Site icon Corriere Nazionale

Perdite vaginali: ecco quando sono sintomo di una malattia

Atrofia vaginale in donne in postmenopausa: l'ossitocina sotto forma di gel migliora significativamente dolore e funzione sessuale

Per gli esperti è indispensabile riconoscere il sintomo e rivolgersi con fiducia all’uro-ginecologo

Quello delle perdite vaginali deve smettere di essere un tabù, visto che a volte questo fenomeno può anche nascondere una patologia: ne parla Luigi Fasolino

Capita nel corso della vita che una donna sia ‘afflitta’ dalle perdite vaginali. Spesso questo evento, alquanto naturale, dà origine a imbarazzo ma invece di recarsi dal ginecologo si corre in farmacia o peggio si telefona all’amica. Niente di più sbagliato perché spesso queste secrezioni vaginali possono essere fisiologiche ma in altri casi celano patologie ed infezioni che a lungo possono arrivare a compromettere la fertilità femminile. E allora cosa fare? Per abbattere questo tabù, capire meglio di cosa si tratta, qual è la sintomatologia a cui prestare attenzione, i test da fare e le armi terapeutiche oggi a disposizione, l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) ha intervistato via zoom il dottor Luigi Fasolino, specialista in Ginecologia e Ostetricia con sedi a Salerno, Napoli e Milano.

Quando una perdita è fisiologica e quando si può definire patologica, e deve spingere la paziente a recarsi dal ginecologo?

“Innanzitutto credo sia giusto parlarne e far cadere l’imbarazzo. Fatta questa premessa possiamo dire che esistono delle perdite che possono considerarsi fisiologiche ed altre patologiche. Nell’ambiente vaginale di una donna fertile e potenzialmente sana, una lubrificazione può esistere in misura variabile e a volte essere un po’ abbondante nel momento dell’atto sessuale o nel periodo periovulatorio. In generale a circa metà del ciclo, quindi tra una mestruazione e l’altra, un aumento di secrezioni e perdite possono verificarsi. Il loro aspetto è trasparente, raramente giallino, filamentoso, inodore e incolore. Quando invece ci sono ‘deviazioni’ da questo tipo di caratteristiche citate e soprattutto si protraggono nel tempo quella perdita può essere un parametro da indagare. A volte può essere imputato ad una disbiosi, cioè un’alterazione della flora batterica vaginale ‘buona’, ma altre volte potrebbe celare condizioni patologiche soprattutto a trasmissione sessuale”.

Appunto, una perdita vaginale sappiamo che può essere la spia di malattie importanti, come ad esempio quelle a trasmissione sessuale che, se trascurate, possono persino compromettere la fertilità. E’ così? Cosa è bene fare?

“E’ così. Infatti possono verificarsi delle contaminazioni o infezioni che se non diagnosticate si’rimbalzano’ tra i partner. Perciò se si verificano dei sintomi e relative perdite anomale bisogna procedere con indagini accurate. I campanelli d’allarme nella donna possono essere: perdite vaginale maleodoranti, prurito e rossore vaginale che può anche sfociare in dolorabilità nel momento dell’atto sessuale. L’indagine serve infatti ad appurare la natura dell’infezione. Si parla tanto anche di candida, mi sento di suggerire di appurare se sia così. Peraltro indagare su un fungo come la candida può darci informazioni anche su altre contaminazioni batteriche presenti nell’apparato genitale femminile. Questo è utile sia per ricercare un benessere sessuale che quotidiano e poi batteri come: ureoplasma, micoplasma, clamidia hanno la possibilità di risalire l’albero genitale femminile colonizzando vagina, collo dell’utero e interno dell’utero arrivando ad inficiare potenzialmente, e in maniera negativa, anche le tube di falloppio potendo comportare addirittura dei quadri di infertilità tubarica. E’ chiaro come l’analisi della possibilità d’infezioni vaginali deve essere fatta routinariamente da una donna e soprattutto dalle più giovani in età fertile”.

Qual è il tempo giusto per sottoporsi a questi check-up?

“L’importante è che la donna si trovi in una fase post mestruale, non siano in atto perciò delle perdite ematiche che possano inficiare il campione raccolto. In tal caso faccio riferimento a test come i tamponi vaginali o tamponi cervico-vaginali effettuati a livello del collo dell’utero o della vagina. La ricerca può essere ad ampio spettro e multi-patogeno. Va sottolineato però come non tutte le infezioni, anche di vecchia data, danno sintomi. Non è raro infatti riscontrare delle positività in maniera del tutto casuale. È importante, all’atto dell’identificazione del patogeno con tamponi, allegare alla risposta batteriologica anche un antibiogramma che in sostanza è una ‘lista’ di potenziali farmaci a cui un determinato microrganismo può essere sensibile per puntar alla sua eradicazione”.

Abbiamo parlato di test … mentre quali sono le armi terapeutiche di cui ci può avvalere?

“La prima arma è l’informazione, come stiamo facendo oggi, perché una giovane donna quando è ben informata è portata a effettuare controlli annuali come il pap-test lo screening in termini pre- tumorali del collo dell’utero e sviluppare anche una sensibilità a fare una ricerca batteriologica e infettivologica come dicevamo attraverso i tamponi vaginali periodici per garantire il benessere dell’ambiente vaginale. Questo ci mette al riparo da eventuali sequele che possono compromettere non solo la quotidianità ma in futuro anche la sua fertilità”.

Cosa dire invece delle perdite in gravidanza, come si manifestano e cosa possono celare?

“In questo caso le perdite vanno interpretate a seconda del contesto gravidico nel quale la donna si trova. La gravidanza è caratterizzata da secrezioni quasi costanti e che possono accentuarsi nel terzo trimestre, parliamo cioè della leucorrea gravida. In quel preciso momento un aumento di secrezioni, in base all’assetto ormonale gravidico, avviene e queste possono essere o meno visibili in uscita dai genitali esterni. Il mio suggerimento è attenzione ai sintomi come: cattivi odori, aumento della quantità delle perdite, cambio di aspetto e di colore o manifestazioni di dolorabilità vaginale. Tutte queste componenti ‘nuove’ devono portare la donna in gravidanza ad indagare, ancora una volta, di più il suo stato di salute vaginale attraverso un tampone (vaginale). Comunque nel terzo trimestre e soprattutto in vista del parto, tra la 35 esima e 37esima settimana, una donna in gravidanza dovrebbe essere sottoposta di routine a tampone vagino-rettale per l’individuazione, ai fini del parto, di un microrganismo lo streptococco di gruppo B la cui positività deve essere trattata nel corso del travaglio”.

Vuole aggiungere qualcosa?

“Sono ben contento di questo tipo di appuntamento perché va ricordato alla donna che non solo in età fertile o quando si ricerca una gravidanza o per patologia ci si deve recare dallo specialista ma sempre abitualmente in tutte le fasi della vita. Un’informzione che parta invece dall’età adolescenziale con un accento forte alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili risulta fondamentale per ridurre l’incidenza delle problematiche in termini di qualità di vita oppure della fertilità futura”.

Exit mobile version