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Tumore al seno: cosa cambia con l’arrivo in Italia di tucatinib

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È ora disponibile anche in Italia tucatinib, inibitore della tirosinkinasi (TKI) di terza generazione, per il trattamento di pazienti con tumore al seno

È ora disponibile anche in Italia tucatinib, inibitore della tirosinkinasi (TKI) di terza generazione, per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico HER2-positivo (HER2+) che abbiano ricevuto almeno due precedenti regimi di trattamento con agenti anti-HER2. Il farmaco ha infatti appena ricevuto la rimborsabilità da parte di AIFA, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

L’approvazione del nuovo TKI da parte dell’ente regolatorio europeo (European Medicines Agency, EMA) e la rimborsabilità del farmaco decisa da AIFA scaturiscono dai dati dello studio registrativo HER2CLIMB che ha evidenziato come, in pazienti pre trattati con almeno due linee di farmaci anti HER2, l’associazione di tucatinib, trastuzumab e capecitabina si caratterizzi per una elevata efficacia, in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e di sopravvivenza globale (OS), dimostrando inoltre per la prima volta in uno studio randomizzato prospettico e con un’analisi pre specificata, un beneficio di grande rilevanza anche nelle pazienti con metastasi cerebrali, sia attive sia stabili.

Con questa nuova opzione di trattamento si ampliano le opzioni terapeutiche a disposizione del clinico per il trattamento del tumore mammario HER2+, per cui risulta importante focalizzare le conoscenze e comprendere come e quando utilizzare i diversi farmaci per migliorare il più possibile gli outcome clinici.

Con questa finalità è stato organizzato, con il supporto di Seagen, l’incontro “Research Generator – Widening options in HER2+ metastatic breast cancer”, volto a chiarire queste necessità e ad approfondire il ruolo di tucatinib all’interno di un panorama terapeutico sempre più allargato per le pazienti con tumore del seno HER2+.

È interessante ripercorrere le tappe di sviluppo di un’innovazione terapeutica come tucatinib, che hanno permesso di raggiungere i brillanti risultati clinici documentati.

Il razionale a monte dello sviluppo di tucatinib
Tucatinib è stato sviluppato per il trattamento del tumore della mammella che overesprime sulla superficie cellulare l’oncoproteina HER2 (Human epidermal growth factor receptor 2), indicata come HER2+.

HER2 fa parte della famiglia delle proteine ErbB o famiglia dei recettori epidermici dei fattori di crescita, composta da diversi membri (HER1, HER2, HER3 e HER4). Si tratta di una proteina transmembrana costituita da un dominio extracellulare, un dominio transmembrana e un dominio intracellulare con attività tirosinkinasica.

HER2 risulta essere un recettore orfano, in quanto nessun componente della famiglia dei ligandi EGF risulta essere in grado di attivarlo. Tuttavia, il recettore è in grado di formare dimeri con altre molecole, in particolare omodimeri HER2-HER2 ed eterodimeri HER2-HER3, che rappresentano i più importanti drivers di attività proliferativa cellulare. Il processo di dimerizzazione porta alla formazione di siti idonei ad accogliere i ligandi. Il recettore HER2 attivato è coinvolto nelle vie di trasduzione del segnale che portano alla crescita e al differenziamento cellulare attraverso una reazione di fosforilazione dei residui della tirosinkinasi nel dominio citoplasmatico e all’attivazione di vie di segnale a valle, come quelle che coinvolgono la proteina kinasi attivata da mitogeni (MAPK) e la fosfatidilinositolo-4,5-bifosfato 3-kinasi (PI3K) che promuovono, in condizioni patologiche, la proliferazione, la migrazione, la sopravvivenza e l’invasione delle cellule neoplastiche.

I carcinomi mammari HER2+ rappresentano circa il 20% di tutte le neoplasie del seno. La sovraespressione di HER2 si associa a una maggiore aggressività della malattia con tassi più elevati di recidiva e di una ridotta aspettativa di vita rispetto ad altri sottotipi di neoplasie mammarie. Inoltre, i tumori al seno HER2+ hanno una maggiore attitudine a metastatizzare all’encefalo.

Attività delle terapie HER2-mirate
Le terapie odierne inibiscono in modo selettivo il segnale mediato dagli omodimeri di HER2, come trastuzumab o mediato dagli eterodimeri HER2/HER3, come pertuzumab oppure interagiscono in modo meno selettivo con più membri della famiglia HER, come i TKI di generazioni precedenti quali lapatinib, pyrotinib e neratinib. L’omodimerizzazione HER2-HER2 o l’eterodimerizzazione HER2-HER3 sono, come prima ricordato, i maggiori drivers di attività nei tumori HER2+ e tucatinib rappresenta l’unico TKI che inibisce selettivamente la chinasi HER2, riducendo la tossicità del trattamento.

Tucatinib ha dimostrato in fase 1 una notevole attività antitumorale nelle pazienti con cancro mammario HER2+ pesantemente pretrattate. Questo farmaco, tuttavia, possiede altre caratteristiche farmacologiche che ampliano l’effetto terapeutico legato all’inibizione altamente selettiva dei drivers oncogenici fondamentali nella malattia HER2+. Tucatinib ha, infatti, proprietà farmacodinamiche che rendono particolarmente vantaggiosa la sua combinazione con altri antineoplastici, in particolare trastuzumab e capecitabina. Vediamo perché.

Evidenze a supporto della combinazione di tucatinib con trastuzumab e capecitabina
Evidenze precliniche hanno mostrato che l’aggiunta di tucatinib a trastuzumab determina una maggiore inibizione del signalling di HER2 rispetto ai singoli farmaci, con un’attività di potenziamento non solo additiva ma anche sinergica.

Inoltre, questa combinazione farmacologica influisce sull’attività del sistema immunitario attraverso un duplice meccanismo.  Da un lato, è stato dimostrato, in modelli preclinici, che tucatinib promuove il recycling recettoriale, determinando così un aumento della quantità di proteina HER2 espressa sulla superficie della membrana cellulare. L’aumentata espressione di HER2 sulla membrana cellulare permette una maggiore attività di stimolo del sistema immunitario mediata da trastuzumab, in particolare delle cellule dendritiche e dei natural killer, per quanto riguarda l’immunità innata e dei linfociti CD4+ e CD8+, per quella adattativa.

Dall’altro è stato evidenziato che trastuzumab, dopo legame con il dominio extracellulare di HER2, ne induce l’internalizzazione e la degradazione, inibisce il segnale di proliferazione a valle HER2-mediato e, parallelamente, attiva le cellule del sistema immunitario nel microambiente tumorale, attraverso la cosiddetta citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC).

La scelta di associare la chemioterapia a tucatinib e trastuzumab è determinata dalla sua capacità di potenziare l’azione degli anticorpi sia nel setting precoce sia in quello avanzato del cancro mammario HER2+, grazie a una attività sul sistema immunitario e a specifici meccanismi intracellulari. In modelli preclinici, tucatinib, ha dimostrato elevata capacità di penetrazione nel sistema nervoso centrale (SNC), e quindi l’associazione con la capecitabina è stata considerata la più appropriata essendo la molecola chemioterapica dotata della più elevata capacità di raggiungere il SNC.

In ragione di questa serie di considerazioni precliniche si è, così, arrivati a individuare nell’associazione tucatinib+trastuzumab+capecitabina una nuova possibile opzione di trattamento del cancro della mammella HER2+, che è stata oggetto di studi clinici, fino al trial registrativo HER2CLIMB pubblicato nel 2020 sul New England Journal of Medicine.

Lo studio HER2CLIMB
HER2CLIMB è uno studio, randomizzato, controllato con placebo, di fase 2 in cui 612 pazienti con cancro del seno HER2+ metastatico, precedentemente trattate con almeno 2 linee terapeutiche, tra cui trastuzumab, pertuzumab e ado-trastuzumab emtansine (T-DM1), sono state randomizzate in un rapporto 2:1 a ricevere trastuzumab, capecitabina e tucatinib vs trastuzumab, capecitabina più placebo. La combinazione trastuzumab+capecitabina come trattamento di confronto è legato alla dimostrazione di migliori tassi di PFS e di OS rispetto alla combinazione lapatinib + capecitabina, documentati dai risultati dello studio CEREBEL.

Un aspetto particolarmente rilevante dello studio è l’inclusione pre-pianificata di 291 pazienti (47,5%) con metastasi cerebrali al basale [198 (48,3%) nel gruppo tucatinib-associazione e 93 (46,0%) nel gruppo placebo-associazione], sia stabili (trattate) sia attive (non trattate o trattate ma in progressione).

L’endpoint primario del trial era la PFS, definita come il tempo dalla randomizzazione alla progressione documentata della malattia. Gli endpoint secondari includevano la OS nella popolazione complessiva e la PFS e il tasso di risposta obiettiva (ORR) nelle pazienti con metastasi cerebrali al basale. La durata mediana del follow up della popolazione complessiva è stata di 14 mesi.

Dopo 1 anno di trattamento, circa un terzo (33,1%) delle pazienti nel braccio tucatinib era vivo senza progressione della malattia rispetto a un ottavo (12,3%) di quelle nel braccio placebo (HR per progressione della malattia o morte: 0,54; IC al 95%: 0,42-0,71, p = <0,001). La PFS mediana è stata rispettivamente di 7,8 mesi e 5,6 mesi.

L’OS stimata a 2 anni era del 44,9% nel braccio tucatinib e del 26,6% nel braccio placebo con un prolungamento della sopravvivenza di 4,5 mesi (21,9 contro 14,7 mesi).

Nella popolazione totale, il rischio di morte è inferioire del 34% inferiore nel gruppo in combinazione con tucatinib rispetto al gruppo in combinazione con placebo ( hazard ratio, 0,66; IC 95%, da 0,50 a 0,88; p = 0,005).
Studio HER2CLIMB. Curve di Kaplan-Meier per PFS (A) e OS (B) (Murphy RK et al, 2019)

Aggiornamento dei dati dopo follow-up esteso
Nel 2021 sono stati pubblicati su Annals of Oncology i risultati dell’analisi dei dati di efficacia e sicurezza dopo estensione del follow-up fino 29,6 mesi (15,6 mesi aggiuntivi dall’analisi primaria). La durata mediana dell’OS è stata di 24,7 mesi (IC al 95%: 21,6-28,9 mesi) per il gruppo di associazione tucatinib rispetto a 19,2 mesi (IC al 95%: 16,4-21,4 mesi) nel gruppo di associazione placebo (HR per morte: 0,73, IC al 95%: 0,59-0,90; P = 0,004). La percentuale di OS stimata a 2 anni era del 51% (IC al 95%: dal 46% al 56%) nel gruppo tucatinib e del 40% (IC al 95%: dal 33% al 47%) nel gruppo placebo.

La durata mediana della PFS è stata di 7,6 mesi (IC al 95%: 6,9-8,3 mesi) per il gruppo in combinazione con tucatinib rispetto a 4,9 mesi (IC al 95%: 4,1-5,6 mesi) per il gruppo in combinazione con placebo (HR per progressione della malattia o morte: 0,57, IC al 95%: 0,47-0,70, P < 0,00001). Il tasso di PFS stimato a 1 anno era del 29% (IC al 95%: 24% – 34%) nel gruppo tucatinib e del 14% (IC 95%: 9% – 20%) nel gruppo placebo. Con ulteriori 15,6 mesi di follow-up, tucatinib, aggiunto a trastuzumab e capecitabina, ha continuato a dimostrare un miglioramento significativo dell’OS, con un beneficio di sopravvivenza mediano di 5,5 mesi. Il farmaco ha mostrato un buon profilo di sicurezza.

Follow-up esteso studio HER2CLIMB. Curve Kaplan-Meier per OS (A) e PFS (B) (Curigliano G et al, 2022)

Unmet medical need nelle pazienti con metastasi cerebrali
L’analisi primaria dell’HER2CLIMB e quella sui dati relativi al follow-up esteso sono stati considerati di particolare rilevanza anche perché hanno incluso pazienti con caratteristiche simili a quelle della pratica clinica. Ma non solo. Un aspetto a cui è stato attribuito dalla comunità oncologica un valore importante da sottolineare è rappresentato dall’efficacia della combinazione tucatinib + trastuzumab + capecitabina in termini di PFS e OS nelle pazienti con metastasi cerebrali.

La metastatizzazione al cervello è una caratteristica comune del carcinoma della mammella HER2+. Le metastasi cerebrali interessano fino al 50% delle pazienti con questo tipo di neoplasia e questo riscontro è più frequente quando si proceda nelle linee di trattamento nel setting del carcinoma mammario metastatico.

L’uso della terapia sistemica per il trattamento delle pazienti con metastasi cerebrali è limitato dalle caratteristiche strutturali della barriera ematoencefalica, che a causa delle strette giunzioni cellulari inpedisce la diffusione nel parenchima cerebrale di farmaci efficaci, specialmente quelli con grandi dimensioni molecolari.

Inoltre, nelle pazienti sottoposte a terapia locale iniziale con resezione chirurgica, radiochirurgia stereotassica e/o radioterapia dell’intero encefalo, i tassi di progressione intracranica entro 6-12 mesi rimangono elevati. Nonostante i progressi nel trattamento mirato al tumore del seno HER2+, le pazienti con metastasi cerebrali continuano ad avere una prognosi sfavorevole. La metastatizzazione cerebrale rimane quindi un forte unmet need terapeutico.

HER2CLIMB, la cui popolazione era composta per quasi il 50% da pazienti con coinvolgimento metastatico del SNC, è al momento l’unico studio randomizzato con un’analisi pre-pianificata ad avere consentito l’ingresso di pazienti con metastasi cerebrali attive non precedentemente trattate.

I risultati di questo studio dimostrano come la triplice combinazione tucatinib + trastuzumab + capecitabina sia particolarmente efficace tanto in termini di PFS quanto di OS rispetto al braccio di controllo (placebo + trastuzumab+capecitabina), senza indurre effetti tossici tipici di altre molecole come quelle che inibiscono l’epidermal growth factor receptor (EGFR).

Nel dettaglio, tra le pazienti con metastasi cerebrali, la PFS stimata a 1 anno era del 24,9% (IC al 95%: 16,5 – 34,3) nel gruppo tucatinib e 0% nel gruppo placebo, e la durata mediana della PFS era 7,6 mesi (IC al 95%: 6,2 – 9,5) e 5,4 mesi (IC al 95%: 4,1 – 5,7), rispettivamente. Il rischio di progressione della malattia o di morte era inferiore del 52% nel gruppo in terapia di associazione con tucatinib rispetto al gruppo in terapia di associazione con placebo (HR, 0,48; IC al 95%: 0,34 – 0,69; p<0,001).

L’ORR intracranica era del 47,3% nel braccio tucatinib rispetto al 20% nel braccio di controllo (p = 0,03).  Nel sottogruppo di pazienti con metastasi cerebrali attive, l’OS si è prolungata di 9,6 mesi nelle pazienti trattate con tucatinib, con un HR di 0,52 (IC al 95%: 0,35 – 0,77; p=0,0008) e nelle pazienti con metastasi cerebrali trattate e stabili, l’OS mediana è aumentata di 5,2 mesi nel braccio tucatinib.

L’analisi aggiornata dei dati relativi alle pazienti con mestasti cerebrali ha evidenziato che, con un follow-up ulteriore di 15,6 mesi (per un periodo di follow-up totale di 29,6 mesi) la mediana di OS è risultata più lunga di 9,1 mesi nel gruppo che ha ricevuto tucatinib + capecitabina +trastuzumab rispetto a quello trattato con placebo + capecitabina e trastuzumab, con un HR di 0,60 (IC al 95%: 0,44 – 0,81; p=0,0007), rilevante non solo statisticamente, ma anche per il beneficio clinico.

Il dato forse più rilevante riguarda la PFS intracranica di tutte le pazienti con metastasi encefaliche. Nel braccio tucatinib, l’HR è risultato di 0,38 (IC al 95%: 0,26 – 0,55; p=0,00001), con una PFS mediana di 9,9 mesi, rispetto ai 4,2 mesi delle pazienti nel braccio placebo. Un’analisi per sottogruppi della PFS intracranica in base al livello di attività delle metastasi cerebrali ha mostrato che il beneficio di tucatinib è consistente sia nelle pazienti con metastasi attive, con un HR di 0,33 (IC al 95%: 0,21 – 0,53; p< 0,00001) e una PFS di 9,6 mesi contro 4,0 mesi del gruppo placebo, sia in quelle con metastasi stabili, in cui l’HR è risultato di 0,40 (IC al 95%: 0,19 – 0,85; p=0,01) e la PFS mediana di 13,9 mesi contro i 5,6 mesi delle pazienti nel braccio placebo.

Questi e altri studi possono portare a cambiamenti nei paradigmi di trattamento ed espandere il ruolo delle terapie sistemiche nel controllo della malattia del SNC con l’obiettivo di ottenere opzioni di trattamento più efficaci e meglio tollerate per pazienti con una condizione ancora associata ad alta morbidità e mortalità.
PFS intracranica per le pazienti con metastasi cerebrali (Lin Nu et al, 2021) Sequenze terapeutiche, un puzzle da risolvere
Considerato l’attuale ampio ventaglio di trattamenti disponibili per il trattamento del tumore del seno HER2+ metastatico, si pone il problema di definire le sequenze delle opzioni terapeutiche per assicurare i migliori outcome clinici. La scelta delle sequenze ottimali è tipicamente indicata nelle linee guida nazionali e internazionali, che tuttavia sono documenti dinamici, soggetti a continui aggiornamenti man mano che emergono nuove evidenze di efficacia e sicurezza dei farmaci.

Le ultime linee guida della European Society of Medical Oncology (ESMO), ne sono un chiaro esempio. In questo documento, il panel degli estensori raccomanda il ricorso alla tripletta tucatinib+trastuzumab+capecitabina in seconda linea per le pazienti in progressione di malattia dopo la prima linea (trastuzumab+pertuzumab e taxani se tollerati) che presentino metastasi cerebrali attive non suscettibili di trattamento locale. Questa tripletta è indicata come ozpione di trattamento efficace anche in terza linea.

Fonti
Curigliano G, Mueller V, Borges V et al. Tucatinib versus placebo added to trastuzumab and capecitabine for patients with pretreated HER2D metastatic breast cancer with and without brain metastases (HER2CLIMB): final overall survival analysis. Ann Oncol 2022 Mar;33(3):321-329.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34954044/
Gennari A, André F, Barrios CH, et al. ESMO Clinical Practice Guideline for the diagnosis, staging and treatment of patients with metastatic breast cancer. Ann Oncol 2021;32(12): 1475-1495.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34678411/
ESMO Metastatic Breast Cancer Living Guidelines, online pubblication v1.0.0 May 2022
https://www.esmo.org/living-guidelines/esmo-metastatic-breast-cancer-living-guidelines/her2-positive-breast-cancer/her2-positive-breast-cancer
Lin NU et al, SABCS 2021
Murphy RK, Loi S, Okines A et al. Tucatinib, Trastuzumab, and Capecitabine for HER2-Positive Metastatic Breast Cancer. N Engl J Med 2020;382:597-609.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31825569/
Pivot X, Manikhas A, Zurawski B et al. CEREBEL (EGF111438): A Phase III, Randomized, Open-Label Study of Lapatinib Plus Capecitabine Versus Trastuzumab Plus Capecitabine in Patients With Human Epidermal Growth Factor Receptor 2–Positive Metastatic Breast Cancer. J Clin Oncol 2015;33:1564-1573.  https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25605838/

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