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Nuove frontiere per la cura della malattia renale cronica

Malattia renale cronica, con o senza diabete di tipo 2: l'SGLT2 inibitore dapagliflozin ha ridotto l'albuminuria, con un maggiore effetto in presenza di diabete

Nuove frontiere per il trattamento e la prevenzione della malattia renale cronica: video-dialisi e AI, alimentazione e fitness, rene e cuore

Intelligenza artificiale e video-dialisi, diabete e obesità, microbiota, alimentazione e fitness. Questi alcuni dei temi del 63° Congresso della Società Italiana di Nefrologia, tenutosi nelle settimane scorse a Rimini.

VIDEO-DIALISI, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E ROBOT ADDESTRATI: ECCO COME CAMBIA LA GESTIONE DELLA MALATTIA RENALE CRONICA 

La tecnologia rivoluziona la vita dei pazienti con malattia renale cronica: già oggi in alcune regioni – tra cui Lombardia, Piemonte e Puglia – è possibile eseguire il trattamento dialitico ‘da remoto’. Esperienze pionieristiche che rispondono ai bisogni concreti di questi pazienti estremamente fragili, costretti a muoversi dal proprio domicilio anche 3 volte a settimana, con un impatto importante sulla spesa sanitaria e sulla qualità di vita.

Circa il 20% dei trattamenti dialitici – spiega Piergiorgio Messa, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN), già Direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale – Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano – potrebbe essere gestito a distanza (dialisi domiciliare), mentre resta un 70/80% di dialisi extracorporea che prevede la presenza di un infermiere o di un caregiver che abbia fatto un addestramento congruo (che va dai 3 ai 6 mesi). La dialisi peritoneale costituisce la vera sfida dei prossimi anni in termini di terapia sostitutiva, essendo la tecnica che ha più radicamento sul territorio e maggiori possibilità di conduzione con tecniche di telemedicina e video-dialisi”.

Non solo terapia domiciliare, la tecnologia permette anche di migliorare la sicurezza dei pazienti monitorati a distanza. Grazie all’Intelligenza Artificiale (AI), infatti, i dati ottenuti da remoto vengono elaborati in modo da prevedere eventi clinici avversi e inviare un messaggio di allerta al nefrologo, così da poter intervenire in tempo utile.

In futuro, grazie all’AI, sarà possibile – interviene Stefano Bianchi, Presidente eletto della Società Italiana di Nefrologia (SIN), già Direttore UOC Nefrologia e Dialisi, ASL Toscana Nordovest – avvalersi di tecniche di Digital health e Telemedicina per facilitare i compiti degli operatori sanitari e, per esempio, eseguire manovre a distanza, come l’avvio e il distacco della terapiaLa dialisi domiciliare sta evolvendo rapidamente, grazie a nuove soluzioni terapeutiche che incontrano la volontà di perseguire una nefrologia ‘green’, in grado di contenere i risvolti negativi per l’ambiente”.

La svolta green della nefrologia si accompagna a una maggiore attenzione per gli stili di vita dei pazienti nefropatici, per contenere il dilagare della malattia renale cronica (MRC), una delle malattie croniche più diffuse, in costante progressione a causa dell’invecchiamento della popolazione generale. In Italia, i pazienti al terzo stadio o a uno stadio più grave sono quasi 4,5 milioni e i pazienti in dialisi circa 50.000; altrettanti i portatori di trapianto di rene in follow-up. 

IL RUOLO DELL’OBESITÀ IN NEFROLOGIA: RAPPORTO CAUSA-EFFETTO 

Ampia attenzione durante il Congresso viene dedicata ad alimentazione, stili di vita ed effetti dell’obesità sulla salute dei reni: l’obesità è infatti una condizione legata a doppio filo con la progressione della malattia renale cronica, spesso associata alla presenza di diabete. Il focus è sui progressi della ricerca scientifica per l’identificazione di nuovi biomarcatori della Diabetic Kidney Disease (malattia renale diabetica), per diagnosi più precoci e maggior predittività degli eventi renali.

Alimentazione e stile di vita corretto contribuiscono a rallentare il decorso della MRC e a prevenirne l’insorgenza; grazie ai nuovi farmaci disponibili, ai progressi terapeutici e a quelli fatti nell’ambito della scienza dietologica, oggi sono maggiori le opportunità offerte ai pazienti nefropatici di seguire una dieta bilanciata, in cui giocano un ruolo importante anche il microbiota e l’attività fisica.

CUORE E RENE: UN DIALOGO NECESSARIO PER PRESERVARE LA SALUTE DEL PAZIENTE  

Cuore e rene sono strettamente legati. Molti degli interventi utili a preservare la funzione renale, prevendendo la MRC, sono allo stesso tempo utili a preservare la salute del nostro cuore: dieta PLADO (Plant-dominant) o dieta mediterranea che privilegi gli alimenti vegetali limitando le proteine animali e il sale, attività fisica regolare, contenimento del peso corporeo e il mantenimento di valori ottimali di pressione. La correzione poi di molte alterazioni ematochimiche tipiche della MRC (anemia, alterazioni elettrolitiche e dell’equilibrio acido base, alterazioni del metabolismo minerale, glicidico e lipidico) giovano anche al cuore.

A migliorare il benessere dei pazienti con malattia renale cronica e interessamento cardiologico, inoltre, l’arrivo dei farmaci SGLT2IR, per i quali ci si aspetta la rimborsabilità a breve. Una possibilità terapeutica che – come è stato dimostrato in diversi trial clinici – riduce drasticamente il numero degli eventi cardiovascolari e renali, fino al 40% in meno. A livello terapeutico sono molteplici i vantaggi, tra i quali:

RENE E COVID: LO STUDIO IN COLLABORAZIONE CON L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ 

Le analisi preliminari dei dati raccolti nel corso dello studio SIN – ISS indicano che la vaccinazione nei pazienti in dialisi ha determinato una netta riduzione delle conseguenze più gravi dell’infezione (ospedalizzazione e/o decesso).

Sebbene la variante Omicron abbia determinato una crescita globale delle infezioni e relativa impennata del numero dei casi nei pazienti con malattia renale cronica in dialisi, l’impatto clinico – così come nella popolazione generale – è stato più modesto in termini di ospedalizzazioni e mortalità. Nella popolazione dei dializzati si è passati da una mortalità del 40% nella prima fase del COVID-19 a una mortalità inferiore al 5%; una discrepanza importante che, sebbene possa in parte dipendere da una ridotta patogenicità delle ultime varianti del virus, è in gran parte spiegata dall’indubitabile efficacia della vaccinazione.

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