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Fibrillazione atriale e malattia renale: meglio la cura con i DOAC

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Fibrillazione atriale: trattamento con anticoagulanti orali diretti (DOAC) è apparso associato a un minor rischio di insufficienza renale rispetto all’antagonista di vitamina K

Tra gli adulti con fibrillazione atriale non valvolare, l’avvio di un trattamento con anticoagulanti orali diretti (DOAC) è apparso associato a un minor rischio di insufficienza renale o progressione di malattia renale cronica rispetto a un inizio con antagonista della vitamina K (VKA). I risultati sono stati pubblicati online sull’”American Journal of Kidney Diseases”.

Preoccupazioni infondate
«Le preoccupazioni sulla possibilità di nefropatia diretta correlata al DOAC possono limitarne l’uso» scrivono gli autori, guidati da Juan-Jesus Carrero, professore di Epidemiologia Cardiorenale presso il Karolinska Institutet di Stoccolma.

«In questo studio di coorte su pazienti con fibrillazione atriale non valvolare tratti dalla pratica clinica di routine, l’inizio del DOAC rispetto a un antagonista della vitamina K è stato associato a esiti renali più favorevoli, vale a dire a un rischio inferiore per il composito di insufficienza renale e un calo del tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR) del 30% nonché a un minor rischio di insorgenza di danno renale acuto» proseguono.

«In accordo con le prove dello studio, abbiamo anche dimostrato che il trattamento con DOAC rispetto agli antagonisti della vitamina K era associato a un minor rischio di sanguinamento maggiore, ma a un rischio simile per il composito di ictus, embolia sistemica o morte».

Analizzati i dati di oltre 30 mila pazienti svedesi nel corso di sette anni
In questo studio retrospettivo, Carrero e colleghi hanno analizzato i dati di 32.699 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare residenti a Stoccolma dal 2011 al 2018 che avevano appena iniziato il trattamento con DOAC o un antagonista della vitamina K (warfarin), seguiti per una mediana di 3,8 anni.

L’età mediana dei pazienti era di 75 anni, il 45% erano donne e il 27% aveva un eGFR inferiore a 60 ml/min/1,73 m2. Gli esiti primari erano la progressione della malattia renale cronica (CKD), definita come un composito di un calo di almeno il 30% dell’eGFR e dell’insufficienza renale, e danno renale acuto. Gli esiti secondari sono stati morte, sanguinamento maggiore e un composito di ictus ed embolia sistemica.

Nuove conferme su sicurezza ed efficacia degli anticoagulanti orali diretti
All’interno della coorte, il 56% ha è stato avviato a DOAC. Rispetto all’inizio dell’antagonista della vitamina K, l’ hazard ratio (HR) aggiustato per l’inizio del DOAC è stato di 0,87 (IC 95%, 0,78-0,98) per il rischio di progressione della CKD e di 0,88 (IC 95%, 0,8-0,97) per il rischio di danno renale acuto.

Per gli esiti secondari, gli HR sono stati 0,77 (IC 95%, 0,67-0,89) per sanguinamento maggiore, 0,93 (IC 95%, 0,78-1,11) per il composito di ictus ed embolia sistemica e 1,04 (IC 95%, 0,95-1,14) per morte. I risultati si sono mantenuti nelle analisi stratificate per età, genere e eGFR al basale e nelle analisi limitate ai pazienti ad alto rischio di eventi tromboembolici.

«Questi risultati si aggiungono alle prove emergenti su sicurezza ed efficacia dei DOAC somministrati per la fibrillazione atriale» sostengono Carrero e colleghi. «Ora c’è bisogno di studi clinici per verificare l’efficacia e la sicurezza dei DOAC alle persone con fibrillazione atriale in dialisi, un gruppo di pazienti attualmente lasciato senza opzioni di trattamento».

Bibliografia:
Trevisan M, Hjemdahl P, Clase CM, et al. Cardiorenal Outcomes Among Patients With Atrial Fibrillation Treated With Oral Anticoagulants. Am J Kidney Dis. 2022 Oct 2. doi: 10.1053/j.ajkd.2022.07.017. [Epub ahead of print] Link

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