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Artrite reumatoide: perdere peso dà una mano ai pazienti

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Artrite reumatoide: la perdita di peso ha un impatto significativo sull’attività di malattia e sui livelli di alcuni biomarcatori secondo nuovi studi

Stando ad uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Rheumatology, il calo ponderale risulta essere associato ad un miglioramento di alcuni outcome legati all’artrite reumatoide (AR) nei pazienti obesi. Se confermati, i risultati di questo studio potrebbero prefigurare un’ottimizzazione della gestione e del trattamento dei pazienti con AR in base al BMI.

Razionale e disegno dello studio
Per quanto le linee guida attuali raccomandino la perdita di peso nei pazienti con artrite reumatoide (AR), scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio, pochi studi, fino ad ora, avevano esplorato in modo più dettagliato l’impatto della perdita di peso sull’AR.

Di qui la messa a punto di un trial clinico randomizzato e controllato, della durata pari a 12 settimane, condotto  su pazienti con diagnosi clinica di AR, un BMI pari almeno a 30 kg/m2, e presenza di sinovite documentata mediante ecografia power Doppler.

I ricercatori hanno reclutato 40 pazienti, randomizzandoli o a controllo del peso in base ad una dieta ipocalorica di 1.500 Kcal/die, integrata da pasti sostitutivi ad elevato tenore proteico (n=20) oppure a controllo dietetico in base a semplici suggerimenti di restrizione calorica, in assenza di un obiettivo di calorie da ingerire.

L’outecome primario dello studio era rappresentato da un miglioramento, dal basale a 12 settimane, del punteggio DAS-28 di attività di malattia e da un punteggio relativo a 34 articolazioni, ottenuto mediante ecografia power Doppler.

E’ stato impiego l’indice di disabilità HAQ-DI per valutare l’impatto dell’intervento dietetico sull’attività di malattia e il funzionamento dei pazienti. Sono stati rilevati, inoltre, anche i livelli sierici di alcuni biomarcatori, al basale e nel corso del follow-up.

Le caratteristiche demografiche iniziali e le caratteristiche cliniche erano paragonabili tra i gruppi in studio. Considerando la coorte di pazienti in toto, l’età media era pari a 55±13,2 anni, con una prevalenza di donne (90%), pazienti di etnia Caucasica (75%) e di pazienti con AR sieropositiva (80%).

Risultati principali
Al basale, il BMI medio era pari a 34,8±5,7. A 12 settimane, i pazienti sottoposti a dieta ferrea hanno perso in media 9,5 kg, rispetto a 0,5 kg dei pazienti del gruppo di controllo (p<0,001).

Il punteggio medio DAS28 nel gruppo sottoposto a dieta ferrea si è ridotto in modo statisticamente significativo, passando da 5,2±1,2 al basale to 4,2±1,2 a 12 settimane (p <0,001).

Pur in presenza di una lieve riduzione del punteggio medio DAS28 nel gruppo di controllo, la differenza osservata dal basale a 12 settimane non ha raggiunto, invece, la significatività statistica (da 4,7±1 a 4,4±1,2; p =0,16).
Il punteggio PDUS si è ridotto numericamente in misura maggiore nel gruppo sottoposto a restrizione dietetica ferrea (da 20,8±10,8 a 13,1±9,1; p <0,001) rispetto al gruppo di controllo (da 16±11,8 a 12,3±12,1; p =0,01), anche se la differenza tra gruppi non ha raggiunto la significatività statistica.

Il dolore e il funzionamento fisico riferiti dai pazienti sono migliorati nel tempo nel gruppo sottoposto a restrizione ferrea della dieta.Inoltre, i punteggi HAQ-DI si sono ridotti in modo significativo nel corso delle 12 settimane di intervento dietetico (da 0,8 a 0,6; p =0,04).

Non sono state documentate invece, riduzioni del dolore, del funzionamento fisico e dei punteggi di disabilità HAQ-DI nel gruppo di controllo.

I livelli sierici di leptina si sono ridotti nel corso delle 12 settimane dello studio nel gruppo sottoposto a dieta ferrea (p=0,009) ma non nel gruppo di controllo.

Mentre i livelli di adiponectina non sono cambiati in modo significativo nel tempo in entrambi i gruppi, sono risultati più elevati a 12 settimane nel gruppo sottoposto a dieta ferrea rispetto al gruppo di controllo (p=0,037).

Implicazioni dello studio
Pur con alcuni limiti metodologici intrinseci (dimensioni ridotte della coorte di pazienti, durata breve del follow-up), lo studio ha chiaramente mostrato come i pazienti obesi con AR, sottoposti a regime dietetico stretto, abbiano sperimentato miglioramenti relativi ad alcuni marcatori (adiponectina e leptina), nonché relativi all’attività di malattia e all’indice di disabilità (HAQ-DI).

Sono necessarie, a questo punto, ulteriori conferme di quanto osservato in studi meglio dimensionati, scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro.

Ciò consentirà di migliorare la comprensione degli effetti della perdita di peso a lungo termine sull’attività di AR e di ottimizzare, al contempo, la gestione clinica dei pazienti obesi con AR

Bibliografia
Ranganath VK et al. Improved outcomes in rheumatoid arthritis with obesity after a weight loss intervention: randomized trial. Rheumatology (Oxford). Published online May 28, 2022. doi:10.1093/rheumatology/keac307
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