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Tumore al seno: Friuli-Venezia Giulia modello virtuoso per la ricerca

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Tumore al seno, Friuli-Venezia Giulia modello virtuoso per adesione agli screening e ricerca. Preoccupa però l’elevato consumo di alcol

Il Friuli-Venezia Giulia è ai primi posti in Italia per numero di nuovi casi di tumore della mammella. Ogni anno si registrano oltre 1.300 diagnosi con un tasso di 170 casi ogni 100.000 donne, superiore rispetto alla media nazionale.

Tra i fattori che possono influenzare l’incidenza, la maggiore longevità rispetto ad altre Regioni italiane e la buona adesione agli esami di screening. Tuttavia, preoccupano alcuni stili di vita meno sani, tra cui l’eccessivo consumo di alcol.

È quanto emerso a Focus sul Carcinoma Mammario, il convegno scientifico che da 20 anni riunisce in Friuli i più importanti esperti nazionali ed internazionali sulla neoplasia.

“A partire dal 2000, abbiamo osservato un graduale incremento della sopravvivenza e, oggi, oltre 22mila donne vivono in Regione con una diagnosi di tumore mammario – afferma Fabio Puglisi, professore ordinario di Oncologia Medica dell’Università di Udine, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica presso l’IRCCS CRO di Aviano e Responsabile Scientifico del Convegno -. È un dato in linea con quello nazionale, e la prognosi delle donne che si ammalano è in costante miglioramento grazie all’introduzione di farmaci innovativi e all’incremento delle diagnosi precoci. In particolare, in Regione il programma di screening mammografico si rivela efficiente come dimostrato dalla capacità di recuperare in breve tempo gli esami non effettuati a causa del Covid-19. La malattia ha comunque un forte impatto sul nostro sistema sanitario regionale e dobbiamo agire per agevolare i percorsi di cura e per migliorare la prevenzione primaria”.

“L’alcol è uno dei più rilevanti fattori di rischio del tumore del seno anche se vi è una tendenza a sottovalutarlo – aggiunge Saverio Cinieri, Presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM) -. Non va assolutamente criminalizzato il consumo di bevande, come vino e birra, però numerose pubblicazioni scientifiche hanno evidenziato il collegamento con la neoplasia mammaria. Vi sono poi altri fattori di rischio conclamati come quelli riproduttivi-ormonali tra cui il menarca precoce, una menopausa tardiva, la nulliparità o l’età più avanzata alla prima gravidanza. Infine, non va dimenticata la sedentarietà, una ‘malattia’ che colpisce il 31% degli adulti italiani e il 18% della popolazione del Friuli-Venezia Giulia”.

Il Focus sul Carcinoma Mammario è giunto alla sua ventesima edizione e questo rappresenta l’occasione per ripercorre gli avanzamenti scientifici degli ultimi due decenni. “Nei primi anni 2000 la sopravvivenza a cinque anni era poco più del 76% mentre ora siamo arrivati quasi al 90% – sottolinea Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Senologia e Toraco-Polmonare dell’Istituto Tumori Pascale di Napoli -. Il merito di questo straordinario successo è da ricercare nella nostra maggiore capacità di definire e individuare i vari sottotipi di carcinoma mammario. Da questo passa la forte crescita del nostro arsenale terapeutico anche per le forme più gravi della malattia”. “Oggi si parla di medicina di precisione ma, nel caso della patologia mammaria, è interessante analizzare il concetto di chirurgia di precisione – prosegue Samuele Massarut, Direttore dell’Oncologia Chirurgica Senologica del CRO di Aviano -. Gli interventi sono sempre più personalizzati in base alle caratteristiche delle pazienti e della malattia. In molti casi, può essere evitata la linfadenectomia ascellare, a livello mammario si è sempre più conservativi, la chirurgia ricostruttiva consente di raggiungere ottimi risultati e, laddove il contesto clinico lo consente, può essere proposto il trattamento radiante intraoperatorio”. “Una delle sfide più difficili che tutti i giorni dobbiamo affrontare sono i tumori mammari in fase metastatica – spiega Lucia Del Mastro, Professore Ordinario e Direttore della Clinica di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova -. Sono circa 14mila i nuovi casi che registriamo ogni anno in tutta Italia e per queste donne è fondamentale definire un percorso di cura il più possibile personalizzato e che rientri sempre in una gestione multidisciplinare della neoplasia. Le decisioni terapeutiche non devono essere prese solo dall’oncologo ma di concerto con figure professionali delle varie discipline”.

“In questi ultimi 20 anni il ruolo dell’anatomo-patologo è cresciuto esponenzialmente ed ha assunto una rilevanza fondamentale – conclude il prof. Giuseppe Viale, Direttore del Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano -. La ricerca internazionale, anche grazie a importanti contributi italiani, è riuscita a identificare dei biomarcatori specifici per le varie forme di neoplasia mammaria. Questi rappresentano dei bersagli per le nuove terapie che hanno dimostrato di essere efficaci sia nella malattia avanzata che in quella precoce. Si contano almeno sette diversi biomarcatori per altrettanti trattamenti”.

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