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Degenerazione maculare: Commissione UE approva faricimab

cheratiti

La Commissione europea ha approvato faricimab per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età neovascolare e dell’edema maculare diabetico

La Commissione europea (CE) ha approvato faricimab per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD) e della compromissione della vista dovuta a edema maculare diabetico (DME). Queste patologie retiniche sono due delle principali cause di perdita della vista in tutto il mondo e colpiscono oltre 40 milioni di persone.

“Molte persone affette da nAMD e DME faticano a stare al passo con le iniezioni intraoculari mensili e le visite mediche previste dagli standard di cura attuali. Purtroppo, la vista di questi pazienti è messa ulteriormente a rischio da un trattamento inadeguato”, ha dichiarato il Prof. Ramin Tadayoni, direttore del reparto di oftalmologia degli Ospedali Lariboisière, Saint-Louis e Rothschild di Parigi, in Francia, e presidente eletto della European Society of Retina Specialists (EURETINA). “Per i pazienti in Europa con queste patologie, l’approvazione odierna offre per la prima volta in oltre un decennio un nuovo meccanismo d’azione che potrebbe migliorare e proteggere la vista con un minor numero di iniezioni nel tempo”.

Faricimab è l’unico farmaco oculare iniettabile approvato in Europa con studi di fase III che avvalorano il trattamento a intervalli massimi di quattro mesi in soggetti con nAMD e DME. Grazie alla sua capacità di ridurre il numero di iniezioni intraoculari nel tempo, pur mantenendo e migliorando la vista, faricimab potrebbe offrire ai pazienti, ai caregiver e ai sistemi sanitari di applicare un regime di trattamento meno gravoso.

L’approvazione di faricimab si basa sui risultati di quattro studi di fase III per entrambe le indicazioni terapeutiche, che hanno coinvolto 3.220 pazienti: TENAYA e LUCERNE sulla nAMD al primo anno, e YOSEMITE e RHINE sul DME fino a due anni. Dagli studi è emerso che i soggetti trattati con faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi hanno ottenuto miglioramenti della vista e anatomici simili a quelli osservati con aflibercept somministrato ogni due mesi. [6,7,8] I dati di tutti e quattro gli studi a due anni hanno complessivamente dimostrato che oltre il 60% dei soggetti trattati con faricimab ha potuto prolungare l’intervallo tra un trattamento e l’altro fino a quattro mesi, migliorando e mantenendo stabile la vista. Inoltre, fino a due anni, i soggetti con nAMD e DME trattati con faricimab hanno ricevuto un numero medio di iniezioni rispettivamente del 33% (10 contro 15) e del 21% (11 contro 14) più basso rispetto a quanto registrato con aflibercept.

Faricimab, un anticorpo bispecifico, è concepito in modo esclusivo per colpire e inibire due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista; agisce neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A) per ripristinare la stabilità vascolare. Faricimab è stato sviluppato per stabilizzare i vasi sanguigni attraverso l’inibizione indipendente di entrambe le vie di Ang-2 e VEGF-A, riducendo così l’infiammazione, il leakage e la crescita di vasi anomali (neovascolarizzazione) in misura maggiore rispetto all’inibizione del solo VEGF-A. [7] Questa stabilizzazione duratura dei vasi sanguigni potrebbe migliorare il controllo della malattia e i risultati visivi e anatomici più a lungo nel tempo.

Il programma di sviluppo clinico di faricimab
Roche prevede un solido programma di sviluppo clinico di fase III per faricimab. Il programma include AVONELLE-X, uno studio di estensione degli studi TENAYA e LUCERNE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nella degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), e RHONE-X, uno studio di estensione degli studi YOSEMITE e RHINE volto a valutare la sicurezza e la tollerabilità a lungo termine di faricimab nell’edema maculare diabetico (DME). [14,15] Inoltre sono in corso gli studi BALATON e COMINO volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab in soggetti con edema maculare da occlusione venosa retinica. [16,17] Roche ha altresì avviato lo studio di fase IV ELEVATUM su faricimab in popolazioni di pazienti con DME sottorappresentate.

Gli studi TENAYA e LUCERNE
TENAYA (NCT03823287) e LUCERNE (NCT03823300) erano due studi identici di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali, volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept in 1.329 soggetti con degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (671 nello studio TENAYA e 658 nello studio LUCERNE).

Entrambi gli studi hanno raggiunto      l’endpoint primario: faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi ha costantemente dimostrato di offrire miglioramenti dell’acuità visiva e anatomici non inferiori a quelli osservati con aflibercept somministrato ogni due mesi. Ambedue gli studi hanno valutato come endpoint secondario la percentuale di soggetti nel braccio faricimab che sono stati trattati con intervalli di somministrazione di tre o quattro mesi durante il primo anno. In particolare, nel primo anno, il 46% (n=144/315) dei soggetti trattati con faricimab nello studio TENAYA e il 45% (n = 142/316) di quelli nello studio LUCERNE hanno potuto essere trattati ogni quattro mesi. Inoltre, rispettivamente il 34% (n=107/315) e il 33% (n=104/316) dei pazienti hanno potuto essere trattati ogni tre mesi. Complessivamente, durante il primo anno, quasi l’80% dei soggetti trattati con faricimab ha potuto essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.

A due anni sono stati osservati miglioramenti della vista sovrapponibili tra i bracci di trattamento. Nello studio TENAYA, la media di miglioramento della vista a due anni è stata di +3,7 lettere della tavola ottometrica nel braccio faricimab e di +3,3 lettere nel braccio aflibercept. Nello studio LUCERNE, i miglioramenti medi della vista dal basale a due anni sono stati di +5,0 lettere nel braccio faricimab e di +5,2 lettere nel braccio aflibercept. Inoltre il 59% (n = 160/271) e il 67% (n=192/287) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi a due anni.

Questo dato rappresenta un aumento rispetto ai risultati a un anno, quando avevano raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi il 46% (n=144/315) e il 45% (n=142/316) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE. Il 15% (n=41/271) e il 14% (n=41/287) dei pazienti trattati con faricimab rispettivamente nello studio TENAYA e nello studio LUCERNE hanno altresì raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi a due anni. Complessivamente, alla fine del secondo anno, circa l’80% dei pazienti in terapia con faricimab poteva essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.

Faricimab è stato generalmente ben tollerato in entrambi gli studi, con un profilo beneficio/rischio favorevole. Negli studi TENAYA e LUCERNE, le reazioni avverse più comuni (≥ 3% dei soggetti) includevano cataratta, emorragia della congiuntiva, mosche volanti nel vitreo, distacco dell’epitelio pigmentato retinico, aumento della pressione intraoculare e dolore oculare. I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.

I dati a due anni degli studi TENAYA e LUCERNE sono stati presentati al congresso scientifico annuale dell’American Society of Retina Specialists del 2022. Questi dati saranno presentati all’Agenzia europea dei medicinali a tempo debito.

Gli studi YOSEMITE e RHINE
YOSEMITE (NCT03622580) e RHINE (NCT03622593) erano due studi identici di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali, volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept in 1.891 soggetti con compromissione della vista dovuta a edema maculare diabetico (940 nello studio YOSEMITE e 951 nello studio RHINE).

Entrambi gli studi hanno soddisfatto l’endpoint primario: faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi ha costantemente dimostrato di offrire miglioramenti dell’acuità visiva e anatomici non inferiori a quelli osservati con aflibercept somministrato ogni due mesi. Ambedue gli studi hanno valutato come endpoint secondario la percentuale di soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” che hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre o quattro mesi. In particolare, alla fine del primo anno, il 53% (n=151/286) dei soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” nello studio YOSEMITE e il 51% (n=157/308) di quelli nello studio RHINE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi. Inoltre, rispettivamente il 21% (n=60/286) e il 20% (n=63/308) dei soggetti hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi. A due anni, il numero di soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” che hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi è aumentato al 60% (n=162/270) nello studio YOSEMITE e al 64% (n=185/287) nello studio RHINE. Inoltre il 18% (n=49/270) dei soggetti nello studio YOSEMITE e il 14% (n=39/287) dei soggetti nello studio RHINE hanno raggiunto intervalli di somministrazione di tre mesi. Complessivamente, alla fine del secondo anno, quasi l’80% dei soggetti nel braccio faricimab “treat-and-extend” poteva essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.

Faricimab è stato generalmente ben tollerato in entrambi gli studi, con un profilo beneficio/rischio favorevole. Negli studi YOSEMITE e RHINE, le reazioni avverse più comuni (≥ 3% dei soggetti) includevano cataratta, emorragia della congiuntiva, mosche volanti nel vitreo, aumento della pressione intraoculare e dolore oculare. I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi.

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