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Osteogenesi imperfetta, la sindrome delle ossa di cristallo

Gli adulti con diabete di tipo 1 da almeno 25 anni hanno una densità minerale ossea (BMD) areale inferiore rispetto a quelli senza diabete

Ossa fragili? Potrebbe trattarsi di osteogenesi imperfetta. Si tratta di una malattia genetica rara, conosciuta anche come sindrome delle ossa di cristallo

Aumento della fragilità scheletrica, diminuzione della massa ossea e predisposizione alle fratture di diversa gravità. Questi i principali sintomi dell’osteogenesi imperfetta (OI), malattia genetica rara, conosciuta anche come “sindrome delle ossa di vetro o cristallo”.

L’osteogenesi imperfetta comprende un gruppo molto eterogeneo di disordini ereditari con una prevalenza stimata di un caso ogni 10.000-20.000 persone in tutto il mondo, colpisce indistintamente maschi e femmine e l’esordio dipende dalla gravità della malattia (Dati Orphanet). A livello clinico, sono state identificate cinque forme di OI. Il segno clinico più rilevante in tutti i tipi di OI è la fragilità scheletrica che si manifesta con fratture multiple e/o deformità ossee. In Italia si stimano oltre un migliaio di casi, con un’incidenza elevata in Sardegna.

“L’osteogenesi imperfetta – sottolinea il Prof. Paolo Tranquilli Leali, Past President SIOT, Presidente della Fondazione SIOT-Delitala e Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Locomotore dell’Università di Sassari – deve essere sospettata in caso di fratture ricorrenti traumatiche nella stessa sede, di fratture non traumatiche o causate da traumi lievi. La radiografia è utile per evidenziare alcuni elementi caratteristici che possono indirizzare il sospetto diagnostico. La mineralometria ossea computerizzata (MOC-DEXA), inoltre, permette di valutare la densità ossea e si esegue dai tre anni in poi a cadenza annuale. Il trattamento dell’osteogenesi imperfetta deve avere certamente un approccio multidisciplinare, quindi medico, ortopedico, fisioterapico e riabilitativo. Il trattamento chirurgico si rende necessario per la correzione delle deformità scheletriche e della colonna e, in ottica di prevenzione, di ulteriori fratture ma come sempre nelle malattie croniche e, soprattutto, in quelle rare, è necessario mantenere sempre un alto livello di ascolto e vicinanza nei confronti del malato e dei suoi familiari”.

Nelle forme gravi di osteogenesi imperfetta la terapia standard prevede l’utilizzo dei bifosfonati per contrastare la perdita di densità minerale ossea e ridurre il dolore osseo e il rischio di frattura, e dell’ormone della crescita (GH). Molto importante è la prevenzione del deficit di vitamina D e calcio nel paziente. La fisioterapia precoce, inoltre, è fondamentale per migliorare l’autonomia del paziente attraverso la valutazione dei deficit motori e la riduzione del rischio di cadute.

“Crediamo che per tutte le patologie e ancor più per quelle rare, la multidisciplinarietà e l’empowerment del paziente rappresenti uno strumento fondamentale per la gestione ottimale ed efficiente della terapia”, afferma Antonella Celano, Presidente APMARR. “Per questo motivo, il percorso di cura deve andare verso il paziente che va ascoltato e coinvolto, insieme al caregiver. La nostra associazione si impegna quotidianamente per ottenere maggiori investimenti in termini di diagnosi precoce e terapie, abbattimento delle liste d’attesa, miglioramento nella qualità della vita dei pazienti e limitazione dei danni personali ed economici derivanti da gravi disabilità, che pesano non solo sul singolo, ma su tutta la società, facendoci portavoce delle persone affette da patologie reumatologiche e rare con le istituzioni”.

“Supposizioni e superstizioni su cosa sia o non sia l’osteogenesi imperfetta creano spesso più ostacoli e difficoltà della patologia stessa”, dichiara Leonardo Panzeri, Presidente dell’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta, AsItOI. “Per questo motivo AsItOI, da quasi quarant’anni, supporta la ricerca scientifica e la presa in carico, fornendo anche, e non solo, informazioni a vari livelli. È necessario che venga fornita la corretta dignità di vita ad ognuno. Grazie ai progressi della ricerca e a una presa in carico dei pazienti sempre più efficace, l’aspettativa di vita per i soggetti affetti da osteogenesi imperfetta è di gran lunga aumentata rispetto al passato”.

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