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Malattia oculare tiroidea cronica: benefici con teprotumumab

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Malattia oculare tiroidea cronica e bassa attività della malattia: nuove analisi promuovono il trattamento con teprotumumab

Negli adulti con malattia oculare tiroidea cronica e bassa attività della malattia, il trattamento con teprotumumab si è confermato significativamente più efficace rispetto al placebo, secondo i risultati di uno studio di fase IV comunicati dalla compagnia sviluppatrice Horizon Therapeutics.

La malattia oculare tiroidea (oftalmopatia o orbitopatia di Graves, TED) è una patologia autoimmune rara grave, progressiva, debilitante e potenzialmente pericolosa per la vista. Si verifica spesso nelle persone affette dal morbo di Graves (una patologia autoimmune nella quale il sistema immunitario produce degli autoanticorpi, noti come immunoglobuline stimolanti la tiroide, che agiscono in modo simile all’ormone stimolante la tiroide, il TSH, inducendo la ghiandola a produrre un eccesso di ormoni tiroidei), ma è una malattia distinta causata da autoanticorpi che attivano un complesso di segnalazione mediato dal recettore del fattore di crescita 1 insulino-simile (IGF-1R, bersaglio di teprotumumab) sulle cellule all’interno dello spazio retro-orbitale.

Questo porta a una cascata di effetti negativi, che possono causare danni irreversibili a lungo termine, inclusa la cecità. Segni e sintomi della TED possono includere secchezza oculare e sensazione di granulosità, arrossamento, gonfiore e lacrimazione eccessiva, retrazione palpebrale, proptosi (protrusione del globo oculare, esoftalmo), pressione e/o dolore dietro gli occhi e diplopia.

Valutazione di teprotumumab nella malattia oculare tiroidea cronica
Lo studio di fase IV, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a gruppi paralleli, ha valutato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di teprotumumab (n=42) rispetto al placebo (n=20) negli adulti con TED cronica e un basso grado di attività della patologia determinato tramite il Clinical Activity Score (CAS).

L’endpoint primario di efficacia era valutare l’effetto del farmaco alla settimana 24 in confronto al placebo nella variazione della proptosi nell’occhio studiato rispetto al basale. Tutti i partecipanti dovevano avere una diagnosi iniziale di TED tra 2 e 10 anni prima dello screening, un CAS ≤1 in entrambi gli occhi per almeno un anno prima dello screening, nessuna progressione nella proptosi e nella diplopia e nessun nuovo sintomo infiammatorio legato alla TED.

I pazienti non dovevano essere stati sottoposti a precedente irradiazione orbitale, chirurgia di decompressione orbitale o chirurgia dello strabismo. La durata media della malattia per i pazienti trattati con teprotumumab e placebo era rispettivamente di 5,1 e 5,4 anni e il CAS medio era rispettivamente di 0,3 e 0,5.

I precedenti studi registrativi (fase II e III), che hanno costituito la base dell’approvazione originale di teprotumumab da parte della Fda, avevano invece considerato pazienti con una durata della malattia non superiore a 9 mesi e con livelli più elevati di attività della malattia.

Efficacia confermata indipendentemente dall’attività o dalla durata della malattia
Alla settimana 24, i dati secondo il metodo di analisi primaria pre-specificato (intent-to-treat) hanno dimostrato che l’endpoint primario è stato raggiunto e i pazienti trattati con teprotumumab hanno ottenuto una riduzione statisticamente significativa della proptosi rispetto al basale in confronto ai controlli. Inoltre, nell’analisi pre-specificata per protocollo, le differenze tra i pazienti sottoposti a teprotumumab e placebo sono aumentate.

Questi risultati rafforzano i dati di efficacia di teprotumumab nella riduzione significativa della proptosi in questi pazienti, indipendentemente dall’attività o dalla durata della malattia, e confermano quanto osservato negli studi iniziali e in oltre tre anni di utilizzo nel mondo reale, ha commentato l’azienda. I medici hanno a disposizione un farmaco che può essere utilizzato in un’ampia gamma di pazienti con malattia oculare tiroidea, compresi quelli con malattia di lunga durata.

«Considerata questa nuova e positiva evidenza clinica nei pazienti con malattia oculare tiroidea di lunga durata e basso CAS, è importante che i medici valutino a fondo tutti i loro pazienti per stabilire se teprotumumab potrebbe rappresentare un’opzione» ha affermato il ricercatore principale dello studio Raymond Douglas, direttore del programma Orbital and Thyroid Eye Disease del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles. «È importante chiedere specificamente ai pazienti se i loro sintomi stanno interferendo con la loro capacità di lavorare, socializzare e svolgere le attività quotidiane. Queste informazioni possono aiutare i medici a comprendere il reale onere della malattia e la necessità di cura, indipendentemente da quanta sia l’infiammazione oculare o da quanto tempo convivono con la malattia».

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