Nei pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione lievemente ridotta (HFmrEF) o conservata (HFpEF), il trattamento con sacubitril/valsartan non modifica la funzione cognitiva rispetto all’impiego del solo valsartan. È quanto emerge dai risultati dello studio PERSPECTIVE, presentati a Barcellona durante il Congresso ESC22.

Il dato è rilevante, per vari motivi, come ha spiegato il primo autore della ricerca, John McMurray dell’Università di Glasgow (UK).

«Si stima che il 30-80% dei pazienti con insufficienza cardiaca presenti un certo grado di deterioramento cognitivo» ha affermato. Inoltre, «i pazienti con insufficienza cardiaca sono ad aumentato rischio di sviluppare demenza rispetto alla popolazione generale».

Sacubitril/valsartan – uno dei farmaci-chiave nel trattamento dell’insufficienza cardiaca – combina l’inibitore della neprilisina sacubitril e il bloccante del recettore dell’angiotensina valsartan.

Rimossi i timori di effetti neurologici da inibizione della neprilisina
«La neprilisina è uno dei molteplici enzimi coinvolti nella degradazione proteolitica dei peptidi beta-amiloidi uno dei quali (beta-amiloide 1-42) può essere neurotossico e causare per esempio la demenza di Alzheimer ed era stata sollevata la preoccupazione che il loro accumulo nel cervello durante l’inibizione sostenuta della neprilisina potesse causare o peggiorare il deterioramento cognitivo» ha specificato McMurray.

Quando la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti approvò sacubitril/valsartan – ha ricordato McMurray – la stessa FDA e altre autorità sanitarie richiesero uno studio randomizzato che ne valutasse gli effetti,  rispetto a valsartan, sulla funzione cognitiva valutata da una batteria neurocognitiva completa e dall’imaging tomografico ad emissione di positroni (PET) in pazienti con insufficienza cardiaca cronica.

Valutazione su tre anni tramite punteggio GCCS
PERSPECTIVE è stato il primo studio randomizzato controllato a valutare prospetticamente l’effetto del trattamento a lungo termine con sacubitril/valsartan, rispetto a valsartan, sulla funzione cognitiva in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione lievemente ridotta e preservata (HFmrEF e HFpEF), ovvero una frazione di eiezione ventricolare sinistra superiore al 40%.

«Lo studio ha arruolato adulti di età pari o superiore a 60 anni con insufficienza cardiaca sintomatica cronica più ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nei 12 mesi precedenti e/o NT-proBNP superiore a 200 pg/mL.  I pazienti con deterioramento cognitivo noto o sospetto non erano idonei» ha riferito il ricercatore.

Un totale di 592 pazienti provenienti da 137 centri in 20 paesi sono stati randomizzati 1:1 a ricevere sacubitril/valsartan (dose target 97/103 mg due volte al giorno) oppure valsartan (dose target 160 mg due volte al giorno). L’età media dei partecipanti era di 72,4 anni e il 46,8% erano donne.

«L’endpoint primario era il cambiamento della funzione cognitiva dal basale al follow-up a tre anni. La funzione cognitiva è stata valutata utilizzando il “CogState global cognition composite score” (GCCS), che include sette test per la valutazione dell’attenzione, della memoria episodica e della funzione esecutiva» ha specificato McMurray.

Circa il 60% dei pazienti aveva qualche forma di deficit cognitivo al basale. «La variazione del GCCS dal basale a tre anni non è risultato differente tra i pazienti trattati con sacubitril/valsartan rispetto a quelli trattati con valsartan» ha riferito.

La differenza nella variazione media dei minimi quadrati nel GCCS è stata di -0,0180 ( intervallo di confidenza al 95% [CI] da -0,1230 a 0,0870; p = 0,74). La dimensione dell’effetto d di Cohen era – 0,0277 (IC 95% da -0,1101 a 0,0778), indicando la non inferiorità.

Alla PET nessun maggiore accumulo di beta-amiloide cerebrale
Il principale esito secondario era costituito dal cambiamento dal basale a 18 mesi e a 3 anni nella deposizione di beta-amiloide nel cervello misurata utilizzando la tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica in 491 pazienti.

La differenza nella variazione media dei minimi quadrati nel rapporto standardizzato del valore di uptake del radiotracciante (18F-Florbetaben) è stata di -0,0292 (IC al 95% da -0,0593 a 0,0010; p = 0,058), «indicando che la deposizione di beta-amiloide nel cervello tendeva a essere inaspettatamente inferiore nei pazienti trattati con sacubitril/valsartan rispetto a valsartan» ha detto McMurray.

Il dato è stato costantemente confermato in tutti i sottogruppi analizzati sulla base delle aree neuroanatomiche rilevate all’imaging.

Sacubitril/valsartan è risultato inoltre meglio tollerato rispetto al solo valsartan, con meno decessi (28 [9,5%] vs 39 [13,1%]) ed eventi avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento (47 [16,0%] vs 61 [20,5%]).

Nel complesso, ha affermato McMurray, «non sono emerse prove del fatto che l’inibizione della neprilisina aumentasse il rischio di deterioramento cognitivo a causa dell’accumulo di beta-amiloide nel cervello nei pazienti con HFmrEF e HFpEF».

«La preoccupazione per l’aumento della deposizione di beta-amiloide cerebrale con sacubitril/valsartan è sempre stata ipotetica ed esistono molteplici vie di clearance enzimatica e altre beta-amiloidi nel cervello che probabilmente compensano qualsiasi diminuzione della clearance correlata all’inibizione della neprilisina» ha spiegato.

«La tendenza verso una diminuzione della deposizione di amiloide sulla scansione PET è sorprendente e potrebbe riflettere solo un fattore di casualità» ha aggiunto.

In ogni caso, ha affermato «l’assenza di qualsiasi effetto negativo sulla funzione cognitiva è molto importante per rimuovere una preoccupazione che alcuni medici avevano sul trattamento a lungo termine con sacubitril/valsartan».

«È auspicabile che un maggior numero di pazienti in futuro riceverà questo trattamento che apporta molti benefici, inclusa una maggiore sopravvivenza nei pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta» ha concluso.

Precisazioni sul farmaco e sulla durata del follow-up
Al termine della presentazione, è stato chiesto se lo stesso valsartan potesse avere effetti simili che avrebbero potuto mascherare qualsiasi differenza nell’ambito di una combinazione di farmaci.

«No» ha risposto McMurray. «Semmai l’evidenza potrebbe essere che i bloccanti del recettore dell’angiotensina siano in grado di proteggere la funzione cognitiva, e ciò risale a molto tempo fa con lo studio SCOPE condotto con candesartan su una popolazione ipertesa».

«In effetti nello studio era emersa una differenza significativa nel limitare il declino dell’MMSE. Penso che la maggior parte delle persone abbia ritenuto da allora che la terapia antipertensiva in generale potesse essere neuroprotettiva, anche se questo è estremamente difficile da dimostrare oltre ogni dubbio» ha aggiunto.

Ulteriore quesito riguardante la durata del follow-up: tre anni sono stati sufficienti per provare davvero questo effetto? «Abbiamo scelto tre anni perché questa è una percentuale molto ampia del resto della vita di un paziente con insufficienza cardiaca» ha affermato McMurray.

«Inoltre, era un bilanciamento tra la fattibilità di uno studio complesso come questo, con molte prove, di gran lunga il più difficile che abbiamo mai dovuto fare» ha osservato.

«Abbiamo dovuto fare 1.200 scansioni cerebrali per sottoporre a screening questi pazienti e quindi eseguire l’imaging cerebrale seriale in pazienti con insufficienza cardiaca, operazione non facile» ha aggiunto. «È stato un periodo di tempo ragionevole data la popolazione di pazienti con cui abbiamo avuto a che fare considerando, appunto, la fattibilità dello studio».

«Volevamo che i pazienti fossero in trattamento e in effetti abbiamo avuto molto successo nel mantenere i pazienti in trattamento. Volevamo un follow-up ragionevolmente completo e sicuramente abbiamo avuto molto successo in termini di valutazione funzionale cognitiva. E questo è ciò che abbiamo concordato sia con la FDA che con l’EMA» ha sottolineato McMurray.

Fonte: 
McMurray J. PERSPECTIVE. Efficacy and safety of sacubitril/valsartan compared to valsartan on cognitive function in patients with chronic heart failure and preserved heart fraction trial. ESC22. Barcelona (Spain).