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Metà dose di tenecteplase alternativa quando PCI non è possibile

stenosi aortica, cuore, frequenza cardiaca

Quando l’intervento coronarico percutaneo primario tempestivo non è possibile, una strategia farmacoinvasiva con metà dose di tenecteplase è un’alternativa efficace

Quando l’intervento coronarico percutaneo (PCI) primario tempestivo non è possibile, una strategia farmacoinvasiva con metà dose di tenecteplase (proteina ricombinante, somministrata per via endovenosa, che attiva il plasminogeno) può fornire un’alternativa di riperfusione sicura ed efficace nei pazienti più anziani con infarto miocardico con sopraslivellamento del segmento ST (STEMI), secondo un’analisi dello studio STREAM-2, i cui risultati sono stati presentati a New Orleans, durante l’incontro annuale dell’American College of Cardiology/World Congress of Cardiology (ACC/WCC 2023).

I risultati aggiungono relazioni contestuali al precedente studio STREAM-1, in cui una strategia farmacoinvasiva era almeno altrettanto efficace del PCI primario nei pazienti con presentazione precoce di STEMI, sebbene fosse associata a tassi molto più elevati di emorragia intracranica (ICH).

STREAM-1 ha adottato l’approccio basato sull’adozione di tenecteplase a metà dose nel gruppo con età =/>75 anni durante lo studio e ha visto un forte calo dell’ICH, che ha indotto a richiedere l’autorizzazione – nello studio STREAM-2 – del protocollo fondato sull’utilizzo della mezza dose del fibrinolitico nell’intera coorte, la quale consisteva di pazienti di età =/> 60 anni.

Nella sua presentazione all’ACC/WCC 2023, Paul Armstrong, dell’University of Alberta a Edmonton (Canada), ha dimostrato che a 30 giorni l’endpoint clinico composito di morte, insufficienza cardiaca, shock e reinfarto era simile tra i pazienti randomizzati – da un lato – a ricevere mezza dose di tenecteplase in ambulanza o in un ospedale di comunità e – dall’altro – a essere sottoposti a PCI primario (12,8% vs 13,3%; rischio relativo, RR: 0,96; IC 95%. 0,62-1,48).

Nonostante la dose più bassa, l’ICH si è verificata in sei pazienti (1,5%) nel gruppo tenecteplase e in nessuno di quelli sottoposti a PCI primario ma, secondo Armstrong, un’analisi più attenta ha rilevato che tre dei sei casi di ICH presentavano violazioni del protocollo: eccessiva anticoagulazione in due pazienti e livelli di pressione arteriosa che superavano i criteri di esclusione nel terzo.

«Il tasso di ICH era più elevato del previsto, almeno in parte per via di questi tre casi, che pensiamo siano da attribuirsi a violazioni del protocollo» ha ribadito Armstrong. «Quindi, a condizione che si osservino le controindicazioni alla lisi e si eviti un eccesso di anticoagulazione, la strategia farmacoinvasiva utilizzata in questo studio appare efficace e pensiamo possa essere tranquillamente somministrata ai pazienti STEMI più anziani se non è effettuabile un PCI tempestivo, come spesso accade, specialmente nei pazienti che si presentano agli ospedali di comunità».

Nello studio STREAM-1, i pazienti – di età =/> 75 anni avevano ricevuto la mezza dose di tenecteplase insieme a 150-325 mg di aspirina prima del trasporto in un ospedale compatibile con l’esecuzione di un PCI. I pazienti più giovani avevano ricevuto un bolo di enoxaparina a basso peso molecolare da 30 mg seguito da un’iniezione sottocutanea di 1,0 mg/kg ogni 12 ore, mentre i pazienti più anziani hanno ricevuto solo un’iniezione sottocutanea da 0,75 mg/kg ogni 12 ore (senza bolo); entrambi i gruppi hanno anche ricevuto una dose da carico di clopidogrel da 300 mg.

Nello studio STREAM-2 il protocollo includeva 300 mg di clopidogrel indipendentemente dall’età oltre alla mezza dose di tenecteplase, pur omettendo il bolo iniziale di enoxaparina nei pazienti di età =/> 75 anni.

Risultati di efficacia e sicurezza
Nello studio STREAM-2 sono stati arruolati 600 pazienti (età media: 71 anni; 32% donne) che si erano presentati entro 3 ore dall’insorgenza dei sintomi STEMI, avevano un aumento del tratto ST =/> 2 mm in due o più derivazioni contigue e non potevano essere sottoposti a PCI primario entro un’ora dal primo contatto medico.

Più del 90% dei pazienti era in classe Killip I (grado inferiore, in una scala di quattro livelli, impiegata per la stratificazione del rischio in pazienti con infarto acuto del miocardio), la pressione arteriosa sistolica media era di 134 mm Hg, la frequenza cardiaca media era di 76 bpm e più della metà di tutti gli infarti erano inferiori. Prima del trasporto in ospedale, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale al PCI primario o alla terapia fibrinolitica.

Quelli nel gruppo fibrinolitico (n = 400) hanno ricevuto tenecteplase a mezza dose in base al peso in kg, aspirina, clopidogrel ed enoxaparina. Quelli nel gruppo PCI primario (n = 200) hanno ricevuto aspirina, un antagonista P2Y12 e anticoagulanti secondo la pratica locale. In ospedale, i pazienti del gruppo litico sono stati sottoposti a elettrocardiografia (ECG) entro 90 minuti dopo la somministrazione di tenecteplase, o prima se clinicamente indicato, e quelli nel gruppo PCI hanno avuto una rilevazione ECG prima del PCI.

Il PCI è stato eseguito nel gruppo ‘farmacoinvasivo’ se c’era una risoluzione < 50% della deviazione ST o se l’angiografia eseguita dopo una risoluzione > 50% della deviazione ST indicava che il PCI stesso era necessario. Tutti i pazienti hanno avuto un ECG dopo il PCI o l’ultima angiografia. Al basale, la somma delle deviazioni del segmento ST (in tutti i 12 elettrocateteri) era di 15 mm in ciascun gruppo.

Dopo il bolo di tenecteplasi, il 53% dei pazienti ha avuto una risoluzione della somma delle deviazioni del segmento ST. Con l’ultima angiografia, nel gruppo tenecteplase e dopo PCI primario in coloro che l’avevano ricevuto, i tassi di risoluzione della somma delle deviazioni del segmento ST erano rispettivamente del 71% e del 62% (P = 0,03). Il PCI di salvataggio o urgente è stato eseguito in un terzo del gruppo farmacoinvasivo.

Non ci sono state differenze nei pazienti sottoposti a fibrinolisi rispetto a quelli che avevano ricevuto un PCI primario in termini di tempo trascorso dall’insorgenza dei sintomi fino all’inizio della riperfusione oppure nel flusso finale TIMI 3 (punteggio “Thrombolysis In Myocardial Infarction” indicativo di flusso completo con perfusione normale e riempimento totale del territorio distale PAMI [Primary Angioplasty in Myocardial Infarction]) dopo il PCI o l’ultima angiografia, nonostante un flusso TIMI 0/1 basale più elevato prima del PCI nel gruppo di intervento.

Riguardo agli endpoint secondari a 30 giorni, i tassi di mortalità per tutte le cause sono stati del 9,3% nel gruppo farmacoinvasivo rispetto all’8,9% nel gruppo PCI primario, mentre i tassi di morte cardiovascolare sono stati rispettivamente del 7,3% e dell’8,4%; i tassi di ictus di qualsiasi tipo erano rispettivamente del 2,3% e dello 0,5% mentre i tassi di sanguinamento maggiore non intracranico sono stati rispettivamente dell’1,3% e dell’1,0%. Nessuna delle differenze era statisticamente significativa.

I messaggi-chiave
I dati di STREAM-2 «suggeriscono che la mezza dose di tenecteplase probabilmente ha senso come opzione predefinita per la maggior parte dei pazienti sottoposti a una strategia farmacoinvasiva» ha commentato Dharam J. Kumbhani, dell’UT Southwestern Medical Center di Dallas, non coinvolto nello studio.

Tre anni fa, mentre la pandemia di COVID-19 era in pieno svolgimento negli Stati Uniti e altrove, Kumbhani e colleghi hanno sostenuto che una strategia basata sulla fibrinolisi per i pazienti STEMI poteva essere una «considerazione ragionevole» per una rapida riperfusione qualora le risorse si fossero rilevate limitate e/o non possibile l’accesso al laboratorio di emodinamica, pur essendo decisamente una terapia non ottimale con possibilità di eventi avversi.

Fonte:
Armstrong P. Pharmaco-invasive reperfusion with half-dose tenecteplase or primary PCI in older patients with STEMI. Presentato all’ACC/WCC 2023. New Orleans, LA.

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