gli sperimentatori dichiarano che precedenti ricerche hanno dimostrato la persistenza di efficacia degli inibitori dei checkpoint immunitari anche dopo 20 settimane dalla loro sospensione e il blocco di VEGF-R2 potrebbe potenziare l’immunità antitumorale migliorando la funzione dei linfociti T.

Lo studio SCORPION
Nello studio SCORPION (jCRTs041190077), multicentrico, a braccio singolo, in aperto, sono stati arruolati pazienti (33) con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio IV o recidivato la cui malattia è progredita durante o dopo un trattamento con platino e inibitori dei checkpoint immunitari. Erano arruolabili pazienti di almeno 20 anni, con ECOG performance status di 0 o 1 e almeno una lesione misurabile secondo i criteri RECIST v1.1. I pazienti dovevano inoltre avere un emocromo accettabile. I criteri di esclusione comprendevano una procedura chirurgica maggiore entro 28 giorni dall’inizio dello studio, l’evidenza radiografica di cavitazione intra-tumorale, indipendentemente dall’istologia del tumore, una storia di eventi tromboembolici gravi entro 3 mesi dall’inizio dello studio o una storia di emottisi entro 2 mesi prima della registrazione. Inoltre, rappresentavano un motivo di esclusione l’assunzione di una terapia antiaggregante piastrinica, anti-vitamina K o anticoagulante entro 14 giorni dallo studio, un’ipertensione non controllata superiore o uguale a 150/90 mmHg.

I partecipanti sono stati trattati con 60 mg/m2 di docetaxel più 10 mg/kg di ramucirumab il giorno 1, seguiti da 3,6 mg di pegfilgrastim il giorno 2, ogni 3 settimane.

Gli endpoint secondari comprendevano la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sicurezza.

I pazienti sono stati arruolati tra gennaio 2020 e agosto 2021, (33) in 8 istituti di cura. Nei pazienti valutabili per l’efficacia, l’età mediana era di 66 anni (range: 42-79) e la maggior parte era di sesso maschile (78%). Poco più della metà dei partecipanti (59%) aveva un performance status ECOG pari a 0 e tre quarti erano fumatori.

I pazienti presentavano per lo più malattia non squamosa (88%), di tipo EGFR wild-type (75%).

All’incirca la metà dei pazienti (47%) aveva ottenuto una risposta completa o parziale come migliore risposta a una precedente terapia di combinazione con inibitori dei checkpoint immunitari. Dal punto di vista delle terapie precedenti, il 37% dei partecipanti era stato trattato con taxano, il 25% con bevacizumab e il 16% con radioterapia. Inoltre, due terzi dei partecipanti (78%) avevano concluso il trattamento con l’inibitore del checkpoint immunitario entro 60 giorni dall’arruolamento,

Altri risultati
Per quanto concerne gli altri endpoint, la PFS mediana con la doppietta è stata di 6,5 mesi (IC al 95% 4,4-8,2), con tassi stimati a 6 e 12 mesi rispettivamente del 53,1% e del 21,9%. L’OS mediana è stata di 17,5 mesi (IC al 95% 11,3 non raggiunto [NR]), con tassi stimati a 6 e 12 mesi del 68,5% e 49,0% mentre la durata della risposta (DOR) mediana è stata di 5,1 mesi (IC al 95% 2,9-11,2). Si è stimato che la metà dei pazienti che rispondevano al trattamento avrebbe mantenuto la risposta a 6 mesi, mentre il tasso stimato di DOR a 12 mesi era del 10,0%.

Gli sperimentatori hanno poi valutato gli outcome stratificando i pazienti in base alla risposta ottenuta con la precedente terapia. Nei pazienti responder (15) la PFS mediana con docetaxel più ramucirumab è stata di 6,9 mesi (IC al 95% 3,0-12,6) con tassi stimati del 60,0% e del 33,3% rispettivamente a 6 e 12 mesi. Inoltre, l’OS mediana non è stata raggiunta (IC al 95% 8,0-NR), mentre il tasso stimato di OS è stato del 65,2% sia a 6 mesi sia a 12 mesi. Infine, la DOR mediana in questo sottogruppo è risultata di 11,1 mesi (IC al 95% 4,9-NR), mentre è stato stimato che il 60% dei pazienti avrebbe mantenuto la risposta al trattamento a 6 mesi.

Nel gruppo di pazienti non-responder alla precedente chemioimmunoterapia (17), con docetaxel più ramucirumab la PFS mediana è stata di 6,0 mesi (IC al 95% 4,2-8,5) con tassi stimati a 6 e 12 mesi del 47,1% e dell’11,8%. L’OS mediana è stata di 15,8 mesi (IC al 95% 7,7-NR) con tassi stimati a 6 e 12 mesi rispettivamente del 70,6% e del 34,9%. Infine, la DOR mediana è stata di 4,6 mesi (95% CI, 2,9-NR) stimando che il 40% dei pazienti avrebbe mantenuto la risposta a 6 mesi.

Profilo di sicurezza
La valutazione della sicurezza ha incluso tutti e 33 i pazienti arruolati. Il 100% dei pazienti ha sviluppato un evento avverso e il 58% ha manifestato un evento di grado 3 o superiore. Tra gli eventi avversi di grado 3 o superiore più comuni vi erano neutropenia (24%), anoressia (15%), iposodiemia (9%), polmonite (9%), neutropenia febbrile (9%), edema degli arti (6%), anemia (6%), sanguinamento o emorragia (6%), ipertensione (6%), stomatite (3%), aumento dell’alanina aminotransferasi (3%), aumento di peso (3%), diminuzione della conta dei globuli bianchi (3%), trombocitopenia (3%), eventi emorragici polmonari (3%), emorragia gastrointestinale (3%) e proteinuria (3%).

Bibliografia
R. Matsuzawa, et al. Multi-center, phase II study of docetaxel (DTX) plus ramucirumab (RAM) following platinum-based chemotherapy plus ICIs in patients with NSCLC: SCORPION study. European Lung Cancer Congress 2023; poster 46P. (Link)

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