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Alzheimer: prelievo del sangue sostituirà analisi del liquor

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Alzheimer: la misurazione di proteine nel sangue anziché sul liquor potrebbe fornire una diagnosi con una procedura più semplice e meno invasiva

La malattia di Alzheimer è la malattia neurodegenerativa più frequente ed è la prima causa di demenza. La sua incidenza aumenta con l’aumentare dell’età. Clinicamente si esprime con un decadimento cognitivo che colpisce più precocemente e più gravemente la memoria e con il tempo determina perdita di autonomia della persona.

Dal punto di vista neuropatologico la malattia di Alzheimer è caratterizzata dall’accumulo di due proteine nella corteccia cerebrale: la proteina amiloide beta, o A-beta, nello spazio tra i neuroni, e la proteina tau all’interno dei neuroni stessi. Tali alterazioni neuropatologiche si riflettono in modificazioni dei livelli di queste due proteine che possono essere misurate nei liquidi biologici. Il liquido biologico di elezione a questo proposito è il liquor o liquido cerebrospinale, data la sua prossimità ai tessuti cerebrali malati. La misurazione dei livelli delle proteine A-beta e tau nel liquor rappresenta da ormai due decenni un importante supporto alla diagnosi della malattia di Alzheimer. Tuttavia tale misurazione presuppone il prelievo del liquor che avviene mediante puntura lombare, una procedura sicura e ben tollerata ma invasiva.

Negli ultimi anni, grazie ai progressi delle tecnologie di misurazione delle molecole nei liquidi biologici, è diventato possibile misurare le stesse proteine anche nel sangue periferico, dove esse sono presenti in quantità di gran lunga inferiori rispetto al liquor, dal quale provengono.

Idealmente la misurazione di queste proteine nel sangue anziché sul liquor potrebbe fornire, con una procedura più semplice e meno invasiva, cioè il prelievo di sangue, informazioni simili rispetto a quelle fornite dalla loro misurazione sul liquor. Questo vale soprattutto per la proteina tau e in particolare per una sua forma particolare chiamata tau fosforilata.

L’argomento è oggetto di una revisione della letteratura appena pubblicata dal Dott. Federico Verde, Responsabile del Centro Disturbi Cognitivi e Demenze di Auxologico San Luca, nella rivista Journal of Neural Transmission.

Nell’articolo vengono ripercorse e discusse le ricerche scientifiche che hanno portato a queste innovazioni in campo diagnostico, spiega il Dott. Federico Verde, dalle prime evidenze fino ai risultati più recenti (inizio del 2022). È importante sottolineare che la misurazione di queste proteine nel sangue è ancora una procedura valida solo in ambito di ricerca e senza un’applicazione in ambito clinico diagnostico validata e routinaria. Attualmente, quindi, il supporto biochimico clinico della diagnosi della malattia di Alzheimer deve avvalersi ancora esclusivamente dell’analisi del liquor ottenuto mediante puntura lombare. Tuttavia è possibile ipotizzare per un futuro non lontano (2027) la progressiva introduzione delle nuove procedure di dosaggio ematico in ambito clinico: per esempio queste misurazioni su sangue potrebbero essere effettuate come primo esame diagnostico in pazienti con iniziali disturbi cognitivi così da identificare un sottogruppo di pazienti, aventi valori patologici, da indirizzare ad ulteriori approfondimenti mediante dosaggi su liquor. Un’altra possibile rilevante applicazione futura di queste metodiche riguarda gli studi farmacologici sperimentali: questi dosaggi potrebbero essere utilizzati per determinare i pazienti da includere negli studi stessi e soprattutto per misurare i possibili effetti dei farmaci sulla malattia.

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