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Elezioni in Turchia: Erdogan rischia la sconfitta con Kilicdaroglu

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Il presidente turco Erdogan

In Turchia domani le ‘elezioni del secolo’, Erdogan rischia. La studiosa Valentina Rita Scotti, giurista e docente anche a Istanbul: “Sondaggi sul filo, quanta voglia di partecipare”

Per la Turchia queste sono le elezioni del secolo. Con due certezze e almeno un’incognita: il Paese è diviso e ha voglia di partecipare; ma il nome del candidato che sarà eletto presidente è un punto interrogativo. Lo spiega alla Dire (www.dire.it) Valentina Rita Scotti, giurista e docente anche a Istanbul, autrice per iIl Mulino del volume ‘La Turchia di Erdogan‘.

La pubblicazione coincide con il voto di domani, legislativo e presidenziale insieme, e pure con un anniversario carico di simbolismo: nel 2023 si celebra il centenario della nascita della Repubblica di Turchia dalle ceneri dell’Impero ottomano. A guidare quel passaggio d’epoca fu Mustafa Kemal Ataturk, il presidente al quale si sono richiamati tanti governi novecenteschi e al quale oggi viene associata solo una delle due coalizioni politiche considerate favorite, quella del Tavolo dei sei, che per la massima carica sostiene Kemal Kilicdaroglu.

A sfidare Recep Tayyip Erdogan proprio sarà lui, 74 anni, un figlio della minoranza musulmana alevita, capo del Partito popolare repubblicano (Chp). I sondaggi suggeriscono che potrebbe farcela, non solo a costringere il presidente al potere dal 2003 al ballottaggio ma addirittura a prenderne il posto. “Sono davvero le elezioni del secolo, con rilevazioni che indicano un testa a testa e previsioni davvero difficili da fare” sottolinea Scotti: “Se Erdogan dovesse spuntarla risulterebbe confermato il supporto popolare al suo Progetto per una nuova Turchia, mentre un successo dell’opposizione segnerebbe un’inversione di tendenza, un ritorno a quel sistema parlamentare che negli ultimi 20 anni è stato riformato e poi sostituito da un presidenzialismo che accentra molti poteri nelle mani del solo capo dello Stato”.

Nel nuovo libro si indaga l’evoluzione costituzionale nell’era Erdogan. Scotti insegna Diritto pubblico comparato alla European Law and Governance School (Elgs) ad Atene ed è componente del Center for Gender Studies alla Koc University di Istanbul. Il suo sguardo sul ventennio si concentra anche su temi sociali, a cominciare dalle pari opportunità. “Erdogan e il suo partito Akp hanno promosso molte norme a supporto dell’occupazione femminile ma ha sempre considerato le donne, anche per caratteristiche genetiche, come primariamente destinate alla cura della casa e della famiglia” sottolinea la professoressa. “L’opposizione sembra invece più inclusiva, anche rispetto ai diritti Lgbtq+: eredita quella tradizione kemalista che garantì il diritto di voto delle donne già negli anni Trenta del secolo scorso”.

Domenica si vedrà, che sia ballottaggio o meno. Secondo Scotti, “l’affluenza nei seggi allestiti all’estero già superiore al 50 per cento conferma che la partecipazione sarà alta”. Nell’equazione entrerà di sicuro il ritiro annunciato giovedì scorso da un terzo candidato, Muharrem Ince, a capo del partito Patria. I sondaggi lo davano in calo, nell’arco di alcuni mesi, dall’8 al 2 per cento. Secondo Scotti, “è possibile che la sua passata militanza nel Chp favorisca un passaggio di voti verso Kilicdaroglu ma non è detto che vada così”. Ci sperano i sostenitori del Partito democratico dei popoli (Hdp), forza di sinistra solidale con i curdi, più numerosi degli aleaviti ma sempre minoranza: in parlamento promettono l’appoggio esterno a un governo per una Turchia post-Erdogan.

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