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Atrofia muscolare spinale: scoperta nuova potenziale terapia

Il sangue aiuta a diagnosticare l’atrofia muscolare spinale: all’ospedale Gaslini di Genova è stato individuato il primo bimbo affetto da questa malattia 

Atrofia muscolare spinale, studio dell’Università di Torino individua una nuova potenziale terapia. Parla la Prof.ssa Riccarda Granata

Nel 1977 l’endocrinologo statunitense Andrew Schally è stato insignito del Premio Nobel per la Medicina grazie alle sue scoperte sul funzionamento degli ormoni proteici a livello dell’encefalo; a quarantasei anni da allora, i suoi studi si sono incrociati con quelli degli scienziati dell’Università di Torino per aprire un nuovo canale di ricerca sull’atrofia muscolare spinale (SMA). Infatti, pochi giorni fa, in un comunicato stampa dell’Istituto torinese sono stati riportati gli esiti di una collaborazione con il team del prof. Schally, grazie a cui è stato dimostrato che una molecola sintetica, chiamata MR-409, è in grado di rallentare la progressione della SMA in un modello animale della malattia.

LA PREMESSA: LE RICERCHE SULL’ORMONE GHRH

Protagonista dello studio sull’atrofia muscolare spinale, i cui risultati sono apparsi sulla prestigiosa rivista americana Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), è la prof.ssa Riccarda Granata, della Divisione di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo (direttore prof. Ezio Ghigo) presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino, la quale, insieme al prof. Alessandro Vercelli e alla prof.ssa Marina Boido, del Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”, ha indagato il ruolo di MR-409 in un modello murino di SMA.

MR-409 è una delle molte molecole conosciute come analoghi del GHRH (Growth Hormone-Releasing Hormone), cioè del neurormone che stimola il rilascio dell’ormone della crescita”, spiega Riccarda Granata, professoressa associata di Endocrinologia all’Università Torino. “Già nel 2009 il nostro gruppo di ricerca aveva pubblicato un articolo sulla rivista Cardiovascular Research nel quale erano stati dimostrati gli effetti di cardioprotezione esercitati dal GHRH in modelli di infarto del miocardio. Successivamente, un altro articolo pubblicato sulla rivista PNAS aveva confermato gli effetti di GHRH e MR-409 in modelli di ipertrofia cardiaca”.

Infatti, GHRH è un ormone proteico che ha molteplici implicazioni, essendo coinvolto in svariati processi di proliferazione cellulare, perciò la ricerca del prof. Schally si è concentrata sulla produzione di una classe di molecole, fra cui MR-409, più stabili rispetto all’ormone naturale ma capaci di esercitare i suoi effetti in diverse condizioni. Infatti, con la pubblicazione sulla rivista Endocrinology di una serie di dati che confermavano l’effetto protettivo di GHRH sulle cellule muscolari è giunta ai ricercatori torinesi la spinta decisiva ad indagare le capacità che MR-409 ha di migliorare l’atrofia del muscolo anche in un modello di SMA. “Pertanto, sulla base di questi presupposti si è sviluppata la collaborazione col gruppo di Vercelli e Boido”, spiega Granata. “Abbiamo così unito le nostre competenze sulle molecole e sulla malattia”.

MR-409: UNA MOLECOLA CHE PROMETTE DI CONTRASTARE LA SMA

L’atrofia muscolare spinale è una malattia neuromuscolare ed è provocata da mutazioni a danno del gene SMN1 che compromettono il corretto funzionamento della proteina SMN, fondamentale per la sopravvivenza dei motoneuroni. La patologia provoca debolezza e atrofia muscolare progressiva che interessano, in particolar modo, gli arti inferiori e i muscoli respiratori. Fortunatamente, rispetto al passato, oggi esistono farmaci in grado di rallentare la progressione della malattia e migliorare la sopravvivenza dei bambini affetti da SMA, ma spesso tali soluzioni sono destinate ad alcuni sottogruppi di pazienti e non rappresentano una cura definitiva, perciò occorre far procedere la ricerca scientifica verso la scoperta di nuove ed efficaci alternative.

“Nel nostro modello di studio abbiamo osservato come la somministrazione di MR-409 incidesse sui sintomi derivanti dalla carenza della proteina SMN”, chiarisce ancora Granata. “Innanzitutto, è stato possibile notare un miglioramento delle funzioni motorie degli esemplari di topo trattati, che si muovevano meglio dopo aver ricevuto la molecola. La loro muscolatura è apparsa più sviluppata rispetto agli animali non trattati ed è migliorato anche lo sviluppo dei motoneuroni. Infine, abbiamo osservato una riduzione dell’infiammazione a livello del midollo spinale”. Complessivamente, gli esemplari di topo che avevano ricevuto MR-409 stavano meglio ed erano più grandi rispetto agli altri, con un miglioramento delle complicazioni generali causate alla patologia.

UN FUTURO DI GRANDI ASPETTATIVE

Tali risultati suggeriscono che MR-409 possa rappresentare un potenziale farmaco, in associazione ad altre terapie, per il trattamento della SMA”, conclude Granata. “Attualmente, però, MR-409 non è ancora disponibile per uso umano. Ci stiamo confrontando con i colleghi dell’Università di Miami, [proprietaria del brevetto della molecola sviluppata dal prof. Schally, N.d.R] i quali si stanno a loro volta adoperando per apportare alcune modificazioni chimiche con cui rendere più stabile la molecola. Successivamente si potrà procedere con gli studi di tossicità e poi con le varie fasi di sperimentazione clinica del farmaco”.

Ci vorrà ancora qualche anno, quindi, perché questa classe di molecole, definite “agoniste di GHRH” (perché si legano al recettore di GHRH in maniera analoga all’ormone naturale, stimolando la via di segnalazione da esso indotta), possa raggiungere il mercato, ma i ricercatori torinesi hanno fiducia che con l’avanzare delle ricerche possano emergere ulteriori risultati incoraggianti, in primo luogo nella SMA.

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