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Insufficienza cardiaca: nuovi dati su omecamtiv mecarbil

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Insufficienza cardiaca cronica con frazione di eiezione ridotta: la cura con omecamtiv mecarbil non è stato in grado di migliorare la capacità di esercizio

In base ai risultati dello studio METEORIC-HF, pubblicati su JAMA, il trattamento con omecamtiv mecarbil, attivatore orale selettivo della miosina di recente sviluppo, non è stato in grado di migliorare la capacità di esercizio nei pazienti con insufficienza cardiaca cronica con frazione di eiezione ridotta (HFrEF).

In particolare, lo studio di fase 3 in doppio cieco non è riuscito a raggiungere il suo endpoint primario di variazione del picco di assorbimento di ossigeno (VO2) dopo 20 settimane di trattamento con omecamtiv mecarbil rispetto al placebo. Inoltre, non vi è stato alcun beneficio sulle misure secondarie di carico di lavoro totale, efficienza ventilatoria e attività fisica quotidiana.

«Questi dati non supportano l’uso di omecamtiv mecarbil nel  trattamento dell’HFrEF ai fini del miglioramento della capacità di esercizio» concludono gli autori, guidati da Gregory D. Lewis, del Massachusetts General Hospital di Boston.

Dati non in linea con le evidenze dello studio GALACTIC-HF
I ricercatori avevano ipotizzato che il farmaco si sarebbe rivelato utile in questo sottogruppo di pazienti, avendo precedentemente dimostrato – nello studio GALACTIC-HF – che il trattamento con omecamtiv mecarbil produceva una riduzione significativa degli episodi di insufficienza cardiaca (HF) e dei decessi di origine cardiovascolare.

Un’analisi prespecificata per sottogruppi di questo stesso studio ha anche rilevato che il massimo beneficio relativo da omecamtiv mecarbil fosse tratto dai pazienti con HF con la frazione di eiezione più bassa.

«La mancanza di efficacia da parte di omecamtiv mecarbil sulle performance dell’esercizio fisico non è congruo con il suo noto meccanismo d’azione che porta a un diretto miglioramento della performance ventricolare e una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari» osservano Lewis e colleghi.

Il nuovo meccanismo d’azione del farmaco (cioè l’attivazione diretta della miosina) è differente da quello degli agenti inotropi positivi attualmente disponibili, come la dobutamina (catecolamina beta-1 agonista selettiva con effetto simpatico mimetico) o il milrinone (inibitore della fosfodiesterasi 3 che causa aumento dei livelli intracellulari di AMP ciclico che guidano a valle la modulazione del signaling del calcio).

Il farmaco, per il quale la Food & Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha concesso la Fast track designation nel maggio 2020, non è ancora stato approvato dalla stessa FDA che ha peraltro programmato a tale proposito una riunione del comitato consultivo per il 13 dicembre 2022 e ha assegnato una data PDUFA (Prescription Drug User Fee Act) per il 28 febbraio 2023.

Metodi e risultati, in sintesi
Nello studio METEORIC-HF, 276 pazienti – con sintomi NYHA (New York Heart Association) di classe II o III e una frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) pari o inferiore al 35% – sono stati assegnati in modo casuale a placebo (n = 91) oppure omecamtiv mecarbil (n = 185), somministrato per via orale due volte al giorno per 20 settimane (in aggiunta alla terapia medica diretta dalle linee guida) alla dose di 25/37,5/50 mg in base ai livelli plasmatici target.

L’età mediana dei pazienti era di 64 anni e il 15% erano donne. La LVEF mediana era 28% e il picco di VO2 mediano al basale è stato di 14,2 ml/kg/min nel gruppo omecamtiv mecarbil e di 15,0 ml/kg/min nel gruppo di controllo.

A 20 settimane, la variazione media del picco di VO2 è stata di -0,24 ml/kg/min nel gruppo omecamtiv mecarbil e di +0,21 ml/kg/min nel gruppo placebo (IC 95%, -1,02-0,13; P = 0,13).

Riguardo agli esiti secondari, la variazione del carico di lavoro conseguita allo stress test è diminuita nel gruppo omecamtiv mecarbil (-3,8 vs 1,6). Il farmaco ha avuto un effetto neutro sulla ventilazione rispetto alla produzione di anidride carbonica durante l’esercizio fisico (0,28 vs -0,14 VE/VCO2) e sulle unità totali di attività media giornaliera, misurate per 2 settimane mediante accelerometro (-0,2 vs -0,5).

Gli autori suggeriscono che «una possibile spiegazione per la discordanza tra eventi clinici in uno studio di follow-up a lungo termine e il miglioramento della capacità di esercizio sia che la performance cardiaca non fosse esclusivamente responsabile della limitazione della capacità di esercizio nei partecipanti allo studio, i quali erano pazienti con HFrEF stabili e molto ben trattati con terapia sia farmacologica che con dispositivo».

Il commento di Mark H. Drazner dell’UTSW Medical Center
Un’altra possibile spiegazione è che i partecipanti al METEORIC-HF avessero un’insufficienza cardiaca meno grave rispetto a quelli partecipanti al GALACTIC-HF, e quindi potessero beneficiare di omecamtiv mecarbil con meno probabilità. È quanto scrive, in un editoriale di accompagnamento, Mark H. Drazner dell’University of Texas Southwestern (UTSW) Medical Center di Dallas.

In effetti, nello studio METEORIC-HF sono stati esclusi i partecipanti che avevano avuto – nei 3 mesi precedenti – un ricovero per scompenso che aveva richiesto l’uso di diuretici per via endovenosa, mentre il 25% dei partecipanti a GALACTIC-HF erano pazienti ricoverati per insufficienza cardiaca scompensata e il 36% aveva avuto un ricovero per scompenso nei 3 mesi precedenti.

Un’ulteriore spiegazione plausibile per i diversi risultati – scrive ancora Drazner – è che una terapia che migliora gli esiti clinici a lungo termine potrebbe non migliorare la capacità di esercizio. «I dati inducono a pensare che questo potrebbe essere il caso».

Alcune terapie farmacologiche, come il flosequinan, hanno migliorato la capacità di esercizio nei pazienti con scompenso ma hanno aumentato la mortalità a lungo termine, osserva. Inoltre, diversi farmaci che hanno una raccomandazione di classe I nella linea guida sull’insufficienza cardiaca del 2022 per il trattamento dell’HFrEF non hanno dimostrato di migliorare la capacità di esercizio, misurata mediante picco VO2 o test del cammino in 6 minuti.

In questo contesto, Drazner non ritiene che i risultati del METEORIC-HF possano deviare la FDA nel suo parere favorevole alla registrazione di omecamtiv mecarbil. Tuttavia – in caso di approvazione del farmaco – i medici dovrebbero prendere decisioni sempre più complesse su quali terapie debbano essere prescritte a quali pazienti.

«Alcuni clinici possono prendere in considerazione l’uso di omecamtiv mecarbil nel sottogruppo di pazienti con LVEF molto basse o malattia più grave, ritenendo che tale strategia possa massimizzare i benefici di questa terapia, ma tali approcci dovrebbero essere perseguiti con cautela dato che si basano rispettivamente su analisi di sottogruppo e post-hoc» sottolinea.

Drazner conclude osservando che i farmaci noti per migliorare la sopravvivenza nei pazienti con HFrEF sono usati negli Stati Uniti a tassi bassi e deludenti e a dosi non ottimali. «È necessario implementare strategie per migliorare l’uso di tali terapie e questi sforzi dovrebbero essere prioritari prima dell’adozione di trattamenti che riducono la morbilità ma non la mortalità cardiovascolare».

Bibliografia:
Lewis GD, Voors AA, Cohen-Solal A, et al. Effect of Omecamtiv Mecarbil on Exercise Capacity in Chronic Heart Failure With Reduced Ejection Fraction: The METEORIC-HF Randomized Clinical Trial. JAMA. 2022;328:259-69. doi: 10.1001/jama.2022.11016. Link

Drazner MH. Omecamtiv Mecarbil as a Therapy for Heart Failure With Low Ejection Fraction. JAMA. 2022;328:249-50. doi: 10.1001/jama.2022.6805. Link

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