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Artrite reumatoide: farmaci anti-TNF proteggono il cuore

Artrite acuta sindrome metabolica

I farmaci anti-TNF avrebbero un effetto favorevole sulla riduzione del rischio cardiovascolare in pazienti affetti da artrite reumatoide

farmaci anti-TNF avrebbero un effetto favorevole sulla riduzione del rischio CV in pazienti affetti da artrite reumatoide (AR). Questo il responso di una nuova rassegna sistematica della letteratura con metanalisi annessa, pubblicata su Clinical Rheumatology.

Razionale e disegno dello studio
I pazienti affetti da AR si caratterizzano, notoriamente, per una maggiore prevalenza dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare e la probabilità di eventi cardiovascolari in questi pazienti è superiore a quella prevista sulla base della sola prevalenza di questi fattori di rischio.  Ciò suggerisce che l’infiammazione cronica può contribuire allo sviluppo e all’instabilità della placca aterosclerotica e alcuni studi suggeriscono come l’aumento del rischio CVD possa essere ridotto controllando l’infiammazione.

Alcuni studi hanno suggerito che l’impiego degli inibitori del TNF-alfa sarebbe associato a benefici per quanto riguarda il rischio cardiovascolare del paziente, potenzialmente riducendo direttamente l’infiammazione a livello della parete arteriosa dei vasi. Per determinare gli effetti degli inibitori del TNF sull’aterosclerosi subclinica in modo non invasivo si possono utilizzare endpoint surrogati, come i marcatori di rigidità (stiffness) arteriosa e di spessore della parete arteriosa.

Nell’ultimo decennio, i ricercatori hanno notato che, a fronte di una maggiore attenzione all’impatto CV dell’AR, mancavano risultati sugli effetti degli inibitori del TNF.
Di qui l’obiettivo di focalizzare l’attenzione su una migliore valutazione dei marcatori surrogati per rivelare la reale esistente o meno di un beneficio derivante dall’impiego di una classe di DMARD comunemente impiegati nell’AR anche sulla salute CV.

A tal scopo, i ricercatori hanno condotto una ricerca sistematica di letteratura sui principali database bibliografici biomedici (MEDLINE, EMBASE, clinicaltrials.gov e WHO Clinical Trials Registry) volta ad identificare tutti i trial clinici randomizzati e controllati, gli studi prospettici di coorte e gli studi clinici non randomizzati pubblicati fino a settembre 2021 che avevano valutato gli effetti degli inibitori del TNF, somministrati in pazienti con AR:
– sulla velocità dell’onda sfigmica (PWV), un parametro che  caratterizza la rigidità arteriosa – la PWV carotido-femorale è generalmente considerata il gold standard per la sua elevata affidabilità e per l’elevato valore predittivo di eventi cardiovascolari in maniera indipendente dal ruolo dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare

– sull’Augmentation Index (Aix), cioè il rapporto tra l’ampiezza dell’onda riflessa meno l’ampiezza dell’onda diretta e la pressione differenziale, altro indicatore di rigidità arteriosa

– sullo spessore dell’intima media (IMT) – l’IMT carotideo e femorale sono marker precoci di aterosclerosi)

A ciò è seguita una metanalisi che ha valutato i cambiamenti di queste misure dopo la terapia in diversi periodi di follow-up.

Risultati principali
La ricerca di letteratura ha portato ad identificare 30 studi, 23 dei quali sono stati inclusi nella metanalisi. Dei 30 studi inclusi, 14 riportavano la PWV, mentre 11 riportavano l’AIx e 19 l’IMT.

La metanalisi ha valutato i dati relativi 907 pazienti con AR, aventi un’età media di 54 anni. Dai risultati è emersa una diminuzione sia di PWV che di AIx dopo il trattamento (PWV: differenza media (MD)= -0,51 m/s (IC95%: -0,96, -0,06), p=0,027; AIx: MD= -0,57% (IC95% -2,11, 0,96), p=0,463; analisi di sensibilità AIx: MD= -1,21% (IC95%: -2,60, 0,19), p=0,089).

Per quanto riguarda l’IMT, invece, si è registrato un leggero aumento nei primi mesi di follow-up, che però è scomparso nel lungo termine (MD complessivo= -0,01 mm (IC95%: -0,04, 0,02), p=0,615).

Considerazioni conclusive
Nel commentare i dati, i ricercatori, hanno sottolineato come “…i risultati ottenuti indichino un effetto favorevole dei farmaci anti-TNF sui marker surrogati noti di malattia CV subclinica e, quindi, sul rischio CV”.
Quanto ai limiti dello studio, i ricercatori non hanno nascosto l’esistenza di un’elevata eterogeneità dei dati provenienti dagli studi inclusi nella metanalisi, sia con riferimento all’analisi in toto che a quella per sottogruppi con tempi di follow-up maggiori (pari o superiori ad un anno).

L’auspicio dei ricercatori è quello di avere a breve nuovi dati provenienti da studi con periodi di follow-up più lunghi, al fine di correlare quanto da loro osservato con endpoint CV “hard” e considerando anche lo stadio di malattia e il farmaco anti-TNF specificamente utilizzato.

Bibliografia
Abdulmajid B et al. Effect of TNF inhibitors on arterial stiffness and intima media thickness in rheumatoid arthritis: a systematic review and meta-analysis. Clin Rheumatol (2023). https://doi.org/10.1007/s10067-023-06505-y
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