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Carcinoma uroteliale avanzato: nuovi dati su enfortumab vedotin

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Carcinoma uroteliale avanzato: nuovi studi confermano un beneficio di sopravvivenza a 2 anni per enfortumab vedotin nei pazienti già trattati

Dal congresso americano di oncologia, l’ASCO, arriva una conferma importante dell’efficacia e del buon profilo di sicurezza del coniugato anticorpo-farmaco (ADC) enfortumab vedotin per i pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico già trattati con la chemioterapia e con l’immunoterapia. La conferma arriva da un aggiornamento dello studio registrativo di fase 3 EV-301, presentato al convegno.

I nuovi dati, con un follow-up a 2 anni, evidenziano che nei pazienti arruolati nello studio enfortumab vedotin continua a mostrare un vantaggio consistente di sopravvivenza rispetto alla chemioterapia standard, senza nuovi segnali sul fronte della sicurezza e tollerabilità.

Infatti, le nuove analisi, con un anno di follow-up in più, continuano a dimostrare una riduzione di circa il 30% del rischio di morte e di circa il 38% del rischio di progressione o morte nei pazienti dello studio trattati con questo ADC rispetto ai pazienti trattati con la chemioterapia standard.

«Grazie al suo robusto beneficio clinico e al profilo di sicurezza tollerabile, enfortumab vedotin mantiene il suo posto di standard of care per questa malattia aggressiva», scrivono gli autori nelle conclusioni dell’abstract, firmato come primo nome da Jonathan E. Rosenberg, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York.

Una chance in più di sopravvivenza a lungo termine: al momento, infatti, la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con tumore della vescica metastatico è solo dell’8.

Enfortumab vedotin già approvato in Europa
Enfortumab vedotin è un ADC formato da un anticorpo monoclonale diretto contro la Nectina-4, coniugato con la citotossina monometil auristatina E (MMAE), un inibitore della polimerizzazione dei microtubuli. Una volta legatosi alla Nectina-4, una molecola di adesione cellulare altamente espressa dal carcinoma uroteliale e da altri tumori solidi, l’ADC viene internalizzato e rilascia nel citoplasma la MMAE, che può così esercitare la sua attività citotossica sulle cellule tumorali.

Il farmaco è stato approvato lo scorso aprile dalla Commissione Europea come agente singolo per i pazienti adulti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico già trattati con una chemioterapia a base di platino e con l’immunoterapia con un inibitore di PD1/PD-L1.

La decisione dell’agenzia regolatoria si è basata proprio sui risultati dello studio EV-301, nel quale la prima analisi ad interim ha evidenziato come il trattamento con enfortumab vedotin migliori in modo significativo sia la sopravvivenza globale (OS, endpoint primario del trial) sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS, uno degli endpoint secondari).

Infatti, l’OS mediana è risultata di 12,88 mesi con enfortumab vedotin contro 8,97 mesi con la chemioterapia standard (HR 0,70; IC al 95% 0,56-0,89; P = 0,001)., mentre la PFS è risultata rispettivamente di 5,55 mesi contro 3,71 mesi (HR 0,62; IC al 95% 0,51-0,75; P < 0,001).

Lo studio EV-301
Lo studio EV-301 (NCT03474107) è un trial multicentrico internazionale randomizzato, in aperto, nel quale sono stati arruolati 608 pazienti di almeno 18 anni con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, che avevano già effettuato una chemioterapia con platino ed erano andati in progressione durante o dopo un trattamento con un inibitore di PD-1/PD-L1.
I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con enfortumab vedotin ev (1,25 mg/kg nei giorni 1, 8 e 15 di un ciclo di 28 giorni) oppure una chemioterapia standard scelta dal clinico fra docetaxel 75 mg/m2, paclitaxel 175 mg/m2 o vinflunina 320 mg/m2.

I dati riportati al congresso hanno come data di cut-off il 30 luglio 2021, circa un anno dopo l’analisi ad interim.

Beneficio di enfortumab vedotin confermato anche nei sottogruppi
Al momento del cut-off dei dati si erano verificati complessivamente 444 decessi, di cui 207 nel braccio assegnato a enfortumab vedotin e 237 al braccio assegnato alla chemioterapia.

«I dati aggiornati confermano ancora una volta il beneficio clinico di un enfortumab vedotin rispetto alla chemioterapia standard. I dati di sopravvivenza globale sono praticamente identici a quelli della prima analisi ad interim, così così come quelli relativi al tempo di progressione, che sono assolutamente sovrapponibili», ha osservato Giannatempo.

Dopo un follow-up di 23,75 mesi, il trattamento con enfortumab vedotin ha prolungato l’OS mediana di circa 4 mesi rispetto alla chemioterapia: rispettivamente, 12,91 mesi contro 8,94 mesi, (HR 0,704; IC al 95% 0,581-0,852; 1-sided P = 0,00015).

Coerentemente con quanto già visto nell’analisi ad interim, il beneficio di OS fornito da enfortumab vedotin è stato osservato praticamente in tutti i sottogruppi specificati nel protocollo, fra cui quelli dei pazienti con metastasi epatiche (HR 0,655), dei pazienti che non avevano risposto all’immunoterapia (HR 0,794) e dei pazienti che erano già stati sottoposti ad almeno tre linee di terapia sistemica (HR 0,778).

Il trattamento con enfortumab vedotin ha migliorato anche la PFS rispetto alla chemioterapia, con dati, di nuovo, sovrapponibili con quelli dell’analisi precedente: 5,51 mesi con enfortumab vedotin contro 3,71 mesi con la chemioterapia (HR 0,632; IC al 95% 0,525-0,672; 1-side P < 0,00001).

«Anche i dati sul tasso di risposta obiettiva sono stati confermati: la quota di pazienti che hanno raggiunto una risposta parziale o completa è risultata di circa il 41% con enfortumab vedotin contro circa il 18% con la chemioterapia», ha aggiunto Giannatempo.

Profilo di sicurezza di enfortumab vedotin confermato
«Sul fronte della sicurezza, che è altrettanto importante in questo setting – ricordiamo che siamo, di fatto, in terza linea di terapia – il profilo di sicurezza di enfortumab vedotin è stato confermato e l’incidenza e la gravità delle tossicità sono risultate praticamente sovrapponibili tra l’ADC e la chemioterapia, anche con un follow-up di 2 anni», ha sottolineato l’esperta.

Infatti, l’incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento, compresi quelli severi, è risultata confrontabile nei due bracci: 93,9% contro 91,8% e 22,6% contro 23,4%, rispettivamente.

Inoltre, l’incidenza degli eventi avversi di grado ≥3 è risultata del 50% in entrambi i gruppi.

Gli eventi avversi di grado 3 o superiore correlati al trattamento più comuni nel braccio trattato con la chemioterapia sono stati quelli di tipo ematologico, cioè la riduzione della conta dei neutrofili, la riduzione della conta dei leucociti e l’anemia, mentre quelli più comuni nel bracco trattato con enfortumab vedotin sono stati il rash maculo-papulare, la fatigue e la neuropatia sensoriale periferica.

Infine, in nessuno dei due bracci si sono registrati ulteriori decessi legati a eventi avversi correlati al trattamento.

Bibliografia
J.E. Rosenberg, et al. Long-term outcomes in EV-301: 24-month findings from the phase 3 trial of enfortumab vedotin versus chemotherapy in patients with previously treated advanced urothelial carcinoma. Link

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