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Tumore al polmone: bene durvalumab più chemioterapia prima della chirurgia

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Tumore del polmone non a piccole cellule: durvalumab più chemioterapia prima della chirurgia permette di raggiungere la risposta patologica completa

I risultati positivi dello studio AstraZeneca di Fase III AEGEAN hanno mostrato che il trattamento con durvalumab in combinazione con chemioterapia neoadiuvante prima della chirurgia e come monoterapia adiuvante dopo la chirurgia ha prodotto un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza libera da eventi (EFS) rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante seguita dalla chirurgia, nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio precoce (IIA-IIIB) resecabile.

A un’analisi ad interim precedentemente riportata, la combinazione di durvalumab e chemioterapia neoadiuvante aveva inoltre dimostrato un miglioramento statisticamente significativo e rilevante della risposta patologica completa (pCR), endpoint co-primario, rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante. L’analisi finale è risultata in linea con i risultati positivi annunciati in precedenza.

I risultati sono stati presentati nella sessione plenaria dell’American Association for Cancer Research (AACR) Annual Meeting di Orlando, Florida (abstract #CT005).

In un’analisi ad interim programmata di EFS, i pazienti trattati con il regime con durvalumab prima e dopo la chirurgia hanno mostrato una riduzione del 32% del rischio di recidiva, progressione o morte rispetto alla sola chemioterapia (32% maturità dati, EFS [HR] di 0,68, 95% intervallo di confidenza [CI] 0,53-0,88; p=0,003902). All’analisi finale di pCR, il trattamento con durvalumab più chemioterapia neoadiuvante prima della chirurgia ha determinato un tasso di pCR del 17,2% rispetto al 4,3% nei pazienti trattati con la sola chemioterapia neoadiuvante (differenza in pCR 13% CI 8,7-17,6). Lo studio continuerà come da programma a determinare i principali endpoint secondari tra cui la sopravvivenza libera da malattia (DFS) e la sopravvivenza globale (OS).

“L’importanza dei dati dello studio AEGEAN è tale da determinare un cambiamento del paradigma terapeutico del tumore del polmone non a piccole cellule in stadio precoce, una svolta nella storia dell’oncologia toracica dopo i progressi già ottenuti nella malattia metastatica – afferma Giulia Pasello, ricercatrice in oncologia all’Università di Padova e Dirigente Medico Oncologia Medica 2 dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova -. Circa il 30% dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule riceve una diagnosi abbastanza precocemente da poter essere sottoposto ad intervento chirurgico. Ciononostante, la recidiva è ancora frequente nella malattia agli stadi iniziali. Lo studio AEGEAN dimostra che l’immunoterapia con durvalumab combinata alla chemioterapia prima della chirurgia e in monoterapia dopo l’intervento migliorano la risposta patologica completa, che indica l’assenza di malattia residua. Un risultato che si traduce in un significativo miglioramento della sopravvivenza libera da eventi e, quindi, in una consistente riduzione del rischio di recidiva”.

“Vi è ancora un forte bisogno clinico insoddisfatto per questi pazienti perché, anche quando la malattia è diagnosticata in fase iniziale, i tassi di recidiva dopo la chirurgia restano elevati, indipendentemente dal ricorso alla chemioterapia pre- o post-operatoria – spiega Marcello Tiseo, Professore Associato di Oncologia, Direttore Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica dell’Università di Parma e coordinatore PDTA di Oncologia Toracica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma -. La ‘tradizionale’ chemioterapia, infatti, non riesce a impattare in maniera significativa sulla diminuzione del rischio di recidiva di malattia locale o a distanza in percentuali superiori al 5%. È fondamentale il lavoro del team multidisciplinare, che comprende in primis oncologo, pneumologo, chirurgo e radioterapista, per un adeguato inquadramento diagnostico-stadiativo e per una corretta selezione dei pazienti cui offrire la migliore opzione terapeutica. Sono fondamentali un’accurata stadiazione radiologica ed endoscopica, il primo passo per definire da subito l’intera strategia di cura. In questo senso è molto importante una stretta collaborazione con chirurghi per poter offrire ai pazienti approcci terapeutici integrati sempre più efficaci grazie alle terapie innovative, come quello perioperatorio risultato ‘vincente’ nello studio AEGEAN”.

“L’aggiunta di durvalumab, prima e dopo la chirurgia, ha il potenziale per diventare una strategia fondamentale che può modificare la storia del carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio precoce, aumentando significativamente le possibilità di cura – sottolinea Silvia Novello, Presidente WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe), Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e Responsabile Oncologia Polmonare all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano -. I risultati dello studio AEGEAN confermano l’importanza di valutare in modo multidisciplinare con considerazioni aggiuntive in contesto diagnostico e terapeutico anche gli stadi iniziali di carcinoma polmonare. Anche per il paziente candidabile alla chirurgia, è auspicabile poter offrire la migliore strategia terapeutica, integrando l’intervento chirurgico con trattamenti innovativi, prima e dopo la stessa chirurgia. Questo approccio perioperatorio, potenzialmente, offre la possibilità di trattare un maggior numero di pazienti e anche con interventi chirurgici meno invasivi: la chemio-immunoterapia neoadiuvante è infatti in grado di ridurre le dimensioni del tumore e il trattamento perioperatorio offre anche la possibilità di ridurre il rischio di recidive”.

Riepilogo dei risultati: AEGEAN
Durvalumab è stato generalmente ben tollerato e non sono stati osservati nuovi segnali di sicurezza nei setting neoadiuvante e adiuvante. Inoltre, l’aggiunta di durvalumab alla chemioterapia neoadiuvante è risultata in linea con il profilo già noto della combinazione e non ha compromesso la possibilità per i pazienti di procedere con la chirurgia, rispetto alla sola chemioterapia. Dei pazienti trattati con il regime con durvalumab, il 77,6% ha completato la chirurgia rispetto al 76,7% di quelli trattati solo con chemioterapia. Gli eventi avversi di ogni causa di Grado 3/4 sono stati riscontrati nel 42,3% dei pazienti trattati con il regime con durvalumab rispetto al 43,4% per la sola chemioterapia.

Lo studio AEGEAN
AEGEAN è uno studio globale di Fase III randomizzato, in doppio cieco, multicentrico, controllato con placebo per la valutazione di durvalumab come trattamento perioperatorio dei pazienti con NSCLC di stadio IIA-IIIB (secondo l’ottava edizione del Cancer Staging Manual di AJCC) resecabile, indipendentemente dall’espressione di PD-L1. La terapia perioperatoria comprende il trattamento prima e dopo la chirurgia, conosciuto anche come terapia neoadiuvante/adiuvante. Nello studio, 802 pazienti sono stati randomizzati a ricevere la dose fissa di 1500mg di durvalumab più chemioterapia o placebo più chemioterapia ogni tre settimane per quattro cicli prima della chirurgia, seguiti da durvalumab o placebo ogni quattro settimane (fino a 12 cicli) dopo la chirurgia. I pazienti con alterazioni genetiche tumorali EGFR o ALK note sono stati esclusi dalle analisi primarie di efficacia.

Nello studio AEGEAN, gli endpoint primari erano pCR, definito come assenza di tumore nel campione di resezione (compresi i linfonodi) dopo la terapia neoadiuvante, e EFS, definito come il tempo trascorso dalla randomizzazione a un evento come la recidiva del tumore, la progressione che preclude la chirurgia definitiva o la morte. I principali endpoint secondari erano la risposta patologica maggiore, definita come tumore residuo inferiore o uguale al 10% nel tumore primario resecato dopo la terapia neoadiuvante, DFS, OS, sicurezza e qualità di vita. Le analisi finali di risposta patologica sono state eseguite dopo che tutti i pazienti hanno avuto la possibilità di essere sottoposti a intervento chirurgico e a valutazione patologica secondo il protocollo dello studio. Lo studio ha arruolato pazienti di 264 centri in più di 25 Paesi compresi Stati Uniti, Canada, Europa, Sud America e Asia.

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