Site icon Corriere Nazionale

Leucemia mieloide: terapia di induzione con CPX-351 efficace

revumenib zanubrutinib titina gilteritinib ail ivosedinib in compresse ponatinib leucemia azacitidina ziftomenib

Leucemia mieloide acuta: terapia di induzione con CPX-351 permette di ottenere un tasso di remissione completa superiore rispetto a regime chemioterapico con fludarabina

Nei pazienti con leucemia mieloide acuta secondaria a sindrome mielodisplastica (s-AML) o correlata alla terapia (t-AML), la terapia di induzione con CPX-351 permette di ottenere un tasso di remissione completa superiore rispetto a un trattamento con un regime chemioterapico a base di fludarabina, con un tasso più elevato di negatività della malattia minima residua (MRD), e dunque, risposte più profonde. Lo attestano i risultati di uno studio tutto italiano condotto presso l’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, risultati presentati al 64° meeting dell’American Society of Hematology (ASH).

I dati, inoltre, confermano il ruolo prognostico dell’MRD-negatività, anche in questa popolazione di pazienti, e la sua correlazione con una maggiore probabilità di sopravvivenza a lungo termine.

Ancora pochi dati sul ruolo prognostico dell’MRD nei pazienti trattati con CPX-351
L’elevato valore prognostico dell’MRD nei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta sottoposti a terapia di induzione intensiva è stato già confermato molti studi. Le tecniche di valutazione dell’MRD più ampiamente utilizzate includono la citometria a flusso multicolor (MFC) e la RT-PCR per le lesioni genetiche ricorrenti, mentre per i pazienti privi di marcatori specifici viene eseguita una valutazione molecolare del marker pan-leucemico WT1 mediante la RT-PCR.

Tuttavia, spiegano nell’introduzione del loro abstract Fabio Guolo e i colleghi, negli studi clinici in cui si valuta l’MRD nella leucemia mieloide acuta vengono inclusi soprattutto i pazienti più giovani che ricevono un’induzione convenzionale con il regime 7+3. Di conseguenza, la leucemia mieloide acuta secondaria, che evolve da una precedente sindrome mielodisplastica, e quella correlata alla terapia, forme che tipicamente colpiscono i pazienti anziani, sono di solito sottorappresentate in questi studi.

CPX-351, una formulazione liposomiale di citarabina e daunorubicina, incapsulate con un rapporto molare fisso di 5:1, è stato approvato dalle agenzie americana e europea per il trattamento dei pazienti con s-AML e t-AML sulla base dello studio di fase 3 301(pubblicato nel 2018 sul Journal of Clinical Oncology), nel quale ha dimostrato di fornire un beneficio significativo di sopravvivenza rispetto al regime standard 7 + 3.

Tuttavia, sottolineano gli autori, dato che in questo studio non è stata valutata l’MRD, ci sono ancora pochi dati sulla cinetica e sul valore prognostico della MRD nei pazienti anziani affetti da s-AML e t-AML sottoposti all’induzione con CPX-351.

Lo studio italiano e i suoi obiettivi
Obiettivo dei ricercatori italiani nello lavoro presentato all’ASH era appunto colmare questa lacuna, e in particolare determinare il valore prognostico dell’MRD e definire il momento migliore per la sua valutazione mediante citometria a flusso multicolor e il marker WT1 in una coorte di pazienti anziani con s-AML o t-AML sottoposti a un trattamento di induzione con CPX-351.

Tre sono state le valutazioni della MRD effettuate: dopo l’induzione (TP1), dopo il primo consolidamento (TP2) e alla fine del trattamento (TP3)

Gli autori hanno poi confrontato i dati ottenuti con le valutazioni dell’MRD in una coorte di pazienti con s-AML o t-AML trattati con un regime contenente fludarabina, citarabina ad alte dosi e idarubicina aggiustato per età (FLAI3). Nelle due coorti l’analisi della MRD è stata eseguita con le stesse metodiche e le stesse tempistiche.

Nello studio sono stati analizzati 151 pazienti anziani over 60 (età mediana 68 anni; range: 60-77) affetti da s-AML o t-AML e trattati fra il gennaio 2005 e il gennaio 2020 con CPX-351 (50 pazienti) o il regime FLAI (101 pazienti, di cui 72 trattati anche con gemtuzumab ozogamicina).

L’MRD è stata analizzata in tutti i pazienti che hanno raggiunto la remissione completa sia con l’MFC sia attraverso i livelli di espressione del marcatore WT1.

Più remissioni complete e risposte più profonde con CPX-351
Dopo il primo ciclo di induzione, il 74,3% dei pazienti ha raggiunto la remissione completa.

Tuttavia, nei pazienti trattati con CPX-351 si è osservato un tasso di remissione completa significativamente più alto rispetto ai pazienti trattati con il regime FLAI: 84% contro 60,5%, (P < 0,05). Aggiungere gemtuzumab ozogamicina al regime FLAI non ha aumentato il tasso di remissione completa.

Complessivamente, nelle due coorti, si è registrato un tasso di remissione completa con MRD negativa del 45,3% quando l’MRD è stata valutata mediante MFC e del 47,4% quando è stata valutata con il metodo basato sul marcatore WT1.

La probabilità di ottenere la remissione completa con negatività della MRD (misurata mediante MFC) è risultata, però, significativamente più alta nei pazienti trattati con CPX-351 rispetto ai pazienti trattati con il regime FLAI, con o senza gemtuzumab ozogamicina: 69,8% contro 27,6% (P < 0,05).


Correlazione significativa fra MRD e sopravvivenza
In entrambe le coorti, il dato di MRD che ha fornito informazioni più significative in termini di previsione di sopravvivenza è stato quello valutato dopo il primo ciclo di terapia (TP1). Inoltre, scrivono i ricercatori, le valutazioni dell’MRD basate sul marcatore WT1 hanno dato risultati analoghi,

Nell’ analisi multivariata, l’MRD-negatività è risultata correlata in modo significativo a una maggiore probabilità di sopravvivenza globale (OS) a lungo termine in entrambi i gruppi di trattamento. Infatti, l’OS a 2 anni è risultata del 34% nei pazienti che avevano un’MRD residua dopo l’induzione e del 77% in quelli che, invece, risultavano MRD-negativi (P < 0,05).

Anche il trapianto allogenico di cellule staminali di consolidamento è risultato significativamente correlato a un’OS più prolungata in entrambi i gruppi di trattamento (P < 0,05) e si è visto che nel gruppo trattato con CPX 351 la percentuale di pazienti in remissione completa che ha potuto procedere al trapianto è stata quasi quattro volte superiore rispetto al gruppo trattato con il regime FLAI: 28% contro 7%.

In conclusione
«La valutazione della MRD ha un forte valore prognostico anche nel contesto dei pazienti anziani affetti da s-AML e t-AML» scrivono Guolo e i colleghi nelle conclusioni del loro abstract.

«Complessivamente, il trattamento con CPX-351 si è tradotto in un tasso di remissioni complete più elevato, con risposte più profonde, se confrontato con il regime FLAI3. Questa maggiore efficacia si è tradotta in un numero significativamente più alto di pazienti anziani affetti da leucemia mieloide acuta che hanno potuto sottoposti al trapianto di cellule staminali in remissione completa, che rappresenta l’unico approccio curativo in questo particolare setting della leucemia mieloide acuta», concludono gli sperimentatori.

Bibliografia
F. Guolo, et al. Prognostic Relevance of Minimal Residual Disease in Therapy Related and Secondary Acute Myeloid Leukemia Receiving CPX-351 or Fludarabine-Based Induction. ASH 2022; abstract 4026. https://ash.confex.com/ash/2022/webprogram/Paper169394.html

Exit mobile version