Il telescopio spaziale Ixpe ha osservato il cuore della Nebulosa del Granchio e grazie allo studio dell’emissione di raggi X polarizzati ha ricostruito la struttura del campo magnetico
Il telescopio spaziale Imaging X-ray Polarimetry Explorer (Ixpe), nato dalla collaborazione tra la Nasa e l’Agenzia spaziale italiana (Asi), ha osservato il cuore della Nebulosa del Granchio e grazie allo studio dell’emissione di raggi X polarizzati ha permesso di ricostruirne per la prima volta la struttura del campo magnetico. Le osservazioni ad alta risoluzione di Ixpe hanno anche permesso la prima identificazione dell’emissione di raggi X polarizzati emessi dalla pulsar che si trova all’interno della nebulosa. Questi risultati gettano nuova luce sulla struttura interna di questo sistema, dove le particelle vengono accelerate ad alte energie e viene prodotta radiazione non termica, e allo stesso tempo pongono importanti vincoli agli attuali modelli teorici che descrivono il comportamento della pulsar e della nebulosa che la circonda.
La pulsar del Granchio e la sua nebulosa sono tra i sistemi astrofisici più studiati e costituiscono uno degli ambienti più affascinanti e promettenti dove si possono osservare fenomeni cosmici di alta energia come l’accelerazione delle particelle, la fisica dei plasmi relativistici e i processi non termici. Sono nate insieme – nebulosa e pulsar del Granchio – dall’esplosione di una supernova osservata in Cina la notte del 4 luglio 1054, e condividono altri primati: il primo oggetto nel Catalogo Messier, il primo resto di supernova identificato, la prima sorgente di radiazione di sincrotrone, la prima radio sorgente identificata con una controparte ottica, solo per citarne alcuni.
Dal lancio del satellite Oso-8 nel 1975, la Nebulosa del Granchio è stata la prima e per molto tempo l’unica sorgente di raggi X la cui polarizzazione fosse rilevata. La polarizzazione nelle sorgenti di sincrotrone, dove la radiazione è prodotta da elettroni relativistici che spiraleggiano in un campo magnetico, suggerisce agli scienziati in quale direzione è orientato il campo magnetico medio, e in parte quanto è ordinato questo stesso campo magnetico. I raggi X, d’altra parte, provengono dalle stesse regioni in cui quegli elettroni sono accelerati.
Lanciata nello spazio il 9 dicembre 2021, Ixpe è una missione interamente dedicata allo studio dell’universo attraverso la misura della polarizzazione dei raggi X. Utilizza tre telescopi installati a bordo con rivelatori finanziati dall’Asi e sviluppati da un team di scienziati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), con il supporto industriale di Ohb-Italia.
Le nuove scoperte della prima osservazione Ixpe della nebulosa e della pulsar del Granchio sono presentate nello studio pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy. Il team internazionale di ricercatori che ha firmato lo studio è guidato da Niccolò Bucciantini dell’Inaf che spiega: «Questi risultati senza precedenti dimostrano che la polarimetria a raggi X ci offre un’opportunità unica di indagare direttamente le condizioni fisiche, ancora poco conosciute, che portano all’accelerazione delle particelle, in un modo che nessun’altra tecnica permette di fare».
«La tanto attesa nuova misura della polarizzazione dei raggi X della nebulosa del Granchio arriva oggi grazie ai rivelatori Gas Pixel Detector progettati nei laboratori Infn. Dopo aver confermato nel 2020, con il nanosatellite PolarLight, la misura storica del 1975 delle proprietà medie della sorgente, questi dispositivi hanno permesso ad Ixpe di ricavare la prima mappa dettagliata del campo magnetico della regione, a partire dalla mappa della polarizzazione della radiazione emessa», spiega Luca Baldini, ricercatore Infn dell’Università di Pisa.
«Ixpe ha confermato il risultato precedentemente ottenuto con il satellite OSO-8 e ci ha dato informazioni uniche sulla fisica in gioco in questa classe di sorgenti», dice Andrea Marinucci, program manager Asi di Ixpe.
Insieme alle immagini ad alta risoluzione fatte in passato da Chandra, l’osservatorio a raggi X della Nasa, ora è possibile ottenere un’immagine più coerente e dettagliata di questo oggetto. Il campo magnetico interno mostra una struttura “toroidale” ben definita, avvolgendosi tutt’intorno alla nebulosa dalla forma simile a una ciambella, con regioni locali ad altissimo livello di polarizzazione: tipico indice di debole turbolenza.
Contrariamente alle aspettative, la distribuzione della turbolenza appare più irregolare di quanto si pensasse in precedenza. «Questa è una chiara indicazione che anche i modelli più complessi sviluppati in passato con l’uso di tecniche numeriche avanzate, non avevano colto appieno la complessità di questo oggetto» specifica Bucciantini.
L’alta risoluzione delle osservazioni di Ixpe ha inoltre consentito agli scienziati di “isolare” l’emissione proveniente dalla pulsar centrale da quella della nebulosa circostante. Questa emissione di raggi X ha origine probabilmente nella magnetosfera della pulsar ma – a più di cinquant’anni dalla scoperta della pulsar – esattamente dove e come rimangono un mistero.
Oggi i modelli più accreditati che descrivono il comportamento di questo sistema privilegiano le emissioni provenienti dalla cosiddetta “regione del vento” a più di 1500 km di distanza dalla pulsar. Sebbene le misure di Ixpe non corrispondano completamente a nessuno dei modelli attuali, sembrano essere meno in disaccordo con i modelli che prevedono che l’emissione provenga da regioni lontane (il vento) piuttosto che con quelli che sostengono un’origine nella magnetosfera interna.
Come spesso in passato, anche questa volta, con l’apertura di una nuova finestra osservativa, si sono risolte vecchie questioni ma nuove sfide attendono gli scienziati sulla nebulosa e sulla pulsar del Granchio, che si sono rivelati ancora una volta un mistero irrisolto e ricco di risposte che aspettano di essere scoperte.
Per saperne di più:
- L’articolo “Simultaneous space and phase resolved X-ray polarimetry of the Crab Pulsar and Nebula” di Niccolò Bucciantini, Riccardo Ferrazzoli, Matteo Bachetti, John Rankin, Niccolò Di Lalla, Carmelo Sgrò, Nicola Omodei, Takao Kitaguchi, Tsunefumi Mizuno, Shuichi Gunji, Eri Watanabe, Luca Baldini, Patrick Slane, Martin C. Weisskopf, Roger W. Romani, Andrea Possenti, Herman L. Marshall, Stefano Silvestri, Luigi Pacciani, Michela Negro, Fabio Muleri, Emma de Oña Wilhelmi, Fei Xie, Jeremy Heyl, Melissa Pesce-Rollins, Josephine Wong, Maura Pilia, Iván Agudo, Lucio A. Antonelli, Wayne H. Baumgartner, Ronaldo Bellazzini, Stefano Bianchi, Stephen D. Bongiorno, Raffaella Bonino, Alessandro Brez, Fiamma Capitanio, Simone Castellano, Elisabetta Cavazzuti, Chien-Ting Chen, Stefano Ciprini, Enrico Costa, Alessandra De Rosa, Ettore Del Monte, Laura Di Gesu, Alessandro Di Marco, Immacolata Donnarumma, Victor Doroshenko, Michal Dovčiak, Steven R. Ehlert, Teruaki Enoto, Yuri Evangelista, Sergio Fabiani, Javier A. Garcia, Kiyoshi Hayashida, Wataru Iwakiri, Svetlana G. Jorstad, Philip Kaaret, Vladimir Karas, Fabian Kislat, Jeffery J. Kolodziejczak, Henric Krawczynski, Fabio La Monaca, Luca Latronico, Ioannis Liodakisu, Simone Maldera, Alberto Manfreda, Frédéric Marin, Andrea Marinucci, Alan P. Marscher, Francesco Massaro, Giorgio Matt, , Ikuyuki Mitsuishi, C.-Y. Ng, Stephen L. O’Dell, Chiara Oppedisano, Alessandro Papitto, George G. Pavlov, Abel L. Peirson, Matteo Perri, Pierre-Olivier Petrucci, Juri Poutanen, Simonetta Puccetti, Brian D. Ramsey, Ajay Ratheesh, Oliver J. Roberts, Paolo Soffitta, Gloria Spandre, Doug Swartz, Toru Tamagawa, Fabrizio Tavecchio, Roberto Taverna, Yuzuru Tawara, Allyn F. Tennant, Nicolas E. Thomas, Francesco Tombesi, Alessio Trois, Sergey Tsygankov, Roberto Turolla, Jacco Vink, Kinwah Wu, Silvia Zane è stato pubblicato oggi sulla rivista Nature Astronomy.