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Su Netflix in streaming la docu-serie su Wanna Marchi

wanna marchi

Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile

La docu-serie su Wanna Marchi è su Netflix da oggi: 4 episodi che mostrano senza filtri l’ascesa e la caduta dell’ex regina delle televendite, senza glorificarla o giudicarla

“Ingannare sempre, pentirsi mai”. Questo è il mantra di Wanna Marchi e di sua figlia Stefania Nobile, raccontate nella docu-serie ‘Wanna’ da oggi su Netflix. Quattro episodi, irresistibile in ogni dettaglio, che mostrano senza filtri l’ascesa e la caduta dell’ex regina delle televendite, senza glorificarla o giudicarla. Ma, al contrario, lo show si limita a lasciare spazio al viaggio della televenditrice passata dalla povertà alla ricchezza sfrenata nella sua villa a Ozzano (il guadagno si aggirava attorno ai 12-15 miliardi di lire al mese), il matrimonio turbolento con Raimondo Nobile (papà di Stefania), le televendite ‘chiassose’ al ritmo di “D’accordooo” nelle tv locali, il successo stellare, l’ego smisurato, le frasi dissacranti e provocatorie. E ancora, la vita agiata che voleva per sua figlia Stefania, le testimonianze di ex televenditori (come Roberto Da Crema), di una ex centralinista e di persone truffate, ma anche l’inchiesta di Striscia La Notizia e il periodo in tv con il “Maestro Do Nascimento” (che il team Netflix ha recuperato in Brasile. E sì…si fa ancora chiamare “Maestro di vita”) al quale molte persone si rivolgevano per scacciare il malocchio oppure per i numeri vincenti al Lotto. Wanna e Stefania mostrate nello show su una sedia a ‘venderci’ la loro verità – alcune frasi sono pronte a diventare virali sui social – unite, come sempre, dal non pentimento. E poi, come ripete sempre Wanna, “bugiardi lo siamo tutti, signora mia, bisogna solo vedere come”.

La docu-serie di Alessandro Garramone – scritta dallo stesso Garramone e Davide Bandiera, diretta da Nicola Prosatore e prodotta da Gabriele Immirzi per Fremantle Italia – si apre con Wanna che cerca di vendere una penna di poco valore, data dal team di Netflix, ricordando una scena di ‘The Wolf of Wall Street’ di Martin Scorsese. Ma con una differenza: se Leonardo DiCaprio fa sognare con la sua interpretazione da Oscar, Wanna riporta lo spettatore alla realtà urlando “I co****ni si meritano di essere in****ti, ca**o!” (ha detto con l’accento emiliano). E no, nessun segno di pentimento o di cedimento – e lo dimostra il pianto senza lacrime durante il processo – perché Wanna e Stefania creavano bisogni nella mente dei telespettatori, subito pronti a pagare, fino all’ultima moneta, per cancellare i loro problemi. A un certo punto della sua (discutibile) carriera “si era messa in testa di essere così brava da poter vendere il niente, ovvero la fortuna”, dice nella serie il suo avvocato difensore ai tempi del maxi-processo. Tutto ciò che Wanna toccava diventava oro. E così ha trasformato il processo in un’operazione mediatica tra lacrime finte, testimonianze di chi è stato truffato da alghe, talismani e ‘scioglipancia’, di chi ha tentato il suicidio, di chi ha distrutto famiglie per avere fortuna con i rimedi della Marchi, di chi è stato minacciato dalla televenditrice in caso di mancati pagamenti e poi il motto di mamma e figlia “crederci sempre, arrendersi mai”, come ripete spesso Simona Ventura.

Netflix porta sulla sua piattaforma uno spaccato della nostra Italia tra gli Anni 80 e 90, così magnetico e così irresistibile che i 190 Paesi in cui il servizio è attivo si ‘sfonderanno’ di pop corn davanti a questo true crime ‘made in Italy’ che racconta di due ‘villain’ e della loro favola, che è iniziata con ‘C’era una volta una televenditrice capace di vendere il niente’ sulla scia dell’edonismo, del consumismo e del soldo facile per poi voltare pagina verso gli Anni 90 in cui fragilità e smarrimento erano dilaganti: una delle ‘ancore di salvezza’ era proprio Wanna, piombata nelle case degli italiani con il suo carisma fiutando i loro bisogni. Volevi essere magra o magro? Ci pensava Wanna. Volevi essere ricco o ricca? Ci pensava Wanna. Volevi essere bello o bella? Ci pensava Wanna. Desideri che, forse, voleva vendere a se stessa. Bisogni che si porta dal suo passato in povertà e dal giorno del matrimonio con Raimondo Nobile in cui la madre di lui esclamò a Wanna, dopo il ‘Sì’: “Quanto sei brutta”.

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