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Tumore al seno: niente test genomici per il 60% delle pazienti

ovariectomia profilattica

I test genomici per il tumore del seno, per evitare alle donne eleggibili chemioterapie inutili, stentano ad essere utilizzati in Italia

I test genomici per il tumore del seno, per evitare alle donne eleggibili chemioterapie inutili, stentano ad essere utilizzati in Italia. Questo sta avvenendo nonostante siano stati resi rimborsabili da un decreto del Ministero della Salute nel luglio del 2021. Dopo 14 mesi delle oltre 10mila donne candidabili solo 4.000 hanno eseguito l’esame molecolare. Il 60% delle malate quindi non ricorre a test semplici, poco invasivi e gratuiti che possono limitare fortemente il ricorso a trattamenti oncologici inutili.

“I test genomici rappresentano un patrimonio importante sia per i malati che per i medici – afferma il prof. Saverio Cinieri, Presidente Nazionale AIOM -. A fine 2020 è stata approvata la legge che creava un fondo ad hoc per l’acquisti degli esami, a cui ha fatto seguito un decreto attuativo. Come AIOM abbiamo contribuito a scrivere quel provvedimento ed è stata la prima volta che le Istituzioni sanitarie nazionali hanno chiamato la nostra Società Scientifica e avviato questo genere di collaborazione. Sono poi passati molti mesi, nei quali i 21 sistemi sanitari regionali e provinciali presenti in Italia hanno reso effettiva la legge nazionale con altri decreti attuativi e l’avvio delle gare d’acquisto. Dopo tutto questo tempo però riscontriamo ancora ritardi burocratici, problemi organizzativi e più in generale una sottovalutazione delle potenzialità dei test che li rendono di fatto sottoutilizzati”. Sugli esami genomici per il carcinoma mammario l’AIOM ha svolto un’indagine interna tra 212 giovani medici. Per sei oncologi su dieci i test andrebbero inseriti nei Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA).

“Quest’ultima può essere una possibile soluzione ad un problema che ci stiamo trascinando da troppo tempo – prosegue il prof. Antonio Russo, Tesoriere Nazionale AIOM e  Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare dell’Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli -. Sono esami che presentano un alto livello di validazione scientifica e che consentono di individuare i potenziali rischi di sotto o di sovra trattamento. Quindi stabiliscono un’eventuale necessità d’intensificazione terapeutica. La genomica, applicata al carcinoma mammario, ci consente di meglio definire il tessuto tumorale. Possiamo prevedere la probabilità di recidiva di neoplasia in seguito all’intervento chirurgico e la risposta alle terapie. Non sempre è necessaria una chemioterapia dopo questi primi trattamenti e grazie ai test lo stabiliamo con precisione”.

“E’ arrivato il momento che anche in Italia siano maggiormente promossi i test genomici – aggiunge il prof. Ugo De Giorgi, Consigliere Nazionale AIOM -. Il nostro Paese è già arrivato in ritardo, rispetto ad altri, nell’uso di esami che rappresentano uno strumento di oncologia di precisione ordinario da anni in molte nazioni occidentali. Ovviamente vanno utilizzati solo in casi specifici e cioè nei tumori luminali, quelli che esprimono i recettori estrogenici ma non la proteina HER2. Queste donne possono essere trattate solo con la terapia ormonale. Dobbiamo fare maggiore cultura anche tra gli oncologi come sostiene il 26% degli intervistati. Sono necessari webinar di approfondimento e campagne di sensibilizzazione per contrastare il sottoutilizzo degli esami. Come AIOM ci siamo già mossi in questa direzione e avvieremo nuove iniziative”.

In Italia il carcinoma della mammella è la neoplasia più diagnosticata nelle donne dove rappresenta il 30% di tutti i casi di tumore maligno. “L’oncologia di precisione e la multidisciplinarietà sono due tra le armi più efficaci per contrastare una malattia così diffusa – sostiene Marcello Tucci, Consigliere Nazionale AIOM -. Esistono, infatti, diverse tipologie di neoplasia mammaria ognuna delle quali possiede delle caratteristiche anatomo-patologiche e biologiche differenti. La prescrizione di un test genomico, per una migliore selezione delle terapie, deve essere stabilita da un team multidisciplinare. Sempre secondo il nostro sondaggio questo già avviene nel 62% dei casi mentre nell’11% è compito esclusivo dell’oncologo. Un ruolo operativo rilevante è quello svolto dall’anatomo-patologo che attraverso il vetrino e il microscopio può stabilire quali sono i gruppi di geni espressi in uno specifico tessuto tumorale”.

“La chemioterapia è una cura che non deve essere demonizzata in quanto ci ha permesso di ottenere ottimi risultati in termini di sopravvivenza – conclude il prof. Cinieri -. Presenta però degli effetti collaterali non trascurabili e ancora fortemente temuti dalle donne, come la caduta dei capelli. I farmaci poi hanno dei costi economici non indifferenti che gravano sul sistema sanitario nazionale. Ora anche in Italia possiamo utilizzare degli esami che determinano benefici concreti e reali per il singolo paziente nonché l’intera collettività. Deve essere priorità per noi oncologi favorirne il più possibile l’utilizzo”.

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