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Perdere peso: la chiave sono dimensioni e numero di pasti giornalieri

Lotta all'obesità: il triplo agonista sperimentale di Lilly, retratutide, ha stabilito un nuovo primato con un calo ponderale del 24%

Per perdere peso contano più le dimensioni e il numero dei pasti giornalieri, come rilevato da uno studio prospettico condotto su oltre 500 adulti

Va bene il digiuno intermittente, va bene la tempistica dell’assunzione di cibo, ma per perdere peso contano più le dimensioni e il numero dei pasti giornalieri, come rilevato da uno studio prospettico condotto su oltre 500 adulti in un arco temporale di 6 anni pubblicato sul Journal of the American Heart Association.

Alcuni studi suggeriscono che la tempistica dei pasti, con un’alimentazione limitata nel tempo o il digiuno intermittente, può favorire la perdita di peso, ma queste strategie hanno portato a un calo ponderale simile a quello ottenuto mangiando durante il giorno negli studi randomizzati, quindi sono necessari studi basati sulla popolazione che valutino gli intervalli tra i pasti e le variazioni di peso, hanno scritto il primo autore Di Zhao e colleghi della Johns Hopkins University di Baltimora.

«L’obesità è un’epidemia» ha ricordato in un’intervista l’autore senior Wendy Bennett. «Siamo interessati a identificare i modi per prevenire l’aumento di peso nel tempo e ridurre il rischio di obesità, dal momento che consigliare alle persone di mangiare meno non sempre funziona».

Le dimensioni dei pasti influiscono sulle variazioni del peso 
Per lo studio, i ricercatori hanno reclutato 1.017 pazienti adulti che appartenevano a uno di tre sistemi sanitari inclusi nel PaTH Clinical Research Network (Johns Hopkins Health System, Geisinger Health System, University of Pittsburgh Medical Center), coinvolgendo alla fine i 547 soggetti dei quali erano disponibili i dati completi.

I partecipanti hanno scaricato un’app chiamata Daily24 per registrare i tempi dei pasti e del sonno per almeno 1 giorno. Tramite le cartelle cliniche elettroniche sono state ottenute le informazioni sul peso e sulle comorbilità dei soggetti fino a 10 anni prima dell’arruolamento e per i 10 mesi successivi all’iscrizione allo studio. L’età media dei partecipanti era 51,1 anni, il 78% erano donne, il 78% erano bianchi e l’indice di massa corporea (BMI) medio era di 30,8 kg/m2.

L’intervallo medio dal primo all’ultimo pasto era di 11,5 ore e non era associato a variazioni di peso. I tempi medi dal risveglio al primo pasto e dall’ultimo pasto al sonno erano rispettivamente di 1,6 ore e 4,0 ore, e non erano associati a variazioni di peso durante il periodo di follow-up. Lo stesso per la durata media del sonno (7,5 ore).

Tuttavia il numero totale giornaliero di pasti abbondanti e medi è stato associato all’aumento di peso nel tempo, mentre quanti hanno riferito pasti più contenuti hanno mostrato una perdita di peso. L’aggiunta giornaliera di un pasto abbondante, medio o piccolo è stata associata a una variazione di peso media annua rispettivamente di 0,69 kg, 0,97 kg e –0,30 kg.

I benefici di mangiare in un tempo limitato restano poco chiari
«Gli studi sugli animali hanno mostrato benefici con l’alimentazione a tempo limitato, ma ci sono ancora dubbi sul fatto che aiuti o meno a prevenire l’aumento di peso o ne promuova la perdita negli esseri umani» ha osservato Bennett. «I risultati dello studio attuale non ci hanno sorpresi, infatti gli esseri umani sono più complicati degli animali e hanno comportamenti complessi, specialmente relativi all’assunzione di cibo».

«Abbiamo dimostrato che le finestre di alimentazione (mangiare per periodi di tempo più o meno lunghi in un giorno) non erano associate al cambiamento di peso nel tempo tra i pazienti di tre sistemi sanitari» ha commentato. «L’implicazione principale è che limitare la finestra alimentare, come mangiare per meno tempo o trascorrere più tempo a digiuno, potrebbe non influire sull’aumento del peso nel tempo, che invece è risultato inferiore consumando meno pasti abbondanti ».

I risultati sono stati limitati da diversi fattori, tra cui l’esclusione di molti individui più giovani e meno istruiti, il breve periodo di follow-up e la mancanza di informazioni sull’intenzione di perdere peso al basale, hanno fatto presente i ricercatori. Altre limitazioni includevano l’incapacità di valutare l’alimentazione o il digiuno a tempo limitato e l’inclusione di individui attualmente in cerca di assistenza, il che potrebbe limitare la generalizzabilità degli esiti ottenuti.

Tuttavia, gli esiti sono stati rafforzati misurazioni del peso ripetute, informazioni dettagliate sui fattori di rischio dell’obesità e valutazione in tempo reale dei comportamenti alimentari.

«In sintesi lo studio non supporta un’alimentazione in un tempo limitato come strategia di perdita di peso a lungo termine e sono necessari ulteriori ricerche con un periodo di follow-up più lungo» hanno concluso gli autori. «Tuttavia questo approccio potrebbe avere un ruolo come metodo di controllo totale delle calorie. Altri studi dimostrano infatti che potrebbe aiutare le persone a ridurre l’apporto calorico e quindi perdere peso, quindi può ancora essere uno strumento utile per coloro che sono in grado di aderirvi».

Referenze

Zhao D et al. Association of Eating and Sleeping Intervals With Weight Change Over Time: The Daily24 Cohort. J Am Heart Assoc. 2023 Jan 18;e026484. 

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